SAN GIUSEPPE: L’UOMO A CUI DIO UBBIDÌ
SAN GIUSEPPE: L’UOMO A CUI DIO UBBIDÌ
Cari fratelli e sorelle, mentre ci avviciniamo alla Pasqua a grandi passi, incrociamo la figura di San Giuseppe. Il Vangelo è molto parco di notizie su di lui; se ne parla nei cosiddetti Vangeli dell’infanzia, poi egli si eclissa. Ma il poco che vien detto ci aiuta a considerarlo per quello che è: un uomo che ha messo la sua vita a servizio della nostra salvezza. Ecco allora un primo punto: la vita di San Giuseppe è stata una “proesistenza”, ossia “una vita vissuta per”. Giuseppe ha rinunciato al suo progetto umano, del tutto buono e desiderabile, quello di amare Maria, come tutti gli altri uomini amano la loro donna, di farsi una famiglia con figli nati dal suo seme, per aderire ad un progetto più grande, che non gli ha chiesto di rinnegare né l’amore né la fecondità, ma gli ha domandato piuttosto un amore più grande e una fecondità maggiore. La “proesistenza” non umilia mai la parte più nobile di noi stessi, il desiderio cioè di amore e di trasmettere la vita, ma lo dilata proiettandolo verso orizzonti che non ci saremmo immaginati, benché su sentieri impegnativi anche se sempre possibili. C’è poi un secondo punto che vorrei offrire alla vostra meditazione ed è questo. Credo che la “proesistenza” di Giuseppe abbia avuto un ruolo nella scelta di Gesù di donare la vita fino in fondo, fino al patibolo della croce, un ruolo – diciamo – “educativo”. Noi sappiamo che in Gesù, vero Dio e vero uomo, c’erano due volontà: la volontà del Verbo e la volontà dell’uomo Gesù. Queste due volontà si armonizzavano tra loro e raggiungevano la loro sintesi tramite l’obbedienza dell’amore. Noi vediamo tutto ciò nel respingimento delle tentazioni che Gesù opera nel deserto e soprattutto nell’episodio dell’ultima grande tentazione, quello dell’orto degli ulivi, quando Gesù conduce la sua volontà umana a coincidere con quella divina: “Non la mia, ma la tua volontà, o Padre”. Io credo che la volontà umana di Gesù abbia aderito a quella divina anche grazie all’esempio che Gesù, come uomo, ha ricevuto da Giuseppe e dalla vita che Giuseppe ha speso per amore di Lui e di Maria. Noi vediamo così come addirittura nella vita di Gesù e nelle sue scelte, che sono state la nostra salvezza, sia importante l’educazione ricevuta dal suo padre terreno, Giuseppe. Mi viene allora spontaneo pensare ai papà della nostra comunità, impegnati nella grande responsabilità di educare i figli alla vita, affinché sia una vita buona. So che molti vivono questo impegno con passione, con sacrificio e con gioia. Ma non posso dimenticare gli altri i quali, purtroppo, non avvertono questa responsabilità, oppure la vivono monca di un aspetto rilevantissimo, che è quello dell’educazione alla fede, della trasmissione della fede ai loro figli, per i quali hanno tuttavia chiesto il Battesimo. Per non parlare di altri che la rovinano apposta: insegnando addirittura a trascurare la vita di fede e conducendo i loro figli a coltivare aspetti effimeri della vita, che li renderanno poi infelici. Quale tremenda responsabilità davanti a Dio e ai loro figli accumulano sulla propria testa questi padri! E’ stato dimostrato, per esempio, che se un papà non è praticante, ben presto non lo saranno più neanche i suoi figli. E’ una cosa dolorosissima, che ho constato in questi quasi tre anni di permanenza tra voi, e purtroppo potrei fare nomi e cognomi. Non dimentico poi coloro che, dopo aver fatto di tutto per trasmettere una vita buona ai loro figli, devono constatare il fallimento dei loro sforzi. Partecipo alla loro sofferenza, ma li incoraggio a non amareggiarsi: il loro impegno e il loro sforzo troverà comunque uno sbocco positivo; ne siano convinti e vadano avanti con fiducia e con speranza! Ci sono altri aspetti importanti che ci restituisce la figura di S. Giuseppe, ma non ho più lo spazio per presentarli. Dico, in sintesi, che la figura di Giuseppe è una figura dai contorni chiaramente “pasquali”: alla sua intercessione affidiamo i nostri ragazzi, i nostri giovani e i nostri papà. A lui affidiamo anche i sacerdoti, che molto da vicino vivono la sua esperienza: sono sposi della Chiesa, che appartiene però solo a Gesù e che essi sono chiamati ad amare con le stesse modalità con cui Giuseppe amava Maria.