PREGIUDIZIO
PREGIUDIZIO
Cari fratelli e sorelle, una delle peggiori schiavitù è il pregiudizio, ossia il non accettare ciò che dice l’altro solo perché appartiene a questo o a quel gruppo, a questa o a quella organizzazione. Si rifiuta così di prestare attenzione, di ascoltare, di valutare serenamente, perché si pensa che ciò che dirà questo o questa sarà senz’altro inficiato da quanto si ritiene essere la sua “ideologia”. E’ chiaro che ognuno di noi, quando si esprime, parte da una precomprensione della questione o del problema che deve affrontare. Non mette luogo di trattare nel presente articolo questo particolare aspetto, che è ammesso da tutti pacificamente: esso infatti ha a che fare con l’estrazione sociale, l’educazione, la formazione culturale, le esperienze ecc. Il discorso che qui voglio affrontare è invece quello della chiusura pregiudiziale. Essa si manifesta spesso nei confronti della Chiesa, quando tocca argomenti relativi soprattutto alla persona umana. Mi riferisco, per fare alcuni esempi, al tema dell’aborto, dell’eutanasia, del gender (di cui ha parlato recentemente con parole illuminanti papa Francesco), della morale sessuale etc.. Alcuni scartano a priori ciò che la Chiesa esprime su queste tematiche, perché – dicono – fa un discorso di tipo confessionale, debitore, cioè, ai suoi “testi sacri” di riferimento. Altri sono comunque sospettosi. Chi pensa o si atteggia così lo fa in base proprio ad un pregiudizio. Quando la Chiesa affronta questi temi si appella infatti alla “retta ragione”, ossia quella ragione che è capace di conoscere la verità circa il bene della persona. E’ la ragione che riconosce la legge naturale. Essa – la legge naturale – è presente nel cuore di ogni uomo, perciò è universale nei suoi precetti e la sua autorità si estende a tutti gli uomini. Esprime la dignità della persona e pone la base dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali. Essa è immutabile e permane inalterata attraverso i mutamenti della storia; rimane sotto l'evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso. Le norme che la esprimono restano sostanzialmente valide. Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell'uomo. Quando la Chiesa tratta degli argomenti sopra menzionati, non lo fa dunque a partire dai suoi “testi sacri”, ma da questi principi iscritti nel cuore di ogni uomo. Il discorso della Chiesa intorno a queste tematiche non si basa cioè sulla dimensione “religiosa”, per dirla semplicemente, ma sul “senso comune”, che tutti si portano dentro e dal quale scaturiscono principi universali, immutabili e sempre validi. Per fare un esempio: “non uccidere”, prima di essere scritto nei dieci comandamenti dati da Dio a Mosè, è iscritto nel cuore di ogni uomo. “Non uccidere” dunque resta un principio universale, immutabile e sempre valido. Lo stesso vale anche per altri principi, che sono poi stati espressi nella concezione dell’uomo come persona, del matrimonio, della sessualità etc.. Quindi: non pregiudizio, ma dialogo possibile, perché i principi espressi dalla Chiesa in questi ambiti non sono di natura confessionale.