MORTE, GIUDIZIO, INFERNO E PARADISO (il vero pensiero della Chiesa a fronte di alcune banalità riferite in queste settimane)
MORTE, GIUDIZIO, INFERNO E PARADISO (il vero pensiero della Chiesa a fronte di alcune banalità riferite in queste settimane)
Rispondendo ad una domanda posta da un sacerdote, nel corso del tradizionale incontro col clero romano, di cui il papa è vescovo, nel 2008, Benedetto VI disse così: “Penso che noi tutti siamo ancora sempre colpiti dall'obiezione dei marxisti, secondo cui i cristiani hanno solo parlato dell'aldilà e hanno trascurato la terra. Così noi vogliamo dimostrare che realmente ci impegniamo per la terra e non siamo persone che parlano di realtà lontane, che non aiutano la terra. Ora, benché sia giusto mostrare che i cristiani lavorano per la terra — e noi tutti siamo chiamati a lavorare perché questa terra sia realmente una città per Dio e di Dio — non dobbiamo dimenticare l'altra dimensione. Senza tenerne conto, non lavoriamo bene per la terra. Mostrare questo è stato uno degli scopi fondamentali per me nello scrivere l'Enciclica (Spe salvi, ndr). Quando non si conosce il giudizio di Dio, non si conosce la possibilità dell'inferno, del fallimento radicale e definitivo della vita, non si conosce la possibilità e la necessità della purificazione. Allora l'uomo non lavora bene per la terra perché perde alla fine i criteri, non conosce più se stesso, non conoscendo Dio, e distrugge la terra. (…). Ritrovare la coscienza veramente umana, illuminata dalla presenza di Dio, è il primo lavoro di riedificazione della terra. (…). Dobbiamo parlare anche e proprio del peccato come possibilità di distruggere se stessi e così anche altre parti della terra. Nell'Enciclica ho cercato di dimostrare che proprio il giudizio ultimo di Dio garantisce la giustizia. Tutti vogliamo un mondo giusto. Ma non possiamo riparare tutte le distruzioni del passato, tutte le persone ingiustamente tormentate e uccise. Solo Dio stesso può creare la giustizia, che deve essere giustizia per tutti, anche per i morti. E come dice Adorno, un grande marxista, solo la risurrezione della carne, che lui ritiene irreale, potrebbe creare giustizia. Noi crediamo in questa risurrezione della carne, nella quale non tutti saranno uguali. Oggi si è abituati a pensare: che cosa è il peccato, Dio è grande, ci conosce, quindi il peccato non conta, alla fine Dio sarà buono con tutti. È una bella speranza. Ma c'è la giustizia e c'è la vera colpa. Coloro che hanno distrutto l'uomo e la terra non possono sedere subito alla tavola di Dio insieme con le loro vittime. Dio crea giustizia. Dobbiamo tenerlo presente. Perciò mi sembrava importante scrivere questo testo anche sul purgatorio, che per me è una verità così ovvia, così evidente e anche così necessaria e consolante, che non può mancare. Ho cercato di dire: forse non sono tanti coloro che si sono distrutti così, che sono insanabili per sempre, che non hanno più alcun elemento sul quale possa poggiare l'amore di Dio, non hanno più in se stessi un minimo di capacità di amare. Questo sarebbe l'inferno. D'altra parte, sono certamente pochi — o comunque non troppi — coloro che sono così puri da poter entrare immediatamente nella comunione di Dio. Moltissimi di noi sperano che ci sia qualcosa di sanabile in noi, che ci sia una finale volontà di servire Dio e di servire gli uomini, di vivere secondo Dio. Ma ci sono tante e tante ferite, tanta sporcizia. Abbiamo bisogno di essere preparati, di essere purificati. Questa è la nostra speranza: anche con tante sporcizie nella nostra anima, alla fine il Signore ci dà la possibilità, ci lava finalmente con la sua bontà che viene dalla sua croce. Ci rende così capaci di essere in eterno per Lui. E così il paradiso è la speranza, è la giustizia finalmente realizzata. E ci dà anche i criteri per vivere, perché questo tempo sia in qualche modo paradiso, sia una prima luce del paradiso. Dove gli uomini vivono secondo questi criteri, appare un po' di paradiso nel mondo, e questo è visibile. Mi sembra anche una dimostrazione della verità della fede, della necessità di seguire la strada dei comandamenti, di cui dobbiamo parlare di più. Questi sono realmente indicatori di strada e ci mostrano come vivere bene, come scegliere la vita. Perciò dobbiamo anche parlare del peccato e del sacramento del perdono e della riconciliazione. Un uomo sincero sa che è colpevole, che dovrebbe ricominciare, che dovrebbe essere purificato. E questa è la meravigliosa realtà che ci offre il Signore: c'è una possibilità di rinnovamento, di essere nuovi. (…). Il sacramento della penitenza ci dà l'occasione di rinnovarci fino in fondo con la potenza di Dio — ego te absolvo — che è possibile perché Cristo ha preso su di sé questi peccati, queste colpe. Mi sembra che questa sia proprio oggi una grande necessità. Possiamo essere risanati. Le anime che sono ferite e malate, come è l'esperienza di tutti, hanno bisogno non solo di consigli ma di un vero rinnovamento, che può venire solo dal potere di Dio, dal potere dell'Amore crocifisso. Mi sembra questo il grande nesso dei misteri che alla fine incidono realmente nella nostra vita. Dobbiamo noi stessi rimeditarli e così farli arrivare di nuovo alla nostra gente”.
Il vostro parroco
Don Gabriele