VIA PULCHRITUDINIS - Eucaristia, architerrura e pittura, Catechesi don F. Fonte - 24 maggio 2017

  • 29/05/2017
  • Don Gabriele

EUCARISTIA PITTURA E ARCHITETTURA

Il rischio della tautologia … soggetto ed oggetto e la proficua ripetizione ebraico/liturgica

QUID EST?

JAN e HURBERT VAN EYCK, Adorazione dell’Agnello mistico, olio su tavola, 1426-1432, Gand, Cattedrale di San Bovone

L’opera, capolavoro di Jan van Eyck (1390 ? -1441), viene comunemente chiamata Polittico dell’Agnello mistico. Il

polittico è l’insieme di più tavole dipinte o scolpite racchiuse in una cornice. L’opera si compone di 12 tavole in legno

di quercia ad olio, di cui 8 dipinte su entrambi i lati in maniera tale da essere viste anche durante la chiusura. L’opera, commissionata da Josse Vijd, fu iniziata Hubert van Eyck e completata dal fratello minore Jan nel 1432.

Il polittico ha subito alterne vicende, con alcuni smembramenti, sino alla rocambolesca trafugazione ad opera di Hitler (cfr. Monuments Men di George Clooney).

Per approfondire … La pittura ad olio, già nota nell’antichità, viene perfezionata dai pittori fiamminghi alla fine del XV sec., contemporaneamente all’invenzione della tela libera su telaio. La leggenda, imputabile al Vasari, vuole che questa tecnica fosse inventata dal noto pittore fiammingo Jan van Eyck. La pittura ad olio conosce grande diffusione nelle Fiandre intorno alla metà del XV sec. e dagli anni ’60-’70 del secolo si diffonde in Italia, grazie ad Antonello da Messina. La pittura ad olio consente sia di utilizzare una gamma molto ampia di pigmenti sia di stendere vari strati di colore, per giungere ad una definizione dei dettagli sempre più nitida.

Il realismo dell’arte rinascimentale e in specie di quella fiamminga, con l’attenzione miniaturistica al dettaglio, sono impensabili e prescindere dal largo impiego della pittura ad olio, che si registra proprio in quel tempo.

Soggetto del polittico è il rendimento di grazie.

«Eucaristòmen»: in quel momento l’amico Berger voleva accennare non solo alla dimensione del ringraziamento umano, ma naturalmente alla parola più profonda che si nasconde, che appare nella Liturgia, nella Scrittura, nelle parole «gratias agens benedixit fregit deditque» [lett. rendendoti grazie, benedisse, spezzò e lo diede]. «Eucaristòmen» ci rimanda a quella realtà di ringraziamento, a quella nuova dimensione che Cristo ha dato. Lui ha trasformato in ringraziamento, e così in benedizione, la croce, la sofferenza, tutto il male del mondo. E così fondamentalmente ha transustanziato [trasformato] la vita e il mondo e ci ha dato e ci da ogni giorno il Pane della vera vita, che supera il mondo grazie alla forza del suo Amore. (Benedetto XVI, Discorso nel sessantacinquesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, 28 giugno 2016.)

C’è una grande radura primaverile con al centro un altare sopra il quale si trova Gesù, l’Agnello immolato dal cui costato sgorga del sangue che viene raccolto in un calice (cfr. Ap 5, 8-10. 7,9.). Questo è il RINGRAZIAMENTO o RENDIMENTO DI GRAZIE FONDAMENTALE da cui deriva ogni altro ringraziamento. In cosa consiste? Lett. restituzione delle grazie, cose ricevute gratis (commercium ossia scambio non contabile: ricevere/dare/ricevere); Gesù, che ha ricevuto tutto dal Padre, rende grazie restituendo al Padre quanto ricevuto (passione e morte di croce) e ricevendo in sovrappiù (risurrezione)!

