Omelia del parroco durante l'Azione Liturgica per la passione e morte del Signore - La voce eloquente del sangue di Cristo
1. Il venerdì santo ci spinge alla contemplazione amorosa dalla passione di Cristo. Quest’anno vorrei attirare la nostra attenzione su un fatto che può passare inosservato. Ed è questo: durante l’agonia nel Getsemani, la flagellazione, la coronazione di spine, il viaggio al calvario, l’infissione dei chiodi nel corpo del Signore, l’apertura del suo costato con la lancia il SUO SANGUE viene sparso e cade a terra, si mischia con la terra.
Questo fatto ci riporta alla mente un episodio posto all’inizio della Bibbia, l’uccisione di Abele da parte di Caino. Quando il Signore chiede conto a quest’ultimo dell’omicidio perpetrato, gli dice: “ La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello” (Gen 4,10-11).
Anche lo spargimento del sangue di Gesù è frutto di un omicidio. Anche questo sangue, perciò, “grida dal suolo a Dio”.
L’autore della lettera agli Ebrei, mettendo insieme l’episodio dello spargimento del sangue di Abele nel suolo, ad opera di Caino, e lo spargimento del sangue di Gesù nel suolo, ad opera dei suoi crocifissori, offre un’interpretazione stupefacente. Dice: Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele (Ebrei 12, 23-24).
Ciò che nel Genesi era motivo di maledizione – il sangue versato al suolo di Abele – qui diventa motivo di salvezza, anzi di festa: il sangue di Gesù.
Per esprimere questo concetto, l’autore della lettera agli Ebrei dice che il sangue di Cristo “è più eloquente” del sangue di Abele. Si tratta dunque di un sangue che parla: nel primo caso domandava maledizione e vendetta, era un sangue cioè che infondeva paura, qui invece chiede benedizione e perdono. Infonde quindi pace e salvezza.
2. Ora però ci dobbiamo chiedere se tutte queste cose appartengono al passato, oppure riguardano anche i nostri giorni. Ci dobbiamo domandare cioè se il sangue di Gesù a cui ci riferiamo è unicamente quello che egli ha sparso 2000 anni fa nella passione. Certo fosse anche quel sangue sparso 2000 anni fa, esso avrebbe un valore permanente: la lettera agli Ebrei parla, infatti di redenzione eterna procurataci da Cristo. Tuttavia il Signore stesso ha voluto che il suo sangue fosse reso presente ogni giorno, affinché ogni giorno potesse gridare – con voce più eloquente di quello di Abele – e potesse invocare perdono, misericordia e pace. Ciò avviene nel sacrificio della Messa. Ogni volta in cui il sacerdote, dopo la consacrazione del vino, eleva il calice verso il cielo, lì, in quel momento, possiamo dire che il sangue di Gesù grida al Padre, e grida non con voce flebile, ma con voce eloquente.
Ho già avuto modo di dire molte volte come il sacrificio della Messa rinnova di generazione in generazione il mistero di un amore che si dona, un amore che è più forte della morte, della cattiveria, della violenza, del degrado morale. L’offerta del sangue di Gesù, che realizza il mistero della sua carità, è ciò che impedisce l’annichilimento del mondo, proprio perché il mistero della redenzione si rinnova – misticamente ma realmente.
Tutta la massa di male e di dolore che vediamo intorno a noi – e che neppure nei giorni della santa pasqua ha registrato un allentamento – questa massa che non comprende solamente le guerre, il terrorismo, le aggressioni, ma anche tutto ciò che tendiamo a dimenticare, come i milioni di aborti, lo sfruttamento dei bambini e delle donne a scopo sessuale, il tentativo di sovvertire l’ordine della creazione introducendo ordinamenti giuridici suicidi per intere società, le proposte di scristianizzazione sempre più marcata nei paesi occidentali, ci faccia prendere coscienza che un Redentore ci è necessario. Paradossalmente tutto il male del mondo ci spinge a dire: qui c’è bisogno di redenzione, qui ci vuole Qualcuno che risani, che dia senso a tutto questo dolore, a questa massa enorme di sofferenza, che altrimenti altro non farebbe che spingere alla disperazione. E la disperazione – lo sappiamo – rende più cattivi, rende cinici, si nutre del male che capita all’altro e a volte lo provoca. Tutta questa massa di male in certo qual modo postula un Redentore. Il sangue di Gesù che grida raccoglie tutto questo dolore e lo redime e lo svuota dall’apparente non senso. Contro ogni tendenza a ridurre la passione di Cristo ad un insegnamento etico-morale – sarebbe solo un esempio da imitare – noi celebriamo oggi qualche cosa di oggettivo: la passione di Cristo è redenzione. Un redentore ci è dato, il male non ha l’ultima parola perché l’Amore è più forte ed è tanto forte che non smette di gridare e questo grido dell’Amore è il grido del vincitore, che vince donandosi: Vinto ma Vittorioso!. Ma proprio perché questa redenzione è oggettiva, cioè esiste veramente, non è una mera possibilità, chiama in causa ciascuno di noi, secondo ciò che scrive Paolo ai Colossesi laddove esclama, “ciò che nel mio corpo manca alla passione di Cristo, lo compio a favore del suo corpo che è la Chiesa”. Notate: non dice l’apostolo che alla passione di Cristo manca qualche cosa; dice piuttosto: non essendo ancora conformato io del tutto alla passione di Cristo – che è perfetta – compio nel mio corpo questa conformazione. Così siamo chiamati a partecipare oggettivamente all’oggettiva passione di Cristo, che ha redento il mondo. Ogni dolore, ogni morte, ogni sacrificio ci mette in comunione con la passione di Cristo che ha redento il mondo e ci fa partecipare a questa trasformazione del mondo. Mi è capitato di dire più volte in questi giorni a me stesso e agli altri di fronte a qualche dolore fisico e/o morale: non sprecarlo, non renderlo inutile, non dissolverlo nel lamento con altri; non buttarlo via; offri tutto!
Così, in quel sangue che il sacerdote innalza verso il Padre in ogni Messa, quel sangue che grida ce ne sarà un poco anche del nostro, trasformato in atto di amore simile a quello di Gesù. E il Padre sentendo la voce di quel sangue rinnoverà la salvezza e la grazia per noi e per il mondo. Così la passione di Cristo non è la commemorazione del dolore, ma la celebrazione di un amore vivo e vivificante, oggi.