SOLO UN TRATTINO, MA FA LA DIFFERENZA

  • 03/03/2023
  • Don Gabriele

SOLO UN TRATTINO, MA FA LA DIFFERENZA

Ogni tanto mi capita di guardare con attenzione i fedeli che sono a Messa. L’ho fatto anche domenica sera. Quelli che mi colpiscono di più sono i volti impassibili, che non muovono il minimo muscolo, che non manifestano un battito di ciglia. Sono passato, aspergendo con l’acqua benedetta, e alcuni visi mi hanno fatto quasi paura, improntati com’erano ad un’apparente ostile chiusura. E mi sono chiesto: che cosa resterà in costoro di questa liturgia, delle luci, dei colori, dei suoni, delle parole, dei messaggi? Mah! La Liturgia di domenica era bellissima: i testi biblici poderosi, altrettanto i testi delle preghiere recitate dal sacerdote. Che cosa resterà? Nel silenzio dopo la comunione, dicevo con il Signore che il cesello di un’opera d’arte a volte è dell’entità di un trattino, per cui se anche quelle persone che erano lì a Messa – forse solo perché era in suffragio dei propri defunti – fossero state cesellate per un trattino, ne sarebbe valsa la pena. Del resto, mi sto rendendo conto che il Signore da sempre ha adottato nei nostri confronti la modalità dello spreco: lui si spreca con sovrabbondanza anche se noi raccogliamo pochissimo. Mi spiego con un esempio: se io sto travasando da un grande recipiente del vino eccellente o dell’olio eccezionale ma il recipiente destinatario del travaso è un ditale, la maggior parte del travasato andrà sprecata. Così è il Signore con noi: noi siamo il ditale e lui è quella quantità sproporzionata rispetto a noi la quale andrà per lo più “sprecata”. Eppure Egli non si sottrae: è così sempre, tutte le volte in cui partecipiamo alla Messa. Per cui – mi sono detto – se il Signore fa così, continua a credere in ciò che fai. E lo stesso dico a tutti gli operatori pastorali. Certamente, a volte, a fronte dell’impegno profuso i risultati sono un po’ deludenti. Prendiamo, per esempio, la domenica scorsa, 26 febbraio. La Messa delle 11.00, in suffragio di tutti i morti della pandemia, non è stata frequentata come mi sarei aspettato e lo stesso vale per il concerto commemorativo del pomeriggio. Sono segnali non positivi che rilevano da una parte poca attenzione alla dimensione comunitaria e dall’altra una scarsa sensibilità di carattere culturale. Ma più profondamente sono segno di quella che è stata ormai definita la transizione dal “noi” all’ “io”. Quando l’ “io” diventa misura del tutto, ciò che va in crisi è la comunità come luogo di esperienza significativa, cioè arricchente. Saltano le relazioni e si rimane da soli con il proprio cellulare e il proprio tablet, connessi col mondo, ma in verità fluttuanti nel nulla, che poi si posa sulla vita come noia, amarezza, scontentezza, recriminazione e trasgressione. C’è un bel vecchio film (1984), dal titolo “La storia infinita” (tratto dall'omonimo romanzo di Michael Ende), che tratta proprio del “Nulla” che fagocita ogni cosa e al quale si oppone un bambino, Atreyu, vincendolo. La comunità cristiana ha ancora una grande compito sotto questo profilo e il tempo di quaresima rappresenta un’opportunità per riflettere anche su come ciascuno di noi “sta” in comunità, quale apporto offre, come la rende più bella (o più brutta). Facciamo lo sforzo di uscire da noi stessi a piccoli passi magari, quasi un trattino, anch’esso fa la differenza.

don Gabriele

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