LA COMUNITÀ CRISTIANA DI CASTIGLIONE SI VA ASSOTTIGLIANDO

  • 11/05/2024
  • Don Gabriele

LA COMUNITÀ CRISTIANA DI CASTIGLIONE SI VA ASSOTTIGLIANDO

E’ un dato di fatto. E questo dato è prodotto da diversi fattori. Vediamone alcuni. Innanzi tutto la scomparsa delle persone. In oltre otto anni di ministero pastorale in mezzo a voi ho condotto al cimitero quasi cinquecento persone. La metà di queste circa era praticante. A conti fatti, è come se la Messa delle 18.00 del sabato “scomparisse”. Le persone regolarmente praticanti stanno invecchiando, per cui, un numero significativo tra queste non riesce più a partecipare alla liturgia sia feriale sia festiva. Ci sono poi quelli che gradualmente hanno abbandonato la pratica religiosa: ho ben presente singoli e coppie (volti di persone) che regolarmente erano presenti alla Messa domenicale e ora non ci sono più (non mi riferisco a quanti preferiscono andare a Messa altrove). Ci sono poi quelli che frequentano saltuariamente, secondo gli stati d’animo; altri che sentono il richiamo in occasione delle grandi solennità; altri ancora che compaiono in occasione del funerale dei propri cari o per ragioni di parentela o amicizia con i familiari del defunto. Morte, anzianità, scelta di praticare secondo il proprio arbitrio o per convenienza sociale incidono vistosamente sulla comunità cristiana che è già una minoranza, almeno dal punto di vista percentuale E non è possibile illudersi che la traiettoria subisca un’inversione. L’analisi delle motivazioni che inducono a non frequentare è molto complessa e non mette conto di accennarla in questo scritto se non per semplici voci: perdita del senso di Dio, perdita del senso di appartenenza, ripiegamento sul privato e assolutizzazione delle proprie voglie, disaffezione nei confronti della Chiesa e dei suoi ministri, pettegolezzo e maldicenze, appiattimento sul semplice orizzonte mondano (soddisfacimento dei bisogni primari: mangiare, bere, divertirsi), incoerenza, superficialità, pigrizia etc. Un recente articolo di Larry Chapp, professore di teologia in pensione, va più in profondità e asserisce: “Ma questa rivoluzione (la rivoluzione iniziata con la risurrezione di Cristo, ndr) ha incontrato quella che forse è la sua più grande sfida: gli strani lineamenti dell’incredulità nel mondo moderno. E la mia asserzione è che la nostra è una cultura basata sulla nullificazione di Dio come opzione esistenziale “davvero reale”. La nostra incredulità è diversa dall’ateismo e dall’agnosticismo che si trova spesso in un contesto premoderno. Le generazioni precedenti hanno visto atei sputare fuoco come Nietzsche, che hanno ancora preso la fede abbastanza sul serio da tirarla in causa, e le cui oscure proteste contro il Cristianesimo hanno dato una non voluta testimonianza alla crescente importanza riguardante la questione di Dio. La nostra epoca, al contrario, semplicemente sbadiglia davanti alla fede e la considera come una bizzarra, vetusta forma di curiosità perpetuata da una congregazione in restringimento di gente ignorante, che semplicemente non accetta che la modernità e la sua scienza abbiano ucciso il drago. Il mondo è “sconvolto” da quella “specie di Dio” e ora considera coloro che semplicemente sollevano la questione come antisociali e come pericolosi ostacoli all’ultima iterazione del “progresso” tecnologico. Pertanto, l’ateismo di oggi non è evidente e, de facto, è ben più di un ateismo della prassi (…). Il mondo moderno consente ancora una certa misura di quella che chiamiamo “libertà religiosa”, fintanto che la libertà rimane ben entro i confini delle sue gabbie di impotenza addomesticata e repressa. La “spiritualità” è autorizzata ad esserci ma come fosse una sorta di stillicidio buonista di emozioni gnostiche, ovvero una specie di “toccasana” per la tranquillità interiore e per un miglior sesso tantrico. Ed è una spiritualità che si adatta bene a un ateismo culturale de facto in un registro consumistico, poiché la sua “chiesa” è quella boutique del centro commerciale che vende oli essenziali, prodotti CBD (cannabinoidi, ndr), libri su un miglior vivere attraverso lo Yoga e vari disgustosi liquidi verdi da degustazione a base di piante esotiche coltivate solo in Bolivia”. Così il teologo Chapp. Di fronte a questo quadro, la nostra pastorale rischia di essere inefficace, soprattutto quando si culla su frasi slogan che sanno tanto di anni ’70 del secolo scorso, del tipo: “Bisogna accogliere tutti …”. La domanda da porsi infatti non è la seguente: “Sarò accolto oggi in questa Chiesa?” Nessuno infatti viene tenuto fuori (a meno che non si ostini a starsene fuori lui o lei … il vittimismo non manca mai …). La domanda è piuttosto un’altra: “Cosa mi può attrarre e interessare di questa Chiesa?”. Qualcuno – citando il romanzo di Bernanos “Diario di un parroco di campagna” – sostiene che le nostre parrocchie non sono divorate dal cancro esistenziale dell’esclusione, ma dal cancro della noia (“La mia parrocchia è divorata dalla noia”, diceva il prete di Bernanos). E questo non può non farci riflettere … (Continua)

Il vostro parroco

Don Gabriele

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