Omelia del parroco durante la Veglia Pasquale
1. Siamo giunti al terzo giorno del triduo pasquale, quello del “Risorto”, che durerà fino a domani sera, quindi inizierà il laetissimum spatium, i giorni della gioia della cinquantina pasquale, che si concluderà con la Pentecoste.
Chi ha accompagnato il Signore in questi giorni di passione e morte gioisce intimamente questa notte perché partecipa all’opera di giustizia inaugurata dal Padre con il dono della vita nuova al Figlio.
Ma che cosa è la risurrezione di Gesù? Essa non consiste nella rianimazione di un cadavere, perché se così fosse essa ultimamente non ci interesserebbe e non sarebbe più importante della rianimazione, grazie all'abilità dei medici, di persone clinicamente morte. Il ritorno dalla morte di Gesù è qualcosa di totalmente diverso anche rispetto alle resurrezioni di cui si parla nella Bibbia, come ad esempio quella di Lazzaro. Essa è "l'evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò - una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell'essere uomini" (J. Ratzinger – Benedetto XVI, libro su Gesù di Nazareth). Senza la resurrezione, Gesù sarebbe stato soltanto una personalità religiosa fallita: se Gesù sia soltanto esistito nel passato o invece esista anche nel presente ciò dipende dalla resurrezione.
Tornando nuovamente alla domanda: che cosa è la resurrezione di Gesù, dobbiamo aggiungere che è una sorta di 'mutazione decisiva' ..., un salto di qualità, una nuova possibilità di essere uomo, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini. Di qui si spiega la peculiarità delle testimonianze del Nuovo Testamento sulla resurrezione, parlano – come abbiamo sentito anche nel Vangelo da poco proclamato – di una cosa paradossale, di qualcosa che supera ogni esperienza e che tuttavia è presente in modo assolutamente reale. "Egli non è un uomo semplicemente ritornato come prima della morte: è pienamente corporeo. E tuttavia non è legato alle leggi della corporeità, alle leggi di spazio e tempo ... Egli è lo stesso - un Uomo in carne e ossa - ed Egli è anche il Nuovo, Colui che è entrato in un genere diverso di esistenza". Bastano solo questi pochi accenni per capire che la risurrezione di Cristo, che fa parte essenziale del nostro Credo, della nostra fede, non umilia la ragione, bensì le chiede di estendersi verso regioni diverse, ma non irrazionali. Credere alla risurrezione di Gesù non significa abdicare all’uso della ragione, ma consentirle di spingersi più in profondità.
2. La possibilità di questa vita nuova e piena, passando attraverso la morte ed uscendo da essa come da una porta, ci fa ansiosi nel porci la domanda: ed io, come posso partecipare a questo genere di vita? C’è una possibilità anche per me?
La risposta ci viene dai riti che stiamo celebrando in questa veglia e la risposta è semplice da ricordare: io posso partecipare a questa vita attraverso la fede e i sacramenti. Questa notte, infatti, è ricca di simboli, che tracciano la strada per la partecipazione a questa vita. La benedizione del fuoco e la liturgia della luce ci parlano di un’oscurità vinta. L’antro oscuro della morte non è più buio: una luce si è accesa e l’antro ne è illuminato. Questa luce è il simbolo della fede che ci è stata trasmessa e che consiste in una relazione personale con Gesù, il quale mi prende per mano e mi illumina, perché io sappia dove mettere i piedi, perché io veda e possa camminare sicuro verso la meta. La benedizione del fonte battesimale e l’aspersione con l’acqua ci rinviano al nostro battesimo, quando siamo stati inseriti nel Corpo di Cristo e siamo stati resi partecipi della sua vita risorta, fin da ora.
Da sempre la luce è collegata al mondo di Dio, al cielo in cui splende il sole, che illumina il giorno, la luna e le stelle che illuminano la notte. L’acqua invece è collegata alla terra e alla vita che da essa promana: senza acqua, infatti, non si può vivere. Ebbene: ad un certo momento della veglia, il sacerdote immerge il cero pasquale – la luce che viene dal cielo, da Dio – nell’acqua del fonte battesimale, che ci ricorda la terra, cioè noi, la nostra corporeità, la nostra caducità. Si simbolizza in questo modo, attraverso questa immersione, le nozze tra il cielo e la terra, fra Dio e noi. Così questo rito ci aiuta a capire che in noi c’è la vita stessa di Dio e in Dio – grazie all’essersi fatto uomo di Gesù, il suo Figlio – c’è la nostra realtà umana. Ormai siamo inseparabili e anche questo sta a fondamento della nostra risurrezione.
3. La veglia culminerà quindi con la partecipazione all’Eucaristia. Gesù l’aveva istituita prima di morire, la notte del giovedì santo. In essa, mentre andava verso la morte, Gesù ringraziava il Padre in anticipo, mosso da una fiducia sconfinata, aspettandosi la vita che il Padre gli avrebbe poi effettivamente donato. Anche noi, partecipando al corpo e al sangue del Signore, ringraziamo in anticipo per la vita che Dio ci darà proprio grazie a questo corpo e a questo sangue. Questa “mutazione” verso la vita dei risorti, questo “salto” è già cominciato in noi e si afferma sempre più nella nostra vita sia pure fra gli alti e i bassi di una natura segnata dal peccato, ma in grado – per la grazia di Cristo – di affrancarsi da esso.
Questa vita si traduce poi nella testimonianza di appartenere fin da ora al mondo della risurrezione.
Lo diremo contrastando la cultura della morte, che invade come un cancro il nostro mondo: nei milioni di aborti, nella soppressione della vita debole, nella mercificazione dell’utero, nell’inganno del terrorismo, nella costruzione dei paradisi artificiali delle varie dipendenze (droghe, alcool, internet, giochi d’azzardo, ) …
Lo diremo difendendo la vita, a partire dal matrimonio fra un uomo e una donna, davvero Amoris laetitia; facendo pressione in tutti i modi per la promozione di una politica che sia davvero a favore della famiglia e della natalità …
Lo diremo assecondando pensieri di pace, di accoglienza, di amore reciproco e di perdono sincero.
E Cristo sarà con noi, come forza mite e resistente, come ispirazione e direzione, nel silenzio denso di preghiera e di opere, che precede il grido della vittoria, quando Egli consegnerà il Regno al Padre e Dio sarà finalmente tutto in tutti.