Quattordici angeli gli fanno corona: quattro reggono gli strumenti della passione (croce, corona di spine e lancia, colonna, canna con la spugna, chiodi e flagelli) per ricordare che il suo rendimento di grazie passa attraverso la passione e la morte, otto hanno le mani giunte e due, infine, lo incensano mostrando che l’Agnello immolato è Dio. Sopra l’Agnello aleggia lo Spirito Santo, in forma di bianca colomba entro un sole che avvolge con i suoi raggi dorati l’intera radura. In primo piano, ai piedi dell’altare, è la fontana della Vita che getta, da sette zampilli, le sue acque inesauribili; ulteriore richiamo all’azione dello Spirito con i suoi sette doni. Sopra la colomba è Dio Padre, che benedice dal suo trono, con la tiara in capo e lo scettro in mano, fra Maria Vergine e S. Giovanni il Battista (cfr. motivo bizantino della Deesis/Deisis supplica al Basileus) che intercedono per i peccatori. È una Trinità verticale quella che ne risulta: il Padre in trono, lo Spirito in forma di colomba e il Figlio, l’Agnello immolato. Il rendimento di grazie del Figlio si compie in riferimento al Padre grazie all’azione dello Spirito. Solo la profonda comunione della Trinità rende, pertanto, possibile questo ringraziamento: RINGRAZIAMENTO TRINITARIO.

Ai quattro angoli della radura, ad indicare simbolicamente i 4 quattro punti cardinali / la terra, si trovano gruppi di uomini e donne in adorazione. A sinistra i profeti, i giusti del paganesimo e i cavalieri cristiani. A destra gli apostoli con S. Paolo, papi, vescovi, monaci, eremiti e i pellegrini. In alto, a sinistra, il gruppo dei martiri con il palmizio tra le mani e di fronte le sante vergini e martiri. Sullo sfondo della radura è la Gerusalemme celeste simboleggiata dalle torri di numerose cattedrali. Come lui, anche noi rendiamo grazie nella misura in cui consegniamo la vita al Padre.

La preghiera «In spiritu humilitatis.» (Umili e pentiti accoglici o Signore, ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te) è entrata nei libri liturgici in Francia nel secolo IX. Prima di iniziare la grande PE questa orazione esprime la partecipazione del ministro e del popolo (articolazione al plurale + unitamente alla posizione - profondamente inclinata (tuffo) - del sacerdote) al ringraziamento del Figlio (SC 48 “offrendo la vittima immacolata, imparino ad offrire sé stessi”).

Tutti da Adamo e Eva fino ai committenti (ritratti sulle delle ante del polittico chiuso), unendosi al rendimento di grazie dell’Agnello, possono rendere grazie: RINGRAZIAMENTO COSMICO.

LA STORIA: il fondamento costitutivo del sacrificio della croce …

ANTONIO BARLUZZI (1884-1960), Basilica delle Nazioni detta Chiesa dell’Agonia, 1919-1924, Gerusalemme.

La Basilica di tutte le Nazioni detta anche Chiesa dell’Agonia viene edificata sui resti di una chiesa bizantina, di età teodosiana, risalente al IV secolo, trasformata dai crociati in basilica e successivamente caduta in rovina. Il nome della chiesa dipende dal contributo di numerosi paesi alla sua costruzione, ma essa è conosciuta pure come Chiesa dell'agonia in riferimento alla notte che Gesù vi trascorse alla vigilia del suo arresto.

L'edificio fu costruito tra il 1919 ed il 1924 dell'architetto Antonio Barluzzi, cui si devono di ben 24 interventi architettonici nei luoghi santi della Palestina. Artista tra l'eclettico e il loreale, non si limita ad imitare gli stili del passato, ma adotta soluzioni nuove e spesso ardite, si occupa non solo di progettazione degli spazi, ma anche di designer (vetrate, lampadari, candelieri), è in dialogo con il paesaggio e progetta con il Vangelo alla mano.

Per approfondire … Con il diffondersi della cultura romantica ed il conseguente storicismo, l'architettura si orienta verso il recupero di "stili" di epoche precedenti, a partire dal medioevo, inteso come culla delle identità nazionali. Eclettismo deriva dal greco eklectos che letteralmente significa scegliere. L'architettura ottocentesca risulta, pertanto, segnata dall'eclettismo storicista; tutti gli stili possono essere simultaneamente presenti. Alla fine del secolo l'Art Nouveau, il primo movimento non storicista del secolo, segna l'apporto creativo di nuove tecniche e ardite soluzioni.

