Omelia del Parroco durante la Messa della Cena del Signore

  • 30/03/2024
  • Don Gabriele

Incastonato nel brano dell’evangelista Giovanni, che ci ha narrato la lavanda dei piedi, si trova questo passaggio: “(Gesù) Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me».

Nonostante il cammino percorso insieme fino ad allora, Pietro non ha ancora capito. Il Signore non può compiere il gesto dello schiavo, che era appunto quello di lavare i piedi, allora, dopo aver espresso la sua meraviglia … protesta … Nel dialogo che intercorre tra Pietro e Gesù è racchiuso un percorso di educazione alle fede, che riguarda ciascuno di noi.

Immaginiamo la scena: il Gesù che ci presenta Giovanni è un Gesù dignitoso, padrone di sé, un uomo eccezionale, con una presa sulla gente straordinaria. Anche per i suoi apostoli è sì amico, ma nello stesso tempo è Signore … Ebbene, quella sera lo vedono spogliarsi, restare semplicemente con il perizoma, come uno schiavo, inginocchiarsi e iniziare a lavare i loro piedi. La reazione di Pietro non si fa attendere: mai! Quanto rispetto c’è in questo “mai” di Pietro, ma quanta distanza! Così può succedere anche a noi: il nostro rispetto per Cristo può racchiudere in verità una “distanza”, può essere il segnale di una volontà di non-coinvolgimento: che cosa ho a che fare io con lui? Che nesso ha con la mia vita? Lo rispetto: basta che stia là e mi lasci in pace. In fondo si realizza anche in noi ciò che è successo a Pietro: non ha capito Cristo; lo aveva incasellato, sapeva già tutto di lui e quindi non era aperto ad una nuova e più profonda rivelazione. Ma quella sera - che è questa - lo aveva sorpreso con questo gesto inaspettato ed inaudito per la sua psicologia. Ed ecco che Gesù comincia di nuovo ad educarlo: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Quando capirà Pietro? Quando vedrà il significato sotteso a questo gesto, ossia quando vedrà Cristo umiliato, percosso e crocifisso. Era necessario che Cristo spiegasse a Pietro che la croce non era un incidente di percorso, ma una necessità divina la cui profondità per i nostri cuori e le nostre menti è ancora tutta da scandagliare. Dopo la Pasqua e a Pentecoste Pietro capirà e non saprà più trattenere questa nuova conoscenza del Signore. Ma questa sera non ci arriva ancora. E’ necessario anche per noi lasciarci intridere dal senso della Pasqua per capire. Intridere, ossia lasciare che questo senso dilaghi in noi, cosicché non c’è più nulla nella nostra vita (pensieri, scelte, relazioni, affetti, affari … tutto …) che sia neutrale rispetto a questo senso. “Lo capirai dopo”. C’è ancora un “dopo” anche per noi nella relazione con Gesù; un “dopo” di comprensione, che presuppone un “restare dentro” anche se ora facciamo fatica a capire, anche se ora arranchiamo e ci viene voglia di chiudere tutto.

Questa sera, Pietro non ci arriva ancora. E allora Gesù pronuncia una frase che ha quasi il sapore di una minaccia: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Accettare di essere “lavati” per avere parte con Cristo. E’ chiaro come qui sia racchiuso anche il significato nel battesimo, che è puro dono: nessuno si può dare il battesimo. Ma esso, il battesimo, non significa solo essere “incorporati” in Cristo, che realizza concretamente l’avere parte con lui (ne parlerò più diffusamente nell’omelia della veglia). Col battesimo ci viene anche chiesto di avere in noi il pensiero di Cristo, ossia che i nostri pensieri, il nostro modo di ragionare, in buona sostanza il tutto delle nostre scelte sia “lavato”, sia cioè purificato dal modo mondano di giudicare. In altri termini, accettare di essere lavati da Cristo significa accettare che il criterio discriminante del nostro giudizio su tutto il reale sia il criterio suo, di Cristo.

«Se non ti laverò, non avrai parte con me». A questo punto, Pietro cede. Non ha ancora capito, ma anche solo la paura di poter essere separato da Cristo lo porta a cedere, con la sua solita esagerazione: “Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo”. Pietro non ha ancora capito, ma l’amore sopravanza la ragione; non ho detto che la nega, la sopravanza. Sì, l’amore – e lo si vedrà anche in altri passi del Vangelo di Giovanni - è chiaroveggente. Anche a noi, questa sera, è chiesto di fidarci dell’amore di Cristo. Ci sono cose che non capiamo ancora, a diversi livelli. Ma non sbaglieremo mai se ci fideremo dell’amore di Cristo. Non sbaglieremo in questa vita e non sbaglieremo quando dovremo inoltraci della morte.

Pietro non capisce ancora, ma Pietro vuole bene a Gesù (anche se questo amore non gli impedisce di rinnegarlo) ed è proprio questo legame affettivo che salva Pietro, a differenza di Giuda, che aveva smesso di amare Gesù. Dopo il triplice rinnegamento, il Vangelo ci narra di un incrocio di sguardi tra Gesù e Pietro. Ed è l’amore che lo porta a capire il suo errore: e scoppia a piangere. Anche noi non capiamo tutto, non capiamo sempre … ma è questo sguardo a Gesù che ci fa sicuri del suo perdono, che ci rassicura della sua amicizia e che ci rimette sul cammino.

La sera del Giovedì Santo il dolore e l’amore si intrecciano. Il dolore per quanto sta succedendo nel mondo e quanto sta avvenendo nella tristezza di molte vite non ci può lasciare indifferenti. Ma c’è un amore che è più forte del male, un amore rilevato da un Dio che si fa schiavo, un amore che grida dalla croce. Per questo noi non smettiamo di sperare e non smettiamo di credere all’amore che Dio ha per noi.

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