Omelia del Parroco alla Messa della Notte di Natale 2023

  • 25/12/2023
  • Don Gabriele

Notte di Natale 2023

Cari fratelli e sorelle,

dobbiamo guardarci da alcuni modi di pensare, che renderebbero la celebrazione di questo Natale poco fruttuosa.

Il tradizionalismo

Uno di questi modi lo potremmo chiamare “tradizionalismo”. Esso risponde più o meno a questo modo di pensare: il Natale è una tradizione, una bella tradizione, che sa di valori apprezzabili (i buoni sentimenti, le riunioni familiari, lo scambio degli auguri e dei regali …), per cui in qualche modo partecipo anch’io. Vado alla Messa di mezzanotte, forse mi sono anche confessato. Ma come si trattasse di una parentesi. Una parentesi tradizionalista. E nulla più. Beninteso: raccogliamo ciò che c’è di buono in questo approccio al Natale. E’ certo però che chi lo vive così non ne percepisce la portata. Probabilmente sarebbe pronto a sostituirlo con un’altra tradizione, se vivesse ad altre latitudini.

L’alienazione

Un altro modo infruttuoso di vivere il Natale è quello dell’alienazione. Intorno c’è tanto male, ci sono tanti problemi: ritagliamoci un po’ di pace, un po’ di poesia. Alieniamoci – appunto – attraverso la liturgia natalizia e i festeggiamenti in famiglia da tutti i guai e da tutte le sofferenze. Anche in questo caso, però, il Natale è svuotato del suo significato: trasformato com’è in una sorta di anestetico o – per converso – di eccitante.

La condiscendenza

Un terzo modo di vivere il Natale con poco frutto è quello della condiscendenza. Siccome mia moglie o mio marito o i miei genitori o i miei nonni mi “stressano”, li accontento; vado a Messa, ma con la testa altrove, la liturgia è un peso, ciò che vien detto e cantato mi annoia …

La supponenza

C’è poi un modo con cui vanificare completamente il Natale: la supponenza. E’ l’atteggiamento di chi sostiene che il Natale nella sua sostanza sia una favola. Per cui restano solo gli aspetti esteriori di questa festa, senza Messa e senza sacramenti. Il supponente, di fatto, è uno che sbaglia le misure e applica il proprio metro di misura appunto, che generalmente viene smentito piuttosto rapidamente (pensiamo alle continue scoperte della scienza, che invalidano altre precedenti) a Dio, barattando la verità eterna col frutto della propria ragione. In fondo, il supponente è anche un po’ ridicolo.

La superficialità

Altro modo di rendere infruttuoso il Natale è la superficialità. Non si è contrari, non ci si oppone, ma non si coglie l’opportunità, la grazia di questo evento. Evidentemente lo si sostituisce con surrogati, non all’altezza del dono che invece porta con sé la celebrazione fervida di questo mistero.

Una tentazione: l’inutilità del Natale

Oltre a questi modi infruttuosi di vivere il Natale, insorgono anche delle vere e proprie tentazioni. Una di queste consiste nel pesare che in fondo il Natale sia inutile. I problemi sono altri. Che senso ha questa celebrazione con i drammi che vive l’umanità e i miei guai personali? Non sarebbe meglio lasciar perdere, sporcarci davvero le mani, invece di star qui a cantare antiche nenie?

La tentazione dell’inclusività

L’altra tentazione contro il Natale è più subdola, rivestita com’è della lucentezza di uno tra i vocaboli più fortunati del lessico sociale ed ecclesiale: l’inclusività. La celebrazione del Natale con il suo messaggio, i suoi riti e i suoi simboli, non è offensiva delle altre tradizioni religiose? Inoltre: non sarebbe ora di finirla con queste storie, approdando ad una effettiva laicità, che rinchiuda il fatto religioso unicamente nella coscienza individuale, visto che la religione appare essa pure foriera di conflitti?

