Omelia del parroco per la festa di S. Luigi Gonzaga 2018
Celebriamo la festa di S. Luigi quest’anno lasciandoci guidare dal brano di vangelo di Marco che abbiamo ascoltato, in cui si parla di questo “tale” che pone a Gesù una domanda circa la “vita eterna”. Nel vangelo di Matteo questo tale è definito “giovane” e nel vangelo di Luca “notabile”. Dal testo sappiamo che è “ricco” e, sempre dal testo, veniamo anche a sapere che osserva i comandamenti, quindi possiamo dire che è anche “buono”. Dunque: giovane, ricco, buono e nobile. Che cosa potrebbe volere di più? Umanamente potrebbe dirsi “soddisfatto”. Invece vediamo che viene da Gesù, gli si inginocchia dinanzi – atteggiamento già di per sé molto indicativo – e gli pone una domanda che evidentemente lo inquietava: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Tutto ciò che era e tutto ciò che aveva non lo rendeva sazio, c’era “un di più” che perseguiva e che va a cercare da Gesù.
Cari ragazzi e giovani, l’atteggiamento di questo giovane vi interpella. Forse anche voi siete nella sua condizione. Del resto, salvo qualche eccezione, che cosa vi manca? Ciò che siamo e ciò che abbiamo rischia qualche volta di “bloccarci” e di ritenerlo sufficiente. Ho già detto molte volte – parlando soprattutto ai giovani – che un titolo di studio, la morosa o il moroso, un posto sicuro di lavoro non bastano. Non ci si può accontentare di ciò. C’è una domanda dentro di noi, dentro di voi, che preme, anche se a volte non lo sapete. E’ necessario fare “uscire” questa domanda, darle corpo e darle voce. Altrimenti si può correre il rischio di arrivare ad una sorta di “sazietà” falsa, che si tramuta poi – secondo l’espressione di un grande uomo di Chiesa – in disperazione (egli lo diceva della città di cui era vescovo e che amava profondamente: “sazia e disperata”).
La domanda che questo giovane pone a Gesù si articola sul “fare”: che cosa devo “fare” per ereditare la vita eterna. Gesù gli risponde dicendogli che deve osservare i comandamenti. E qui c’è già qualcosa da tenere presente – perché forse noi ci facciamo ampi sconti sui comandamenti. Tuttavia nel caso di questo giovane non si tratta di osservare tanto i comandamenti perché dalla risposta che egli dà a Gesù veniamo a sapere che egli li osserva fin da quando era piccolo. Per questo sopra ho già ricordato che questo ragazzo è “buono”. Vale comunque la pena che teniamo presente che la prima risposta che Gesù dà a colui che gli chiede che cosa deve fare per avere la vita eterna è quella dell’osservanza dei comandamenti.
Il colloquio tra Gesù e il giovane va però più lontano, o meglio va più nel profondo. Il vangelo dice che a questo punto Gesù “fissatolo, lo amò”. Una traduzione dice che “lo guardò dentro” e gli diede la risposta che abbiamo ascoltato poc’anzi: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Il Signore guarda questo giovane con predilezione e gli indica ciò che va più in là della semplice osservanza dei comandamenti. Gli rivela quel “di più” per il quale gli si è inginocchiato dinanzi. Gli dice di liberarsi interiormente e poi di seguirlo. La vera “pienezza” a cui Gesù ci chiama è molto di più di quella di essere giovane, ricco, buono, nobile: è una pienezza che si raggiunge svuotandoci di tutto ciò che ingombra la nostra vita, al fine di far posto a lui che è davvero la vita eterna. Questa è la vera risposta che Gesù dà a questo giovane. E a questo punto di comprensione lo ha guidato Gesù stesso, aiutandolo a chiarirsi dentro.
E’ la stessa cosa che fa anche con voi, cari ragazzi e cari giovani: Gesù vi chiede di liberarvi di tutte le cose che avete dentro e che costituiscono una falsa pienezza. Tutto ciò che avete accumulato e che rischia di ingannarvi su dove sta la vera gioia. Questo processo di liberazione è necessario, altrimenti non si va da nessuna parte e si diventa come gran parte dei vostri coetanei: stanchi, attratti dai falsi ideali, nullafacenti, trasgressivi.
Liberati e seguimi! La liberazione non è fine a se stessa, ma è per la sequela di Gesù. Se vuoi andargli dietro – e lui è la vita eterna – ti devi liberare da tutto ciò che ostacola questo cammino. Certo la liberazione è impegnativa financo dolorosa, a volte, ma è così che si cresce nel rapporto con Gesù e ci si appropria di conseguenza della propria vita – espropriandocene – per “farne un capolavoro”, come diceva S. Giovanni Paolo II.
Ma quel giovane se ne andò triste. Non ce l’ha fatta. Qualcuno vede in questo giovane proprio l’evangelista Marco, che all’inizio non ce l’ha fatta, ma poi le parole di Gesù hanno scatenato dentro di lui una battaglia. Lo ritroveremo Marco quando, nella passione del Signore, si parla di un giovinetto che – catturato dalle guardie che erano andate ad arrestare Gesù – fuggi via nudo, lasciando nelle loro mani il lenzuolo in cui era avvolto. E’ lo stesso Marco che poi diventerà testimone e annunciatore del Vangelo. La parola di Gesù aveva fatto effetto: si era liberato e lo aveva seguito. E’ molto eloquente la scena evangelica di lui che, liberatosi dal lenzuolo, fuggi via nudo. Questa nudità indica la libertà di un nuovo inizio!
E’ ciò che auguro a tutti voi, cari ragazzi e giovani, in questa terza festa di S. Luigi che trascorriamo insieme.
Ora celebriamo l’Eucaristia: essa è il centro gravitazionale della vita di ciascuno di noi, della comunità e di chi in Gesù ha davvero trovato la vita eterna.