Omelia del Parroco per la solennità di S. Clemente Romano, patrono della comunità parrocchiale di Bertonico
S. Clemente
Bertonico 17 novembre 2024
1. Festa di S. Clemente: per la comunità cristiana e la comunità civile
Celebriamo con gioia - comunità ecclesiale e comunità civile – come ho scritto sul Bollettino parrocchiale, la festa di S. Clemente nostro patrono.
Saluto con deferenza le autorità presenti, a partire dal Sig. Sindaco, che riprenderà l’usanza, altamente simbolica, dell’offerta dei ceri al Patrono. Con questo gesto, che la tradizione ci consegna, il rappresentate del popolo di questo comune esprime la devozione, cioè l’offerta a Dio del nostro vivere sociale, riconoscendo con esso che la proposta cristiana è ritenuta valida anche per la vita buona della società, di questa società che costituisce il tessuto del vivere civile a Bertonico. Grazie, Sig. Sindaco, per aver voluto riprendere questo antico gesto, che collega in modo altamente simbolico l’impegno civile e quello ecclesiale per il bene complessivo di nostra gente.
2. Festa di S. Clemente: il messaggio
Celebriamo la festa di S. Clemente. Conosciamo probabilmente a memoria i tratti salienti della sua vita, che ho voluto anche sintetizzare sul Bollettino. Ma, dentro gli snodi della sua esistenza intensa e tormentata, S. Clemente offre a noi, offre a questa comunità, alcuni messaggi che vogliamo raccogliere e custodire. Ne indico tre.
3. Primo messaggio di S. Clemente
Il primo messaggio che S. Clemente ci lascia è quello dell’unità, che consiste non nel livellare le differenze, ma nel raccoglierle – purificandole – ad un livello superiore, quello della carità, cioè dell’amore cristiano.
Tutti conosciamo il fatto che S. Clemente, oltre ad essere famoso per essere stato il terzo successore di S. Pietro sulla cattedra romana (come ci insegna il grande S. Ireneo di Lione nel II secolo), lo è anche per aver scritto alla comunità di Corinto una lunga e importante lettera.
Il motivo per cui l’ha scritta lo conosciamo tutti: per ricomporre l’unità in quella Chiesa, che era stata gravemente lesa dal fatto che un gruppo di giovani cristiani aveva deposto il clero legittimo, che presiedeva quella Chiesa. Da qui sono sorte tensioni e difficoltà a non finire. S. Clemente offre un itinerario per ricostruire la comunione e la pace.
4. Secondo messaggio di S. Clemente
Ma perché Clemente, romano, che è capo della chiesa di Roma, scrive con toni autorevoli a Corinto che si trova in Grecia? Questo fatto, insieme al contenuto della lettera, possiede una grande rilevanza storica ed ecclesiologica: ci dice che quando Clemente, sul finire del I secolo, scrive ai Corinti, il primato della sede di Roma è già attestato.
Questo è il secondo messaggio che ci lascia S. Clemente: l’orizzonte ampio della Chiesa nella sua universalità. La necessità, cioè, di non richiuderci nel piccolo orizzonte della nostra comunità ecclesiale. Noi facciamo parte della Catholica, noi respiriamo a pieni polmoni la dimensione universale della Chiesa; noi non ci chiudiamo su noi stessi, non ci arrocchiamo sui nostri punti di vista. Appartenere alla Chiesa Cattolica significa grande apertura di mente e di cuore; significa allineare il battito del nostro cuore a quello della Chiesa in tutte le sue manifestazioni; significa amare la Chiesa, amare le sue istituzioni, amare le sue fatiche, lavorare perché gli uomini e le donne che compongono la Chiesa siano sempre più trasparenti, affinché la Chiesa diventi davvero una “casa di cristallo”, in modo tale che si veda come si prega, come si agisce, come si decide, come si usano i soldi e via dicendo.
In questo contesto lo sforzo che è chiesto alle nostre comunità di camminare verso la costituzione di una Comunità Pastorale può rappresentare davvero un esercizio di ecclesialità, un’uscita da noi stessi, dall’orizzonte del nostro campanile, per condividere e accogliere le ricchezze delle altre comunità parrocchiali.
5. Terzo messaggio di S. Clemente
Il terzo messaggio che ci lascia S. Clemente è relativo al rapporto laici/preti. I giovani corinti che avevano deposto il clero erano laici. Nella vita della Chiesa non è difficile trovare momenti di tensione tra laici e preti. Se si leggono le conclusioni dell’indagine condotta dal Censis per conto della Conferenza episcopale italiana, che è stata svolta nel periodo dal 27 settembre al 1° ottobre 2024, tra le ragioni dell’abbandono della pratica all’interno della comunità ecclesiale, sembra esserci la tendenza a emarginare i “fedeli di valore” o quelli più intraprendenti: lo pensa il 49,2% (sul campione intervistato) degli italiani (tra i praticanti la percentuale scende al 38,1%). Dietro, quindi, c’è il desiderio di una Chiesa più coraggiosa, capace di dare più spazio ai laici.