Nel brano evangelico di Luca sono presenti questi modi infruttuosi e queste tentazioni

E potrei proseguire nell’elencare modi infruttuosi di vivere il Natale o le tentazioni nei confronti di questa festa. Del resto, tutto ciò che ho detto fin qui, sia pure con ben altre parole, è espresso nel brano evangelico che abbiamo appena ascoltato. Il potere dell’imperatore Ottaviano Augusto, sotto il cui regno è nato Cristo, sembra molto più certo e produttivo del potere del Neonato divino di cui nessuno di accorge. Il buio che circonda la scena della Natività appare ben più consistente del punto di luce che si irradia dalla mangiatoria in cui Egli è stato posto. Il rifiuto sofferto dalla Santa Famiglia – per loro non c’era posto nell’alloggio – sembra ben più realistico dell’improbabile canto degli angeli che annunciano gloria a Dio e pace agli uomini …

Dunque che cosa dona questo Natale?

Ma allora che cosa dice e che cosa dona questo Natale a questa stanca e confusa cristianità? Che cosa offre a questo mondo sempre sull’orlo del baratro?

Il Natale è la constatazione che non siamo soli. “Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi!” pregava Isaia. E davvero i cieli sono stati squarciati; Dio li ha squarciati non attraverso la potenza, ma con l’Incarnazione. Con ciò egli fa all’uomo una proposta, ossia che la via da seguire è quella dell’umanità autentica. Per questo Dio si è fatto uomo: perché la via dell’umanità, se vissuta secondo la logica e le priorità di Cristo, è una via buona. Ricordiamo il libro della Genesi: quando Dio crea l’uomo, lo contempla ed esclama: egli è cosa molto buona! Diventando uomo, Dio ci dice che se percorriamo la via di una umanità autentica è possibile la creazione di un mondo nuovo.

San Paolo, scrivendo al discepolo Tito, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, ci ha offerto alcune piste per realizzare in noi questa nuova umanità. Dice: “Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio (cioè Cristo), che porta la salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e con pietà, nell’attesa dalla beata speranza …”. Dunque alcune caratteristiche di questa nuova umanità sono: il rinnegamento dell’empietà e dei desideri mondani. Essi, infatti, come dice altrove la Scrittura, fanno guerra all’anima. E poi, sul versante positivo: vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà (cioè il culto di Dio), attendendo una pienezza e un compimento che verrà.

Tempo della libertà

Certamente il Natale, così come l’intera storia di Gesù “non è il tempo di una trasformazione cosmica in cui le decisioni definitive di Dio sono già state prese e il suo regno di giustizia e di pace è inaugurato e stabilito. La storia di Gesù e la nostra è il ‘tempo della libertà’. In esso Dio viene incontro agli uomini attraverso l’amore crocifisso di Gesù Cristo per raccoglierci in un libero sì al regno di Dio. E’ il tempo della libertà; ciò vuol dire anche tempo in cui il male ha ancora potere. Il potere di Dio in tutto questo tempo è anche un potere della pazienza e dell’amore, nei cui confronti il potere del male è ancora attivo. E’ il tempo della pazienza di Dio che a noi sembra esageratamente eccessiva, un tempo della vittoria, ma anche delle sconfitte dell’amore e della verità. La Chiesa antica ha sintetizzato la natura di questo tempo con l’espressione: regnavit a ligno Deus (Benedetto VI, Che cos’è il cristianesimo, p. 4), cioè: Dio regna dal legno della croce. Che è anche la logica del Natale: Dio regna dall’impotenza di quella culla, che è la vera potenza, perché è quella dell’amore, l’unica forza che cambia il mondo. Entrare in questa mite potenza significa entrare nell’umanità autentica del Figlio di Dio alla quale si partecipa con la conversione, la fede, la frequenza costante dei sacramenti e le opere di misericordia.

Presepe di Greccio e l’Eucaristia

Ecco, cari fratelli e sorelle, abbiamo visto alcuni modi infruttuosi di vivere il Natale, alcune tentazioni nei suoi confronti e alcune piste per viverlo nella sua bellezza e verità. Ora ci accostiamo all’Eucaristia ove la celebrazione del Natale trova il suo vertice. Non per nulla, 800 anni fa, S. Francesco d’Assisi realizzò il primo presepe a Greccio per vedere con gli occhi del corpo – diceva – i disagi per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come fu posto sul fieno tra il bue e l’asino. E volle che sopra la mangiatoia, dove era deposta l’immagine di Gesù, si collocasse un altare per celebrarvi la Messa. Mangiatoia e Corpo di Gesù; altare e Corpo di Gesù. Nella S. Comunione si fa veramente Natale e Dio viene a vivere in ciascuno di noi, per realizzare un’umanità nuova ed autentica come la sua.

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