In cima ad una grande scalinata è la facciata, nello stile delle basiliche paleocristiane, scandita da una serie di colonne che sorreggono diversi archi, a formare un nartece, e un grande timpano interamente mosaicato. L'interno è diviso in tre natate, mediante 6 colonne in due file diverse. Le navate sono coperte con cupole ribassate, nello stile architettonico islamico, completamente mosaicate a cielo stellato con i simboli della passione e morte di Gesù, lo stemma della Custodia di Terra Santa e gli emblemi delle nazioni che hanno contribuito alla realizzazione della Basilica. Protetti da vetri, sono resti dei mosaici pavimentali dell'antica basilica bizantina, riprodotti nei nuovi pavimenti tali e quali nelle navate laterali e almeno nella cromia in quella centrale. I mosaici pavimentali e murali sono opera dei pittori Pietro D’Achiardi e Mario Barberis.

Il fulcro della Basilica è l'ampia porzione della nuda roccia posta nel grande presbiterio, ai piedi dell'altare maggiore. In entrambe le chiese preesistenti, bizantina e crociata, la nuda roccia era in vista all’interno dell’edificio, perché i fedeli potessero venerarla. Ora la roccia è racchiusa in una bassa corona di spine intrecciate in ferro battuto e argento e leggermente inclinata verso l’interno. Sulla corona sono appoggiate due colombe morenti in argento e agli angoli calici cui si abbeverano due colombe. L'opera è realizzata dallo scultore di metalli Alberto Gerardi. La colomba ossia Gesù Cristo, nell'abbandono alla volontà del Padre, che si realizza proprio nella preghiera su quella nuda roccia, passa incolume della morte alla vita vera. Tutto nella basilica è studiato per evocare la scena notturna di quel giovedì santo. L’oscurità degli interni, in contrasto con il candore dell’esterno, è ottenuta sia dai vetri opalescenti in tono violaceo delle finestre, sia dai mosaici delle cupole che fingono un cupo cielo stellato e incorniciato di rami di ulivo. Il buio degli interni. La nuda roccia e il notturno degli interni raccontano quella notte piena di angoscia mortale, le forti grida e lacrime di Gesù, e pertanto illustrano il carattere costitutivamente sacrificale della Messa

Il Concilio di Trento afferma de fide il carattere sacrificale della Messa: Se qualcuno dirà che nella messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio […] sia anatema. Se qualcuno dirà che il sacrificio della messa è solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o la semplice commemorazione del sacrificio offerto sulla croce, e non propiziatorio; o che giova solo a chi lo riceve; e che non si deve offrire per i vivi e per i morti, per i peccati, per le pene, per le soddisfazioni, e per altre necessità, sia anatema. Paolo VI nell’enciclica Mysterium Fidei (1965) “Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, a perpetuare così il sacrificio della Croce nei secoli fino al suo avvento, lasciando in tal modo alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione” (SC 47). Il sacrificio Eucaristico, proprio perché memoriale della Pasqua del Signore, non può essere disgiunto dal “sacrificio della Croce, una volta per sempre consumato sul Calvario”.

La messa è festa di lode perché è atto di ringraziamento e non c’è ringraziamento senza sacrificio ossia restituzione. Quanti problemi nascono della non comprensione di questa verità di fede; È come volere la risurrezione senza croce, la Terra promessa senza l’esodo, la mistica senza l’ascetica …

LA STORIA: il mandato ecclesiale …

GIAN LORENZO BERNINI (1598-1680), Baldacchino di San Pietro, bronzo dorato, marmi policromi e legno, 1624-1633, Città del Vaticano, Basilica di San Pietro.

Fu la prima grande commissione pubblica ottenuta dal venticinquenne Gian Lorenzo Bernini dopo l’elezione di Urbano VIII Barberini (1623-1644). Non si tratta semplicemente di un arredo, un ciborio, bensì di uno spazio architettonico all’interno della basilica papale. L’opera doveva inserirsi armonicamente in uno spazio già dato, la tomba di Pietro, l’altare papale e l’immane cupola michelangiolesca, alla maniera di un baldacchino ligneo con mantovana in prezioso tessuto. Virtuosismo tecnico, soluzioni scenografiche e fusione delle arti sono adottate per realizzare l’impresa. È all’opera un cantiere collettivo, che vede coinvolti architetti come Francesco Borromini, scultori come Stefano Maderno e Francois Duquesnoy e una schiera di fonditori e scalpellini. Il risultato finale segna un punto di non ritorno, non solo nella produzione del Bernini, ma soprattutto nella storia dell’arte: ha inizio il Barocco.