Questo può essere vero, ma è anche vero – e la menzionata indagine lo fa presente – che l’individualismo imperante, anche in ambito religioso, fa sì che pochi laici (un grazie a quelli che lo fanno anche nella nostra comunità!) condividano con il clero la responsabilità nei confronti della vita della Chiesa. E stiamo attenti, la lettera pastorale del nostro Vescovo dello scorso anno, ha richiamato chiaramente che la partecipazione dei laici alla responsabilità della vita della Chiesa non è una concessione del clero, ma un dovere/diritto che nasce dal battesimo in forza del quale – come dice la Lumen Gentium – anche i laici ottengono in dono e devono esercitare i tria munera Christi, ossia la missione sacerdotale, profetica e regale.
Faccio dunque appello a tutti i laici e alle laiche della parrocchia affinché si rendano disponibili nelle forme loro consentite a prendersi in carico la responsabilità che loro compete in forza del battesimo a favore di questa e di altre comunità parrocchiali. Gli organismi di partecipazione, tra cui il Consiglio Pastorale e il Consiglio degli affari economici, il gruppo dei catechisti, l’Azione Cattolica si sentano interpellati in primo luogo, ma anche tutti i fedeli si sentano sollecitati. Pure in questo caso, il cammino verso la costituzione della Comunità Pastorale, che prevede gradualmente la costituzione di un unico Consiglio Pastorale per tutte e cinque le parrocchie, dice chiaramente che il luogo dell’elaborazione del cammino pastorale è il Consiglio Pastorale che vede insieme preti e laici in un unico soggetto pastorale.
6. I messaggi di S. Clemente e il Vangelo di questa domenica
Sono dunque tre i messaggi che S. Clemente ci consegna quest’anno: la comunione tra noi; una visione veramente cattolica; la responsabilità dei laici per l’edificazione della Chiesa.
Il Vangelo della domenica odierna, tratto dal cosiddetto discorso escatologico di Gesù (capitolo 13° del vangelo di Marco, prima dell’inizio della Passione), da parte sua, ci aiuta ad avere una visione della storia veramente cristiana.
a) Innanzi tutto l’evangelista Marco, che scrive a cavaliere dell’anno 64 per la comunità di Roma, provata dalla persecuzione di Nerone, durata quattro anni, in cui moltissimi cristiani vennero uccisi, come ci narra lo storico Tacito, tra cui anche gli apostoli Pietro e Paolo, e poco prima della distruzione di Gerusalemme ad opera di Tuto nell’anno 70, aiuta i cristiani a leggere la storia con occhi realistici: guerre e distruzioni, che vengono dal cuore dell’uomo, ci saranno sempre, ma non sono il segno che la storia umana sta per finire.
b) Il sole che si oscura, la luna e le stelle che perdono il loro splendore non sono segni celesti che il mondo sta per finire, ma rappresentano la loro demitizzazione: prima erano considerate divinità dai popoli (che a volte richiedevano addirittura sacrifici umani); l’annuncio del Vangelo li riduce a quello che sono: creature che non possono influire direttamente sul destino del mondo.
c) In tutto questo Cristo, che siede alla destra del Padre, è contemporaneamente il Veniente e per l’incontro con lui i suoi angeli, che sono i suoi messaggeri, ossia gli annunciatori del Vangelo, raccoglieranno i suoi eletti dai quattro venti. Infatti quanti venti di dottrina errati ci sono nel mondo! L’individualismo, l’ateismo teorico e pratico, il relativismo, l’edonismo, la destrutturazione dell’umano per la ricreazione secondo il proprio principio; i nuovi diritti, che in verità sono capricci … Quanti venti di dottrine errate. L’annuncio del Vangelo, quando è autentico, smaschera queste menzogne.
d) Alla fine, la parabola del fico, narrata da Gesù, è un annuncio di speranza. Tutte queste cose, che sembrano e sono brutte, non prevarranno. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”, dice Gesù.
Occorre dunque “stare” dentro questa Parola, che diventa il criterio di discernimento per ciò che è vero e per ciò che vale.
7. L’Eucaristia
Celebriamo ora l’Eucaristia, che tante volte S. Clemente ha celebrato per la gloria di Dio e la salvezza del popolo a lui affidato.
Mentre il mondo procede verso la sua metamorfosi, noi abbiamo la presenza del Signore nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Egli cammina con noi verso i cieli nuovi e la terra nuova. Per questo – pur nella tribolazione – siamo sempre pieni di speranza perché, come dice l’Apostolo Paolo: “so a chi ho dato fiducia” (2Tm 1,12).