“INTELLIGENZA ARTIFICIALE E PACE”. MESSAGGIO DEL PAPA PER LA 57° GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
“INTELLIGENZA ARTIFICIALE E PACE”. MESSAGGIO DEL PAPA PER LA 57° GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
Come dicevo nell’omelia del 1° gennaio, di per sé si tratta di un argomento molto tecnico, difficile da presentare adeguatamente. Possiamo, però, farcene un’idea, dicendo, semplificando alquanto, che l’intelligenza artificiale è la raccolta di dati di conoscenza di ogni genere ad opera di macchine sempre più complesse capaci di accumulare quantità crescenti di informazioni e di correlarle tra di loro con livelli di autonomia sempre maggiori. Ciò che è sorprendente, e che può risultare inquietante, è la capacità di elaborazione e di calcolo che queste macchine hanno, superando smisuratamente le capacità dell’intelligenza umana. Ciò che è poi importante è che l’intelligenza artificiale può essere applicata in tutti gli ambiti della conoscenza e dell’attività umana, sia in bene sia in male. Per rimanere sul tema della pace, basti pensare a come diventa possibile costruire armi, per così dire, intelligenti, le quali senza il coinvolgimento diretto dell’uomo sono abilitate a colpire bersagli imprevedibili e remoti portando distruzione e morte. E le guerre in corso ne sanno qualcosa. Naturalmente i suoi usi possono essere anche straordinariamente positivi, poiché potenziano le capacità umane di programmazione, di sviluppo, di previsione, di intervento per affrontare problemi e superare ostacoli; per esempio, come dice lo stesso Messaggio, nell’ambito dell’educazione, ma anche della ricerca medica e scientifica, o di salvaguardia dell’ambiente, solo per citarne alcuni. Si tratta, come si intuisce, di possibilità e strumenti che possono essere usati per il bene o per il male, un po’ come è avvenuto per l’energia atomica, capace di offrire benessere o morte a seconda delle scelte compiute da chi la usa. Ed è qui il punto su cui il Messaggio del Papa invita a riflettere. Il tema dell’Intelligenza Artificiale solo in apparenza è astruso. In breve tempo infatti diventerà presente fino all’invadenza nella vita di tutti. E non ci mancano i segnali, se solo consideriamo come l’uso degli algoritmi renda possibile la profilazione dei nostri gusti in materia di acquisti e di consumo, solo attraverso la raccolta di informazioni sulle scelte che facciamo o dichiariamo sui social o comunque in internet. E ciò non riguarda solo finalità commerciali (che non è poco!); quel che si prospetta riguarda tanti altri aspetti più intimi e personali di ciascuno di noi. Che cosa è in gioco? È in gioco la persona umana; è in gioco la sua libertà; è in gioco, per esempio ancora, la differenza tra informazione e disinformazione, tra notizie vere e fake news, cioè false verità costruite ad arte per far credere vero ciò che vero non è. Ed è su tutto questo che il Papa vuole richiamare l’attenzione, dichiarando che c’è bisogno di etica, cioè di senso del bene e del male, nella creazione e nell’applicazione dell’intelligenza artificiale, e di spirito critico nell’uso dei suoi strumenti e dei suoi prodotti. E poi ancora che c’è bisogno che le istituzioni nazionali e internazionali – ha già cominciato l’Unione Europea a lavorare in tal senso, come pure il nostro Paese – si dotino di strumenti di regolazione e di controllo perché l’intelligenza artificiale sia a beneficio e non a danno delle persone, singoli e collettività. C’è un rischio in tutto questo; ma quando mai il progresso dell’umanità non ha portato con sé dei rischi? Non si tratta di demonizzare e nemmeno, all’opposto, di ignorare qualcosa che si sta compiendo al di là delle nostre possibilità di controllo, si tratta di imparare a misurarsi con queste sfide. Il rischio più grande è infatti quello di limitarsi a condannare, a respingere o anche soltanto a far finta che la cosa non ci riguardi, poiché invece questa faccenda interessa tutti. Che cosa possiamo fare? Innanzitutto cercare di salvaguardare e promuovere la nostra autentica umanità. In questo l’esperienza religiosa, e l’esperienza cristiana in specie, ha molto da darci e da aiutarci per mantenere vivo il nostro senso di ciò che è veramente umano. Il nostro compito è racchiuso in due parole: coscienza e conoscenza. Non rinunciamo mai alla nostra coscienza, che dobbiamo cercare di tenere vigile e formata, perché il suo giudizio e quindi la sua voce giunga sempre chiara alla nostra mente e al nostro cuore. E poi conoscenza, che vuol dire imparare a conoscere e a valutare gli strumenti che usiamo, non limitandoci ad apprezzarne il vantaggio per l’utilità che procurano, ma considerando anche gli effetti negativi diretti e indiretti che producono su noi e su altri. A questa coscienza e conoscenza dobbiamo poi educare le nuove generazioni, che spesso crescono a pane e schermo, o meglio a merendine e social.