INDIVIDUALISMO: MORBO E ANTIDOTO
INDIVIDUALISMO: MORBO E ANTIDOTO
Cari parrocchiani,
che l’individualismo rappresenti, oltre che il “bagno di coltura” in cui siamo immersi, un grosso problema per i singoli e le comunità è sotto gli occhi di tutti. La sua perniciosità è così invasiva che il Papa ne ha parlato ormai moltissime volte, mettendoci in guardia. Propongo una sola citazione – ma molto intensa – tratta dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium: “Mi interessa unicamente – dice il Santo Padre – fare in modo che quelli che sono schiavi di una mentalità individualista, indifferente ed egoista, possano liberarsi da quelle indegne catene e raggiungano uno stile di vita e di pensiero più umano, più nobile, più fecondo, che dia dignità al loro passaggio su questa terra”. Non è questo il luogo per discutere delle radici filosofiche e storiche dell’individualismo, che ovviamente esistono; basti dire che quello odierno è un “individualismo radicale”, quasi una nuova religione, un “individualismo assoluto”. Ed è come una malattia che, diffondendosi nell’organismo, gradualmente rovina tutto il corpo umano. Già, il corpo: esso è metafora della comunità, del vivere insieme. In questi mesi ho notato parecchi segnali di questa malattia. Non parlerò delle famiglie ferite, dove la predominanza dell’ “Io e delle sue voglie” genera un numero amplissimo di sofferenze: tradimenti, maltrattamenti, disagio nei figli sempre più fragili ed insicuri. Non parlerò della maleducazione, della mancanza di senso civico, del disinteresse per gli altri, delle cattiverie, delle vendette e delle ripicche. Non parlerò dell’incapacità di “dimenticarsi”, di spendersi, di dare il proprio tempo, della paura di “fare troppo”, del timore di “esporsi” … Non parlerò di chi partecipa a questa o a quella iniziativa a patto che non ci sia questa o quella persona, questo o quel gruppo. Non parlerò di chi – singoli o gruppi – decide in proprio, dimenticando di far parte della grande famiglia parrocchiale, senza avere a cuore l’armonia del tutto, nel quale ogni cosa è servizio, niente è esibizione. Non parlerò di chi tratta male gli altri, considerandoli appartenenti ad “un’altra fazione”. Non parlerò di chi organizza nella propria casa o fuori – anche in buona fede – incontri in alternativa a quelli promossi dall’oratorio. Non parlerò di chi è svogliato, di chi è incostante, di chi non prende con serietà gli impegni con tutto quello che comportano: una volta partecipa perché ne ha voglia, tre volte non partecipa perché non ne ha voglia … Non parlerò neppure di chi è incapace di accettare una critica fatta a fin di bene e se ne va sbattendo la porta … Parlerò, invece, dell’Eucaristia come del vero antidoto all’individualismo. Essa opera nelle menti e nei cuori dei credenti e continuamente semina in essi la logica della comunione, del servizio, della condivisione, insomma, la logica del Vangelo. Non c’è nulla come la partecipazione piena e convinta all’Eucaristia per guarire dall’individualismo. Ma perché ciò possa realmente accadere dobbiamo aver in noi “i sentimenti di Cristo”, quelli con i quali egli si è offerto per il bene di tutti, spendendo la sua vita fino alla fine. L’individualismo è una grave malattia: combattiamola insieme, aiutandoci gli uni gli altri. Anche così la nostra comunità diventerà più bella e perciò più attraente. Uno dei “frutti degni della conversione”, che ha chiesto Giovanni Battista nel vangelo della seconda domenica di Avvento, potrebbe essere questo: l’impegno – da conseguire con la grazia di Dio – a liberarci dall’individualismo. Una modalità è rappresentata dal classico “agere contra”, ossia fare proprio il contrario di ciò che le nostre pulsioni individualistiche ci suggeriscono. Buona prosecuzione d’Avvento!