Per realizzare l'opera vengo asportati e poi fusi i bronzi del Pantheon, tanto da ispirare la celebre pasquinata “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini” (ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini).

Per saperne di più … Il termine barocco pare derivi dal portoghese barroco, perla irregolare, che ha assunto il significato di bizzarro. Nel XVIII sec. il termine è applicato, ma in senso spregiativo, alla produzione artistica del secolo procedente. L’arte barocca predilige la teatralità come strumento comunicativo (il realismo della Chiesa Controriformista …), è attenta al tema della morte e in generale a tutti i grandi temi della fede e si assesta su soluzioni compositive sempre dinamiche, ridondanti negli apparati decorativi e ardite nelle soluzioni tecniche. Il Barocco esprime in maniera paradigmatica la cultura del XVII sec. e ne traduce in immagine i valori e comportamenti diffusi.

Il baldacchino, a base quadrata, è sorretto da quattro grandi colonne tortili con capitelli compositi. Le colonne richiamano sia la pergula (cfr. iconostasi latina) della vecchia San Pietro sia il Tempio di Salomone a Gerusalemme. Sono decorate in bronzo con tralci di lauro, simbolo della poesia, cui si dilettava Urbano VIII, lucertole, immagine della risurrezione, e api, segno della laboriosità, che fanno parte dello stemma della famiglia Barberini. I pilastri sorretti da alti basamenti, terminano con quattro dadi, una trabeazione concava e delle finte mantovane ad imitazione di un baldacchino mosso dal vento. Il fastigio, pare ideato dal giovane Borromini, presenta quattro angeli con volute a dorso di delfino che s’incontrano al centro del baldacchino, dove è posto un globo sormontato da una croce e alcune statue di angeli e putti che reggono festoni.

Al rigore rinascimentale della cupola michelangiolesca, Bernini risponde con un gioco di linee concave e convesse in ritmica alternanza. É un baldacchino processionale mosso dal vento durante la processione del Corpus Domini nelle misure giganti di un ciborio tardo gotico. L’apparato regale, che con tanta perizia Bernini ha progettato e realizzato, ci ricorda questa semplice e insieme sconvolgente verità: in un quasi trasparente pezzo di pane è la pienezza del mistero di Dio, il Re si è fa vicino, tanto da farsi nostro cibo.

L'elica scultorea formata dal fusto delle colonne tortili, ma anche dal leggero restringersi, verso l’alto, dell’intercolumnio, suggeriscono un movimento ascendente che va dalla tomba di Pietro alla cupola di Michelangelo. L’Eucaristia, vero cibo per il cammino, viatico per l’ascesa, è affidata alla mediazione della Chiesa, fondata sull’apostolo Pietro attraverso il segno del sepolcro. Questo è il messaggio, reso con straordinaria capacità comunicativa, dalla macchina barocca ideata dal Bernini. L’Eucaristia diceva Blondel è la conseguenza estrema dell’incarnazione di Dio: il nostro Dio è sempre concreto e mai aleatorio … Il suo amore non è fumoso ma ci raggiunge attraverso segni concreti / sensibili (sacramenti ossia segni sensibili ed efficaci della grazia, istituiti da Cristo ed affidati alla Chiesa, attraverso i quali viene elargita la vita divina (CCC) nella storia.

OLTRE LA STORIA: la Pasqua eterna …

RAFFAELLO DI SANZIO (1483-1520), Disputa del Sacramento, affresco, 1509, Città del Vaticano, Palazzo Apostolico, stanza della Segnatura.

Il titolo tradizionale dell'affresco deriva da un'erronea interpretazione settecentesca di un passo vasariano; disputa presuppone una divergenza o contrasto, eppure dalle espressioni e dalle movenze dei personaggi Raffaello volle far trasparire un interesse vivo e un trasporto nel discutere circa il grande mistero cristiano … più appropriato sarebbe quello di Trionfo dell'Eucarestia o Trionfo della Chiesa.

Il Cristo in gloria che mostra le piaghe è un ricordo iconografico del giudizio universale (cfr. Pantocratore dei catini absidali paleocristiani e romanici): "sulle nubi e ognuno lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto" (Apocalisse 1,7). Per la sensibilità dell'epoca l'impatto immediato, il primo messaggio dell'affresco, aveva un carattere escatologico …la Pasqua eterna è preannunziata dalla celebrazione eucaristica.

