EUCARISTIA, SOCIETA' e POLITICA
Cari fedeli, quando nella comunione sacramentale io vengo unito al Signore, non mi ci trovo da solo, bensì con tutti gli altri che si sono comunicati. Dice l’apostolo Paolo ai Corinti “Poiché partecipiamo allo stesso pane, formiamo lo stesso corpo” (1 Cor 10). Siano cioè “fusi”, senza essere confusi, in una sola esistenza. Ecco la valenza sociale dell’Eucaristia. La Pasqua di Gesù ha depositato nel terreno accidentato della storia il seme di una forza trasformante che modifica la realtà intera, immettendovi un capitale smisurato di energia divina. La celebrazione Eucaristica fa passare la Pasqua di Gesù nella nostra esistenza, e così siamo contagiati dal suo amore, diventiamo contemporanei alla sua “ora”, veniamo coinvolti nella dinamica oblativa della sua donazione. Per esprimere la potenza efficace dell’Eucaristia, papa Benedetto ha utilizzato più volte l’immagine della “fissione nucleare”. “La conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo pone dentro la creazione il principio di un cambiamento radicale, come una sorta di ‘fissione nucleare’ (…) portata nel più intimo dell’essere, un cambiamento destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti” (Deus caritas est, n. 13). In questa prospettiva il comandamento dell’amore non risulta un dovere imposto o un obbligo derivato, ma la spontanea, interiore fioritura dell’evento pasquale che si rinnova nell’Eucaristia. L’amore ci è comandato perché prima ci è donato. La configurazione architettonica del nostro paese, con le sue quattro chiese incastonate nel tessuto urbano, in cui è sempre presente il Santissimo Sacramento, restituisce plasticamente un’immagine della realtà sociale, centrata attorno alla dimensione religiosa, còlta in stretta connessione con quella civile (le case in cui abitiamo, il Municipio, le Scuole, la biblioteca, i luoghi di aggregazione etc.). Questa icona emblematica trasmette due messaggi: il primo, che i cristiani non sognano l’egemonia sulla città, ma non possono rinunciare ad esserne l’anima e il fermento (sale, luce e orientamento, come ci ha detto il vangelo di Matteo domenica scorsa); secondo, che nel dialogo rispettoso e positivo tra la comunità ecclesiale e quella civile si tutela una sana e serena “laicità”. Laicità infatti, come ho già ricordato, non significa indifferenza dello Stato di fronte al fatto religioso, ma garanzia da parte dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione (cf Corte Costituzionale, sentenza n. 203/1989). Pertanto laicità ed Eucaristia non si rapportano in proporzione inversa, per cui a fronte di un di più di fede ci sarebbe un di meno di laicità. Infatti la cultura Eucaristica genera un nuovo modo di pensare e di vivere, percepibile anche al di là dei confini espressamente ecclesiali. L’Eucaristia trasmette un segnale forte di un umanesimo integrale e plenario, rappresentabile nella figura di una ellisse a due fuochi, la persona e la famiglia. La cultura Eucaristica richiede a noi cristiani di essere non i cortigiani dei potenti, ma i servitori dei poveri; ricorda ai responsabili della cosa pubblica che occorre dare gambe a piani strategici che intendano disegnare il futuro del nostro paese nel segno della solidarietà e della fraternità, di una pacifica e civile convivenza, di decisioni che aiutino le famiglie, soprattutto quelle giovani, a “stare bene” a Castiglione, affinché altre giovani famiglie scelgano questo paese per abitarci, per far crescere i loro figli nella sinergia di tutte le realtà educative ed umanizzanti, fra cui la parrocchia e l’oratorio. In particolare vorrei richiamare il valore civile e umano, oltre che ecclesiale, della domenica, giorno libero, festivo, speciale, che va tutelato con attenzione da parte di tutti.