IL PADRE FARA’ CONOSCERE AI FIGLI LA FEDELTA’ DEL TUO AMORE (Isaia 38,19)
IL PADRE FARA’ CONOSCERE AI FIGLI LA FEDELTA’ DEL TUO AMORE (Isaia 38,19)
Cari fedeli, alla ripresa dell’anno pastorale, vorrei che la frase di Isaia posta come titolo ci stimolasse a riflettere sulla nostra responsabilità nel trasmettere la fede. Ho usato il “noi” perché anch’io, come sacerdote, vivo la dimensione della paternità. Innanzi tutto prendiamo coscienza della “chiamata” che il Signore rivolge a tutti quanti hanno avuto in dono la sorte di essere padre e madre non solo di generare biologicamente una vita, ma di “rigenerarla” nella fede. Leggiamo bene il verbo. RIGENERARE. La vita biologica non basta, c’è bisogno di una “rigenerazione”; non per nulla, il Battesimo si chiama proprio “sacramento della rigenerazione”. Rigenerati a che cosa? Ce lo spiega la prima lettera di S. Pietro, laddove l’autore sacro afferma: Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce (1 Pt 1,3-4). La vita biologica ha bisogno di essere “rigenerata” cosicché sia sottratta alla morte, infatti la rigenerazione avviene – ci ha detto S. Pietro – mediante la resurrezione di Cristo. Così, la vita biologica “transita”, possiamo dire, nella vita eterna, che è esistenza “qualitativamente” diversa dalla pura vita biologica. Da qui la conseguenza: rinunciare a vivere la fede significa avere una vita qualitativamente più povera. Questa “rigenerazione” produce non solo una speranza viva, ma anche una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Ecco, cari fratelli: papà, mamme, nonni/e, zii/e, catechisti, suore, sacerdoti, noi siamo chiamati a favorire questa “rigenerazione” per dare ai nostri figli, alle nuove generazioni, questa “speranza viva” e questa “eredità”. Facciamoci pensosi in ordine a questa chiamata che ci rivolge il Signore! Permettete qualche domanda: - quale “speranza” abbiamo trasmesso/stiamo trasmettendo ai nostri figli? – quale “eredità” stiamo preparando ad essi (la Scrittura parla di una eredità che non si corrompe, che non marcisce …)? Stiamo ben attenti a non trasmettere speranze effimere, dal fiato corto, come in genere sono le proposte mondane. Stiamo altrettanto attenti a non lasciare ai nostri figli l’eredità del nulla, del vuoto valoriale, l’eredità dell’effimero che induce alla trasgressione prima e alla disperazione poi. Il padre farà conoscere ai figli la fedeltà del tuo amore. Guardate come è bella la nostra vocazione: tramettere una fede che crede in Dio che è amore fedele. Davvero questa è l’eredità più grande che possiamo trasmettere ai nostri figli. Davvero questa è la speranza che non delude. Evidentemente questa opera di “trasmissione” richiede delle scelte, che diventano stili di vita compatibili col Vangelo. Allora ci facciamo pensosi sulla “fatica” che ci viene chiesta, ma che è destinata a far maturare un frutto prezioso, che è la vita buona dei nostri figli.
il vostro parroco
Don Gabriele