Omelia del Parroco durante l'azione liturgica per la Passione e Morte del Signore

  • 15/04/2022
  • Don Gabriele

Venerdì Santo 2022

Nel confronto tra Gesù e Pilato, che abbiamo sentito narrare nel racconto della Passione, quest’ultimo – Pilato – pone a Gesù tre domande. Sono tre domande che nascono da contesti diversi e che svelano il mondo interiore di questo uomo rispetto al Condannato che gli sta dinanzi, ma intercettano anche il nostro mondo interiore.

La prima. “Sei tu il Re dei Giudei?” Si tratta di una domanda “politica”, che ha a che fare con il potere, di cui Pilato è il rappresentante per eccellenza; egli infatti esercita il potere in nome e per conto dell’imperatore di Roma Tiberio Cesare, il potente per eccellenza. Nello stesso tempo è una domanda anche molto personale, perché riguarda il suo lavoro, la sua – diciamo – professione, il suo modo di stare al mondo. E’ una domanda molto interessata. Che c’entri, Gesù di Nazaret, con il potere? Se mi metto dalla tua parte avrò un po’ di potere da spartire anch’io? Ne avrò qualche vantaggio? Si tratta quindi di una domanda molto “pratica”. Che cosa ci guadagno? La domanda di Pilato fa emergere il nostro “homo oeconomicus”. In fondo: che guadagno è la fede? Nell’atteggiamento di sufficienza di tanta gente rispetto alla fede si cela questa mentalità: la fede, in fondo, non serve. Sento risuonare le voci di scherno pronunciate alla volta di chi “perde ancora tempo con queste cose”. Sono voci che vengono da adulti che si ritengono smaliziati ad altri adulti che ancora professano la fede. Sono voci di figli nei confronti dei genitori e dei nonni ai quali si rivolgono con aria di sufficienza e di dileggio perché “vanno ancora in chiesa”. Sono voci di intellettuali che ritengono retaggi medioevali i santi riti a cui noi partecipiamo in questi giorni. Ma è davvero più bella la vita di chi non è più capace di “guardare in alto”, di chi è tutto preso dal vortice delle cose del mondo che passano e giorno dopo giorno sprofonda nell’ateismo pratico, fino a smarrire se stesso? Risuona penetrante la parola evangelica: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi si perde e rovina se stesso?” (Lc 9, 22-25).

La seconda domanda di Pilato è una domanda che non attende una risposta. Dopo la risposta di Gesù alla sua prima domanda: “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”, Pilato ribatte: «Che cos’è la verità?». E senza attendere risposta esce dal Pretorio verso i giudei.

Questa seconda domanda di Pilato è la domanda di uno scettico, di uno che non crede a niente. Se la prima domanda aveva un contenuto “pratico”, questa seconda domanda confessa il deserto interiore di quest’uomo. Non esiste per lui nessuna verità. Eppure era lì a due passi! La questione della verità sembra abbia perso oggi ogni rilevanza: rischiamo di essere un po’ tutti come Pilato: a chi interessa la verità? In fondo ne è stato smarrito il senso. Lo vediamo nel mondo della comunicazione di massa: chi è sicuro che le cose stiano davvero come ce le raccontano? Intanto lo scetticismo aumenta e con lo scetticismo si spegne lo slancio per il bene, per il buono e per il giusto. Se non esiste una verità, perché mi devo impegnare per una determinata cosa? Mentitori seriali sembrano tiranneggiarci e noi stessi siamo tentati di lasciar perdere di cercare la verità. Ma è possibile un’esistenza sensata senza cercare la verità? E’ possibile accontentarsi del soddisfacimento dei bisogni primari, relegando la questione della verità nella zona delle cose che non ci interessano? E’ vero che non conoscere la verità non ha alcuna rilevanza per la vita di ogni giorno? Per esempio, senza conoscere la verità è possibile la giustizia? E’ possibile ristabilire la pace con i soli strumenti disponibili nell’ambito del potere, a prescindere dalla verità? Lo vediamo anche oggi a proposito dell’aggressione dell’Ucraina, vediamo come la propaganda getti nella confusione per legittimare ciò che in nessun modo è legittimabile. Ma l’addio alla pretesa di verità significa anche addio alla fede cristiana alla quale si concede di continuare ad esistere ma come una sorta di innamoramento con le sue piacevoli consolazioni soggettive. La fede viene trasferita sul piano del gioco, mentre sinora essa riguardava il piano della vita in quanto tale. La fede come gioco è qualcosa di radicalmente diverso dalla fede creduta e vissuta. Non indica una strada, è soltanto un ornamento. Non ci aiuta né a vivere né a morire; tutt’al più fornisce un po’ di svago, un po’ di piacevole apparenza – ma per l’appunto solo apparenza, e questo non basta per vivere e per morire. (…)

La terza domanda che Pilato rivolge a Gesù non ha risposta. Quando Pilato si sente dire dai capi del popolo che Gesù è reo di morte perché si è fatto Figlio di Dio comincia ad avere paura, rientra nel Pretorio e gli domanda: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. E’ impressionante questo silenzio di Gesù. E’ il silenzio di Dio alle nostre domande che non vogliono in verità una risposta, perché si accontentano semplicemente di essere poste. Sono le domande che non sono disposte ad ascoltare. Sono i nostri “perché” chiusi in loro stessi. Sono le nostre conclusioni a priori. Cristo è un libro: bisogna almeno fare la fatica di leggerlo. Ma se il nostro approccio è come quello di Pilato, egli non parlerà mai al nostro cuore e noi rimarremo con i nostri “perché” congelati e autosufficienti. Pilato interroga Gesù perché probabilmente è superstizioso e ha raccolto l’accusa scagliata dai capi del popolo che Gesù “si era fatto Figlio di Dio”. La sua domanda nasce da un’emozione – la paura. Spesso le nostre domande religiose nascono da un’emozione della quale – essendo appunto un’emozione – noi non siamo responsabili. Sarebbe però opportuno che il rapporto col Signore andasse oltre l’emozione e si trasformasse in un sentimento duraturo di affidamento, di confidenza. Altrimenti le nostre domande rischiano di non trovare risposta, si avviluppano su se stesse e si contentano di essere poste, come chi formula una domanda ma subito dopo se ne va perché non gli interessa la risposta.

Nelle tre domande poste da Pilato a Gesù c’è molto di noi stessi. La lettura di questo libro squadernato che è la croce è la risposta più vera e convincente a tutti i nostri perché. Lasciamoci illuminare e istruire dal Crocifisso.

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