Testo del commiato pronunciato dal parroco al Carmelo di Lodi durante le esequie di madre Agnese del Buon Pastore
Carmelo di Lodi
Messa esequiale 4 novembre 2022
In una lettera che madre Agnese del Buon Pastore mi ha scritto qualche anno fa (data 20.02, senza anno, ma dovremmo essere intorno al 2010) leggo: “Non è la perfezione il mio obiettivo, ma solo il far piacere a Gesù momento per momento, nell’oscurità, nel nascondimento”. In occasione del Natale 2013 (19.12.2013) scriveva: “Le scrivo dalla mia cella dove Gesù Bambino è venuto anche quest’anno a visitarmi (…). Lo guardo e mi lascio affascinare dall’ineffabile mistero: exinanivit semetipsum … ma in Lui omnis plenitudo divinitatis. Lei sa quanto vorrei entrare in questo svuotamento di Gesù. Ma sono convinta che sarà Lui solo che riuscirà a realizzare in me questo desiderio – che certo è anche suo. Io cerco, mi pare anzi di farlo con un certo impegno, ma non ne vedo gli effetti. Però capisco – (…) – che anche questo non riuscire può servire allo scopo. Questa lettera, tra l’altro, si conclude in modo simpaticissimo, perché mi dice che, mentre stava scrivendo, la Priora era andata a prenderla per condurla all’ospedale a causa di una scheggia che le era entrata nell’occhio: “Tutto per una cosa da niente – chiosa, riprendendo a scrivere al ritorno dall’ospedale – Se non avessi fatto il voto di obbedienza … quasi mi ribellavo !! … E nella Pasqua nel 2015 mi scriveva: “Vorrei che la volontà di Dio fosse tutto per me … Me lo ottenga dalla misericordia del Signore! E mi ottenga anche di essere felice di morire a poco a poco” – aggiungendo con la sua solita e calibrata ironia: “Intenda giusto, perché di salute sto proprio bene”.
Per il poco che mi è dato di comprendere, credo che madre Agnese si sia mossa in queste coordinate spirituali, che sono tipicamente carmelitane. Sì, perché oggi salutiamo una vera figlia di santa Teresa di Gesù, una carmelitana che ha fatto onore al suo ordine, una figlia della Chiesa, così come la è stata la santa Madre.
Di padre siciliano e madre veneta, ma nata e cresciuta a Milano, madre Agnese era la maggiore di cinque fratelli (l’ultimo è presente al funerale). Dalla famiglia e dalla parrocchia succhiò la fede, una grande ricchezza umana, una cultura solida, un sereno buonumore. Si laureò giovanissima e poi entrò quasi subito al Carmelo di Legnano, dove la seguì a breve una delle sue sorelle. Fu ben presto maestra delle novizie e poi Priora. Quando il vescovo di Lodi Tarcisio Vincenzo Benedetti bussò alla porta del Carmelo per trovare un drappello di monache per la fondazione nella nostra diocesi, venne scelta come presidente del gruppo partente e si trasferì con le sorelle presso questo nuovo monastero. Fu Priora a lungo e a lungo maestra delle novizie. Rimase la “Madre” per antonomasia, anche dopo la scadenza dei suoi mandati.
Madre Agnese non vorrebbe certo che si parlasse di lei, tanto meno con intenti agiografici, ma bisogna oggi che la lampada venga posta sul candelabro per far luce a tutta la casa. E lei ci perdonerà…
Se il Carmelo di Lodi è in certo modo il cuore orante della Chiesa locale, lo dobbiamo principalmente a madre Agnese, che si è impegnata a forgiarlo sullo stile del primo Carmelo teresiano, quello di San Giuseppe in Avila. Ha trasmesso alle sue figlie di oggi ciò che S. Teresa insegnò alle carmelitane scalze del suo primo monastero, cioè ad essere, in quanto figlie del Carmelo, figlie fedeli della Chiesa, nel servizio della preghiera e del dono di sé.
E questa trasmissione del carisma è avvenuta mediante quel singolare dono di maternità spirituale che sempre l’ha contraddistinta. E’ stata Madre, soprattutto Madre, sempre Madre, anche quando non ha più svolto servizi di responsabilità. E Madre di molti, dentro e fuori il monastero, perché chi la incontrava una volta rimaneva segnato da quell’incontro e il legame non si spezzava più.