L’asse verticale dell’affresco mostra Dio Padre, Cristo con i segni della passione, lo Spirito Santo in forma di colomba discendente e ancora sotto, sull'altare, l'ostia eucaristica in un ostensorio. Così Raffello racconta le conclusioni del concilio unionista di Firenze-Firenze (1431-1445) che esalta la reale presenza del corpo di Cristo nell'ostia consacrata dopo aver definita ragionevole e lecita l’aggiunta del Filioque nel Credo. La collocazione dello Spirito Santo sotto Cristo e direttamente sopra l'ostia evoca inoltre la formula dell’epiclesi eucaristica in cui il sacerdote supplica Dio Padre di inviare lo Spirito santificatore affinché le offerte diventino il corpo e il sangue di Cristo. (cfr. PI: Santifica, o Dio, questa offerta con la potenza della tua benedizione, e degnati di accettarla a nostro favore, in sacrificio spirituale e perfetto, perché diventi per noi il corpo e il sangue del tuo amatissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo.) I quattro Vangeli che emanano dalle ali dello Spirito posto sopra l’ostensorio alludono all’inscindibile rapporto tra la parola e il pane eucaristico.

La Disputa non è l’unica immagine che si vede entrando nella Stanza della Segnatura, perché alle spalle del visitatore che varca la soglia c’è la Scuola d'Atene. Le due pareti principali costituiscono un’unica grande immagine. Chi si colloca in mezzo alla stanza vede avanzare, dalla profondità di un'aula vastissima ancora in costruzione - la Scuola d’Atene - i maggiori filosofi dell'antichità: Platone, Aristotele, Socrate, Pitagora, Eraclito, Diogene, Euclide, Zoroastro, Tolomeo. L'intera assemblea avanza quindi verso lo spettatore. Nella Disputa invece i personaggi al piano terra sembrano allontanarsi dallo spettatore, volgendosi all'altare nella profondità dello spazio liturgico definito dall'emiciclo di nubi. La magnifica aula della Scuola ha un carattere architettonico specifico: ha le forme della nuova Basilica di San Pietro disegnata da Donato Bramante nel 1506. Il visitatore è nel transetto dell’erigenda chiesa, lungo la cui navata grandi pensatori del mondo antico avanzano verso l'altare collocato nell'abside definito dalle nubi. C’è un movimento collettivo dal paganesimo greco-romano, attraverso il presente, verso l'eternità di Cristo già intravista, per la fede, nel segno del l'eucaristia (IL VERO PROGRESSO E IL VERO UMANESIMO). Quel piccolo tondo bianco che Raffaello isola al centro dell'altare è la chiave di tutti i misteri della fede. Non si tratta dello statico oggetto di devozione che l'eucaristia aveva assunto nel pietismo tardo medievale, ma di una DINAMICA REALTÀ DI VITA. Vasari, il primo commentatore della Disputa, afferma: stanno scrivendo la messa e sull'ostia che è sull'altare discutono. Scrivere la messa implica l'instancabile e secolare sforzo di capire, approfondire, vivere meglio il mistero di comunione tra cielo e terra.

Cfr. San Tommaso, il tabernacolo e la Summa

La rigorosa costruzione prospettica porta l'occhio dello spettatore all'altare situato nello spazio delimitato dall'emiciclo di nubi su cui siede Cristo. Questo spazio semicircolare sembra l'abside di una chiesa spirituale, senza mura né tetto, in cui due assemblee, la Chiesa terrena vede Cristo nel mistero eucaristico e quella celeste lo vede non più in segno, ma nella gloria, assieme al Padre e allo Spirito. Così Raffaello racconta la Cattolicità della Chiesa (letteralmente rafforzativo katà + olos ossia tutto intero, proprio tutto …). C’è anche l’eretico Savonarola, Bramante, Dante, accanto a papi, dottori della Chiesa, la nuova basilica di San Pietro e i filosofi pagani. È la logica inclusiva mai esclusiva del cattolicesimo: cielo e terra, tutto e tutti perché Dio non butta via nulla! Gli siamo costati a caro prezzo la sua Pasqua è per tutti … basta volerlo!

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