LA NOSTALGIA PER IL CIELO E L’AFFETTO PER LA TERRA (DAL CHRONICON, APRILE 2018)

  • 01/04/2018
  • Don Gabriele

La nostalgia per il cielo e l’affetto per la terra (dal Chronicon, aprile 2018)

Cari fratelli e sorelle, il titolo di questo articolo non è mio, ma è una frase di un parroco di Milano, che ha predicato il ritiro di Pasqua a noi sacerdoti della diocesi. Mi ha molto colpito e, nella meditazione sono arrivato a pensare che questa affermazione esprime effettivamente in maniera sintetica il mistero della Pasqua. La risurrezione di Gesù inaugura infatti un nuovo modo di essere. Essa non è la “rianimazione di un cadavere”, ma una vita nuova, dove la “novità” riguarda anche il corpo, che è parte essenziale della “creatura uomo”. Il corpo di Gesù risorto è un vero corpo, che, tuttavia, non è più soggetto alla caducità. Possiamo dire – come fa San Paolo – che è un corpo “celeste”, il che non significa disincarnato, o etereo (nel senso che abitualmente vien dato a questo aggettivo) o non-reale. A riprova di ciò, in una delle apparizione pasquali, Gesù dice: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro (vangelo di Luca, 24, 38-43). Questa “vita nuova” è la nostalgia che tutti ci portiamo dentro; è la nostalgia per il cielo, per la pienezza, per la gioia. Noi siamo fatti per questa “divina sazietà”, ogni fibra del nostro essere “grida” verso questo compimento e non smette di “gridare” finché tutto ciò non si sarà realizzato. Questa “nostalgia del cielo” la percepisce ogni uomo e ogni donna, anche coloro che non credono, anche quelli che “non faranno Pasqua”. Beati noi che lo sappiamo! Beati noi perché ci è stato rivelato! Questa nostalgia è come una polla di acqua sorgiva che continuamente sgorga nelle nostre profondità e ci rassicura sul nostro destino. Nella risurrezione di Gesù viene assicurato il nostro futuro!

La nostalgia del cielo non significa tuttavia dimenticare la terra. La terra esprime la dimensione creaturale, che integra ineluttabilmente la caducità. Avere “affetto per la terra” significa vivere gli stessi sentimenti di Gesù che ha amato la terra, che è innanzi tutto l’uomo “fatto di terra”. La fede pasquale, la nostalgia del cielo non si traduce in alienazione dimentica del duro mestiere del vivere. L’affetto per la terra significa ritenere importante tutto ciò che riguarda l’uomo. Già Terenzio nel 160/166 avanti Cristo diceva in una delle sue commedie: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”, che significa letteralmente: «Sono un essere umano, non ritengo a me estraneo nulla di umano». Tale affermazione raggiunge in Cristo la sua verità compiuta: la sua solidarietà (in questo caso concetto teologico e non sociologico) con noi ha raggiunto il suo vertice nel morire come noi, in modo tale che questa “conformità” nel morire tra lui e noi si trasformi nella “conformità” della stessa risurrezione. Solo la fede pasquale ci aiuta a vivere l’affetto per la terra in maniera sensata: rischieremmo altrimenti di sviluppare un attaccamento che ci farebbe soffocare la “nostalgia per cielo”. L’affetto per la terra si traduce poi nel nostro contributo a rendere la vita dei fratelli davvero vivibile. Dunque questo affetto per la terra si coniuga in mille modi: la tutela della vita umana in tutte le sue forme; l’impegno per la verità, la giustizia e la pace; la difesa dell’ambiente e l’incanto di fronte al creato; la promozione di una politica a servizio dell’uomo e via dicendo.

Auguro dunque a tutti voi, cari fratelli e sorelle, in questa Pasqua 2018, la “nostalgia per cielo e l’affetto per la terra”.

Con affetto, il vostro parroco

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