AVVENTO 2024
AVVENTO 2024
L’indimenticabile card. Giacomo Biffi, in apertura dell’Avvento 1987, scriveva: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!»: nessun cuore d’uomo è così ateo da non essere mai punto da questa nostalgia del ritorno di Dio; nessun uomo è così lontano dalla fede da non essersi mai augurato, in nessuna ora della sua esistenza, l’intervento di un Dio capace di vincere la nostra dilagante stupidità con un po’ di soprannaturale saggezza, di risanare la nostra multiforme ingiustizia con la sua misericordia, di dare senso al nostro fatale andare incontro alla morte con la sua proposta di vita eterna. L’uomo, anche quando nega, anche quando bestemmia, anche quando tenta di illudersi di poter cavarsela da solo, nella verità profonda del suo essere invoca un Redentore e ne sospira l’Avvento. Per fortuna, all’anelito segreto dell’uomo Dio non rimane sordo; all’implorazione spesso inconscia delle sue creature Dio ha risposto, risponde e risponderà. Perché Dio è venuto, viene e verrà: l’Avvento del Signore è una realtà che riempie di sé il passato, il presente e il futuro, connotando di sé tutta la vicenda umana. Così il Cardinale. In effetti, la caratteristica dell’Avvento è proprio l’invocazione, che si concreta nel grido – a volte nel silenzio del cuore, altre volte nell’articolazione della voce: “Vieni, Signore Gesù”. In un bell’inno della Liturgia delle Ore francese si prega così: “Nella misura senza misura della sua immensità, tu ci manchi, Signore/Nel più profondo del nostro cuore, il tuo posto resta segnato come un grande vuoto, una ferita/Dinanzi all’infinito della tua presenza, il mondo è allusione, perché le tue mani lo hanno formato. Ma egli geme, in esilio, e grida la sua desolazione di non provare che il tuo silenzio/Nel tormento della tua assenza, sei già tu, Signore, che ci hai incontrati. Tu non sei mai un estraneo, ma l’ospite più interiore, che ti riveli in trasparenza/Nascosti al cuore del tuo mistero, noi ti riconosciamo, senza mai afferrarti. Solo il povero ti può accogliere, con un cuore bruciato d’attenzione, gli occhi rivolti verso la tua luce. Il percepire la mancanza del Signore è già un segno eloquente della sua presenza. Il silenzio del Signore è già riempito della sua Parola pronunciata una volta per sempre. I poveri in spirito sanno cogliere i segni luminosi della sua presenza, che ora è ancora in mistero, ma la cui venuta è certa “come l’aurora”. Invocazione, attenzione, povertà di spirito siano il trinomio del nostro Avvento di quest’anno. Sullo sfondo, insieme alla celebrazione del Natale, in cui rivivremo la prima venuta del Signore nella realtà della condizione umana, c’è l’inizio del Giubileo (che inizierà la notte di Natale con l’apertura della Porta Santa della basilica di San Pietro da parte del Papa). “Pellegrini di speranza” è il “tema” del Giubileo. L’avvento di quest’anno vuole essere dunque anche una preparazione ai giorni di particolare grazia dell’Anno Santo. Che cosa è la speranza? Possiamo dire che essa è la fede spalmata sui giorni e sugli anni della nostra vita. Mentre il mondo, dimenticando Dio, si trova smarrito e si accanisce insipientemente dando vita al dramma di Caino che uccide Abele a livello planetario, noi apriamo il cuore all’invocazione, facendoci eco del desiderio di pace, di giustizia, di tutela, di saggezza che sale da cuore di tanti uomini e di tante donne. Possano l’Avvento, il Natale e il Giubileo portare ai cuori ottenebrati dall’odio la luce, alla Santa Chiesa la consolazione dell’unità, a tutte le nazioni la tranquillità dell’ordine, ai nostri cuori la certezza che “la speranza non delude”. (Rm 5,5). Buon Avvento cari fratelli e sorelle.
Il vostro parroco
Don Gabriele