Di lei si potrebbero enumerare le virtù che hanno fatto santa la sua vita. Ma non si può dir tutto…
Spicca nel suo profilo spirituale una fede adamantina, semplice e profonda, “nuda” come diceva lei sulla scia di San Giovanni della Croce, cioè spoglia, non accompagnata da emozioni o fenomeni, ma vissuta nella fedeltà quotidiana, nel sacrificio umile e schietto di sé, in un atteggiamento di radicale fiducia in Dio, con uno sguardo sempre positivo e pieno di speranza, di speranza teologale. Mi diceva che desiderava almeno 5 minuti di … anticipo del paradiso, ma poi aggiungeva che andava bene così …
E poi la carità. Madre Agnese è stata un farsi tutta a tutti, dimenticando se stessa per gli altri. Ma soprattutto una carità spirituale, che toccava le anime, che le attirava a Dio. E una carità con il timbro della comunione: con lei e grazie a lei tutti dovevano e riuscivano ad essere un cuor solo e un’anima sola. Possedeva un carisma di unità radicato in Dio.
Una costante di madre Agnese, mutuata da S. Teresa di Gesù Bambino, era la familiarità con Gesù. Sulle sue labbra risuonava spesso l’espressione: “Grazie, Gesù”. Nel Natale del 2007 mi scriveva: “Anch’io, al di là di tutto (del tutto che non è niente …) sono molto contenta; anche perché Gesù mi aiuta a far mia una realtà di S. Teresina, che diceva: Io sono sempre contenta, perché cerco di trovare sempre bella la parte che Gesù mi dà”. E non si trattava di espressione di spiritualità sdolcinata o disincarnata, perché “Grazie, Gesù”, madre Agnese lo ripeteva anche quando il dolore era sostenuto come in questi ultimi periodi, in cui la gratitudine si univa al mistero della comunione con le sofferenze del Signore nella prospettiva paolina di completare ciò che in noi manca alla passione di Cristo, che si può leggere, tuttavia, anche nell’accezione tradizionale che consiste nel soffrire in comunione con Cristo per la salvezza del mondo. In una lettera scritta in occasione della pasqua 2017 (8 aprile 2017) mi diceva: “Ma chi ci farà capire fino in fondo che cosa sono stati per Lui quei giorni? Credo che le nostre “notti” siano ancora luminose e dolci rispetto alle sue: rispetto a quell’ora di sudore di sangue. Come vorrei capire bene che Gesù non soffre più ma soffre ancora … Però penso sia meglio studiarsi per dargli un po’ di consolazione e di gioia”. L’anno prima, sempre per pasqua (domenica delle Palme 20.03.2016), mi scriveva di aver letto in un corso di esercizi del padre Vanhoye che”il rendimento di grazie al Signore deve essere accompagnato dall’offerta del sacrificio: è importante e impegnativo. Ma mi accorgo che Gesù stesso, se il nostro rendimento di grazie è sincero, ci prepara la materia del sacrificio. Come è fedele il Signore!”. In occasione dell’anniversario del venticinquesimo dell’ordinazione (nel 2011) mi aveva inviato un biglietto in cui, tra le altre cose scriveva: “A me credo che sia stata la Madonna (e anche S. Teresina) a insegnare a fare così: a dire a Gesù – quando Lui grava la mano – come sono contenta! E vedo che tutto diventa più dolce. Come è buono il Signore!”
E poi si potrebbe aggiungere molto circa la rettitudine di madre Agnese, pura e schietta; circa la sua sobrietà e austerità di vita, mai rivestita di durezza, ma fatta di dolcezza esigente; e circa la sua serenità, il suo sorriso luminoso e avvincente, la pace del suo cuore e del suo sguardo, che hanno accompagnato le monache e non solo fino agli ultimi giorni. E la sua amabile ironia. Non molti giorni fa, dopo momenti particolarmente dolorosi a causa della salute ormai compromessa, ad una sorella che le chiedeva come stesse, ha risposto con il suo solito sorriso: Mica male! quando, invece, le sue condizioni erano palesemente difficili e lei soffriva molto. Oppure quando, giusto una settimana fa, dopo averle amministrato l’olio degli infermi, rito a cui partecipò con grande intensità, alla mia richiesta se si fosse ricordata di pregare per me quel giorno, rispose con tono sostenuto: E me lo domanda anche!
Qualcuno potrebbe ritenere che stiamo esagerando nel riferire ciò che è stata la vita di madre Agnese. Chi l’ha conosciuta bene sa che non è affatto così. Tutto ciò, dal punto di vista della prospettiva ecclesiale si chiama: “fama di santità”. E sono convinto che essa crescerà da questo momento in poi e ci permetterà altri e futuri passi. Anche per questo motivo desideriamo che il corpo di madre Agnese riposi solo momentaneamente nel cimitero, in vista del suo ritorno – adempiuti gli incombenti di legge – nella chiesa di questo monastero per un’adeguata collocazione.
Ora, in Dio, la Madre rimane per noi tutti un tesoro che non si perde e ci saluta con queste parole, scritte in occasione del Natale 2019:
“Intanto va benissimo bene così, non desideriamo altro se non di essere contenti che il Signore sia contento di noi!”
Arrivederci madre Agnese, arrivederci in paradiso!
don Gabriele Bernardelli