DELUSIONE E RICOSTRUZIONE
DELUSIONE E RICOSTRUZIONE
Cari fratelli, il vangelo di domenica scorsa mi ha molto colpito. In esso – come ho avuto modo di dire nell’omelia – si parlava della delusione di Dio. Attraverso la metafora della vigna, molto curata dal vignaiolo, che produce uva immangiabile, invece di uva buona, la Scrittura ci parlava di questa delusione. Sì, cari fratelli e sorelle, ciò che è successo al popolo di Israele, può succedere anche a noi, alla Chiesa, e a quella manifestazione locale della Chiesa, che è la parrocchia. Noi possiamo deludere le aspettative di Dio. Il vangelo di domenica ci faceva capire che la più grossa delusione di Dio è quella del rifiuto di Gesù, esattamente come hanno fatto i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo di Israele. Ma, e noi? Lo abbiamo accolto davvero Gesù? Abbiamo accolto la sua persona dentro la nostra vita? Il che significa: ricostruire il pensiero a partire da Cristo; accettare che lui c’entri con tutto quello che sono e tutto quello che faccio; ritenere normale, anzi pacifico che egli sia colui che orienta la mia unica vita, non come un’idea che mi raggiunge dall’esterno, ma come una Parola che dall’interno assume la forma di direzione, di stimolo, di pacificante pienezza? Alla fine della pagina evangelica, quando gli anziani del popolo e i capi dei sacerdoti riconoscono di essere stati gli assassini dei profeti mandati da Dio, senza per questo rinunciare al proposito di uccidere il Figlio, colmando così la misura della delusione di Dio, Gesù esclama, citando il salmo 117: “Non avete mai letto che la pietra scartata dai costruttori è diventata la pietra d’angolo: dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?” Che cosa vuol dire Gesù con queste parole? Vuol dire che Dio non si ferma dinanzi al rifiuto, non si chiude nella sua delusione, ma trasforma quel rifiuto addirittura in un nuovo inizio, in un’opportunità di vita nuova per tutti. Dio è fatto così: non si chiude come noi dinanzi alle delusioni. No. Le prende in mano e le trasforma in opportunità. “Non mi vuoi?” – è come se dicesse – ma io ti voglio; perciò mi sacrifico fino a morire per te, così trasformo il tuo rifiuto in salvezza per te”. Oh, se noi permettessimo davvero alla Scrittura di parlare al nostro cuore! Come avanzeremmo nella fede! Così la pietra scartata dai costruttori, scartata fino ad affiggerla alla croce, è diventata la testata d’angolo di un nuovo edificio. San Pietro, nella sua prima lettera dirà: “Stringendovi a Cristo … venite edificati come tempio santo di Dio”. Ecco, cari fratelli, non ci resta che “stringerci” a Cristo. Ciò avviene in modo particolare durante l’Eucaristia, quando, nutrendoci di lui, formiamo con lui un solo corpo. Così si costruisce la Chiesa, anche la Chiesa locale, che è la nostra parrocchia. Dalla delusione alla ricostruzione. Vorrei che tutti operassimo questo passaggio. Vorrei che i cosiddetti “lontani” si stringessero con noi a Gesù. Vorrei che quelli che vengono a Messa ogni tanto ci stringessero con noi a Gesù ogni domenica. Vorrei che quelli che non credono o non credono più dessero credito a questo Dio deluso, ma che non si dà per vinto: per loro, per noi, per tutti!