LE RADICI SUPERFICIALI DELLA FEDE E LA CULTURA DELL’INCREDULITA’ (continua dal notiziario precedente)
LE RADICI SUPERFICIALI DELLA FEDE E LA CULTURA DELL’INCREDULITA’ (continua dal notiziario precedente)
La “nullificazione di Dio”, di cui si parlava nel precedente Notiziario, nonché la “tolleranza” verso la fede cristiana, a patto che se ne stia chiusa nella sua gabbia dorata e non disturbi le scelte atee rivestite di una patina di spiritualità, e le proprie voglie in campo morale rivestite di libertà rappresentano alcuni tra i più grandi problemi che affrontiamo come Chiesa: a causa di questa mentalità dominante il “pozzo” del discorso è stato avvelenato fin da subito. Con questo si intende dire che la stessa sorgente d’acqua viva che stiamo cercando di donare è rifiutata tout court fin dall’inizio, come fosse una miscela tossica di ignoranti superstizioni che erano già state provate e trovate insoddisfacenti. Siamo, agli occhi del mondo contemporaneo, la religione nota per i roghi delle streghe, le Crociate, l’Inquisizione, Galileo etc.. Siamo la religione contro le opportunità, contro la libertà e contro … tutto. Noi siamo la religione del nyet (no in russo, ndr), che ci comanda di piangere con i santi piuttosto che ridere con i peccatori. Siamo la “doccia fredda” della storia e gli eterni guastafeste dei semplici piaceri terreni della vita. Naturalmente, questo modo di pensare colpisce la Chiesa e i suoi membri ordinari, i quali devono nuotare in questa cultura ogni giorno e ne sono profondamente colpiti – sia consciamente sia inconsciamente. Pertanto, l’ulteriore considerazione è che se anche la fede esiste nelle anime della maggior parte dei comuni cattolici (e penso che sia così), rimane tuttavia vero che le radici di tale fede sono superficiali in molti credenti. Joseph Ratzinger notò questo fenomeno già nel 1958, dove sottolineò che la maggior parte di noi sulle panche delle chiese in questi giorni, rappresenta in realtà pagani malcelati, mascherati da cristiani credenti, che è ciò che lo ha portato a prevedere, solo dieci anni dopo, che la futura Chiesa sarebbe stata molto più piccola, priva di posizione sociale e in procinto di subire un periodo di agonia a causa di un arretramento rispetto a quella che fu la sua gloria costantiniana. In altre parole, anche tra coloro che ancora professano una parvenza di fede c’è una perdita del senso di intima consapevolezza di Cristo. C’è quindi anche una profonda, davvero profonda alienazione dal cuore evangelico della Chiesa che provoca un profondo senso di insignificanza. Possiamo sfuggire alle illusioni della nostra cultura in larga misura e con grande sforzo ma, come le ferite di Cristo, le cicatrici rimangono e i legami religiosi che vincolano restano, anche se debolmente, impressi. Ci sono, perciò, ancora ragioni per sperare, ma perché siano davvero autentiche, ciò richiederà ben più di quelle tipologie stanche che sono state, fino ad ora, la maggioranza delle reazioni cattoliche alla modernità. Il tradizionalismo radicale, il progressismo cattolico e il conservatorismo cattolico standard, tutti non sono all’altezza perché mancano di una radicalità cristocentrica; il tradizionalismo non è neanche lontanamente tradizionale in modo sufficiente, il progressismo cattolico non è affatto progressista ma sta semplicemente scimmiottando la moda intellettuale, e la forma standard “conservatrice” del Cattolicesimo è più un liberalismo borghese di stampo Whig (il termine Whig descrive i progressisti politici che credono nel graduale miglioramento della società umana) che prega. Tutti hanno i loro punti di forza e di debolezza, e molti hanno cattolici sinceramente devoti tra le loro fila. Ma come risposta alla nullificazione di Dio nella modernità e nella profonda cultura dell’incredulità, sono tutti fallimenti che combattono contro le ombre (2. Continua).
Il vostro parroco
Don Gabriele