IL BENE COMUNE - PARTE PRIMA

  • 21/01/2017
  • Don Gabriele

IL BENE COMUNE – parte prima

Cari fedeli,

Sul “Sole24Ore” del 28 novembre 2010, il vescovo Bruno Forte scriveva un articolo sul “bene comune”, che mi sembra cosa buona riprendere – anche se non interamente – sul nostro Notiziario parrocchiale, dividendolo in due parti. Oggi la prima, sul prossimo numero la seconda.

Si domanda Mons. Forte: “È possibile parlare ancora oggi del "bene comune" come principio ispirativo fondamentale dell'agire politico?” “Se si guarda agli scenari e ai protagonisti della politica italiana di questi ultimi tempi – risponde –, si sarebbe tentati di dire di no [tranne qualche eccezione, aggiungerei, ndr]. La gente comune sente distante il dibattito politico, non concentrato sui problemi reali delle famiglie: lavoro, salute, casa, giovani, scuola, sanità, anziani. C'è chi - per sostenere l'inattualità del tema "bene comune" - invoca la "società liquida" postmoderna, dove tutti hanno il proprio modo di comprendere il bene, spesso in antitesi ad altre visioni: è questo che renderebbe impossibile individuare mete condivise, per cui ci si dovrebbe accontentare di regole minime per garantire la reciproca tolleranza, rinunciando a ogni interesse per il "bene comune". (…)”. La Chiesa però non smette di offrire stimoli alla ricerca del “bene comune”. “Il Concilio Vaticano II – continua mons. Forte – aveva definito il "bene comune" come «l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono, sia alle collettività che ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente» (Gaudium et spes, n. 26). Il servizio del "bene comune" implica, dunque, la responsabilità e l'impegno per la realizzazione piena di tutti e di ciascuno come condizione fondamentale dell'agire politico. Questo è possibile solo se il "bene comune" non è la semplice risultante della spartizione dei beni disponibili, ma una meta che trascende ciascuno con la sua esigenza morale e proprio così ci accomuna. Avere a cuore la promozione e la tutela della vita di tutti; servire la crescita di tutto l'uomo in ogni uomo, mettendo al centro la dignità di ogni persona umana, quale che sia la sua condizione, la sua storia, la sua provenienza e la sua cultura; obbedire alla verità, sempre: questo è impegnarsi per il "bene comune". Sarebbe, però, sbagliata l'idea che il "bene comune" sia definito nelle sue forme concrete una volta per tutte, senza discernere il senso che esso assume nella complessità delle situazioni storiche: «La costruzione di un giusto ordinamento sociale e statale, mediante il quale a ciascuno venga dato ciò che gli spetta, è un compito fondamentale che ogni generazione deve nuovamente affrontare» (Benedetto XVI, Deus Caritas est, n. 28). L'impegno per il "bene comune" è allora piuttosto uno stile di vita, un agire caratterizzato da alcune scelte di fondo, da richiedere a chi sia impegnato o voglia impegnarsi in politica.

Quanto vorrei che qualche giovane della parrocchia si interessasse alla politica, mettendosi al servizio di questa “alta forma di carità”, come la chiamava il beato Paolo VI. Se non si esce dal privato, se si coltiva solo il proprio orticello si raccoglieranno frutti minimi: quelli di chi ha a cuore solo il proprio “posticino”. Ma la vita di un/a giovane non può mirare solo ad un titolo di studio, ad un posto di lavoro, ad un/a compagno/a e ad un po’ di divertimento … C’è bisogno di giovani che si appassionino ancora per alti ideali: la politica è senza dubbio uno di questi.

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