DIALOGO INTERRELIGIOSO E RECIPROCITA’
DIALOGO INTERRELIGIOSO E RECIPROCITA’
Nei primi giorni di maggio la basilica cristiana ortodossa di San Salvatore in Chora, situata nel distretto occidentale di Istanbul, è stata trasformata in moschea. La chiesa era da tempo un museo, ma il 21 agosto 2020 un decreto del presidente turco Eerdogan ha confermato la sentenza del Consiglio di Stato del 19 novembre 2019 che ha annullato la decisione con cui fu istituito presso la basilica di Chora il menzionato museo. Dal primo maggio di quest’anno quindi la chiesa è stata nuovamente riaperta al culto islamico e i mosaici cristiani bizantini saranno oscurati. Il 23 maggio scorso i vescovi cattolici della Comece, la Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea, hanno reso nota una dichiarazione dal titolo “Un altro duro colpo al dialogo interreligioso”. «Questo passo – dicono i vescovi – diminuisce ulteriormente le radici storiche della presenza cristiana nel Paese. Ogni iniziativa di dialogo interreligioso promossa dalle autorità turche perde così di credibilità». La Comece ricorda anche di aver già commentato negativamente, nel luglio 2020, la trasformazione di Santa Sofia da museo a tempio islamico, adoperando anche allora la stessa espressione: “Un altro duro colpo al dialogo interreligioso”. Ora aggiungono che la Turchia denota di rappresentare una minaccia verso le minoranze etniche e religiose. Come ho già avuto modo di scrivere (e mi appoggio all’esperienza di persone che vivono a stretto rapporto con l’Islam) il dialogo interreligioso è una strada irreversibile per la Chiesa (così come il dialogo ecumenico) ma dobbiamo stare attenti a non peccare di ingenuità. Gli argomenti del dialogo interreligioso e dei diritti delle minoranze religiose possono avere scarso o nullo effetto sull’Islam, perché non possiede le categorie per comprenderle. E infatti le proteste per Santa Sofia incentrate su questo tasto argomentativo non hanno impedito Chora. La richiesta di impegnarsi nella cosiddetta “reciprocità” (contrasta da alcuni anche in casa cattolica) deve essere perseguita, se non si vuole che il dialogo interreligioso sia a senso unico. Per capirci, faccio un esempio: l’apertura di moschee in Italia ha a che fare con la libertà religiosa; la stessa libertà religiosa chiediamo per i cristiani in Arabia Saudita o in altri Paesi dove la minoranza cristiana non ha questo diritto (e altri). Gran parte del dialogo odierno con l’Islam è “per sentito dire”: chi lo conosce davvero? Il Signore nel Vangelo ci ha chiesto di essere semplici come le colombe, ma anche prudenti come i serpenti.
Il vostro parroco
Don Gabriele