TERZA LECTIO DIVINA DI AVVENTO 12 dicembre 2016
Lectio Divina d’Avvento
Sulla Prima Lettera ai Corinti di S. Paolo Apostolo – 12 dicembre 2016
(ispirata ad un testo del card. Carlo Maria Martini,
L’utopia alla prova di una comunità, PIEMME 1998)
I. PAOLO DAVANTI ALLE DEVIAZIONI SESSUALI DEL SUO TEMPO
Continuiamo il nostro cammino di riflessione aiutati dall’apostolo Paolo, toccando questa sera un argomento difficile, che non viene quasi mai trattato. Ma nella Parola di Dio c’è e quindi non possiamo ometterlo. Anche questo ha a che fare con la vita della comunità ed ha un nesso diretto con l’Eucaristia.
Parliamo delle deviazioni sessuali del tempo di Paolo, che toccavano la Chiesa di Corinto, per cogliere come l’apostolo Paolo ha reagito e quale insegnamento ci offre per vivere e giudicare secondo il Vangelo.
Vediamo prima fatti, poi il problema, quindi le cause, il giudizio, la ricostruzione e i rimedi.
1. I fatti
Sono espressi nei capitoli 5 e 6 della 1 ai Corinti. Questi cristiani non solo erano divisi fra loro, ma avevano delle brutte abitudini di vita familiare.
Dice Paolo: Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre.
La comunità, cioè, è devenuta permissiva, ha accettato le devianze, lascia fare. Il caso di incesto – richiamato da Paolo e condannato sia del diritto ebraico sia dal diritto greco-romano – è solo il più clamoroso; in realtà si nota un clima generale di lassismo.
«Tutto mi è lecito!». Ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Ma io non mi lascerò dominare da nulla (6,12)
“Tutto mi è lecito” l’aveva detto Paolo, però i Corinti ne avevano distorto il senso e si erano permessi tutto in campo sessuale.
2. Il problema
Dietro a questa facciata, si nasconde un problema ancora molto vivo nelle nostre comunità cristiane (una volta soprattutto in Europa e in America del Nord, oramai un po’ in tutto il mondo): la permissività sessuale sotto il colore della libertà. “Libertà” è la grande parola della nostra epoca, della cd civiltà del benessere, e la libertà di per sé, è un valore altissimo. Tuttavia, in pratica, la si usa male anche da parte di giovani cristiani che ritengono di poter fare tutto quello che vogliono, a eccezione di atti violenti. Essi dicono: se c’è consenso, tutto è lecito nell’amore; se ci amiamo, che c’è di male? Perché proibire i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, se il viverli non fa male a nessuno? Dunque il problema concreto dell’esercizio della sessualità di fronte al quale Paolo si è trovato, è presente ai nostri giorni.
3. Le cause
L’Apostolo non si lascia spaventare da ciò che accade. Alcuni psicologi ritengono che c’è come un’ignoranza invincibile nelle relazioni sessuali, che è inutile spiegare come viverle perché la gente apparentemente ascolta, ma poi continua a comportarsi secondo i propri parametri. Paolo, invece, vuole scoprire la radici dei fatti, e le trova.
- La prima è la mentalità comune: fanno tutti così.
E’ certamente il caso di Corinto. Benché lui parli di “una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani” a proposito dell’incesto, la Corinto pagana era corrotta e famosa per la sua libertà sessuale che, anzi, in qualche modo veniva legittimata.
- La comunità cristiana non sa resistere alla mentalità comune, non va contro corrente, resta contaminata. Non solo, ma appare da qualche accenno della lettera che, nel loro entusiasmo spirituale, i cristiani di Corinto pensavano di essere ormai al di là del peccato. Noi preghiamo a lungo, siamo pieni di doni, il peccato non ci riguarda più, dobbiamo essere spontanei! Può sempre accadere che chi crede di aver compiuto un cammino spirituale, di aver avuto un certo dono di preghiera e di profezia, si convinca di non poter più peccare. Perché allora non seguire i movimenti spontanei del cuore, perché non concedersi i rapporti sessuali che ci piace avere, senza ovviamente usare violenza? Il v. 12 del capitolo 6 riassume bene il pensiero dei Corinti: “Tutto mi è lecito”. Paolo, che aveva pronunciato questa frase e la ripete infatti anche in 10,23, la corregge subito: “Ma non tutto giova”. E in 10, 23 precisa: “Ma non tutto è utile! Ma non tutto edifica”. L’aveva detto un giorno nel suo entusiasmo per la libertà cristiana, la ridice con forza nella lettera ai Galati e ai Romani: chi si lascia guidare dallo Spirito non è più sotto la legge, Cristo ci ha liberati dalla legge (cf Gal 5-6; Rm 6-7), spiegando che lo Spirito Santo conduce a sacrificarsi, a offrire la propria vita, a dare il proprio corpo, ad amare nella carità. La libertà cristiana è per la carità, ma i Corinti hanno interpretato male questo concetto, hanno creduto che si tratti di una libertà da tutto, e vanno corretti.
Quindi c’erano nella comunità dei principi in parte spirituali, in parte antropologici e teologici, che sostenevano la permissività e ne davano le ragioni. Del resto sappiamo che tutte le immoralità vengono giustificate e legittimate in qualche modo.
- Una terza causa sta nel pensarsi padroni di se stessi. Ancora una volta i Corinti si sono appropriati dei doni di Dio: il corpo infatti è dono di Dio, non è mio, così pure la vita. Anche questa causa è a noi contemporanea: il corpo è mio e posso farne ciò che voglio; la vita è mia e posso gestirla come voglio (fino ad arrivare all’eutanasia – legge che in Italia non c’è, ma che lo strapotere di certe corti di tribunale autorizza, bypassando anche in questo caso, come in altri ben noti, il vero diritto …). Rispetto la libertà degli latri, ma nessuno deve dirmi come vivere e come usare il mio corpo.
Sembrano essere queste le tre cause più profonde che emergono dalla lettura della nostra 1 Corinti e dall’analisi della società in cui viviamo.
4. Il giudizio
Dopo aver ricercato le cause, Paolo incomincia col dare un giudizio sulla situazione, un giudizio morale sulla permissività sessuale e sulle deviazioni sessuali: sono contrarie alla legge morale. Un’affermazione che oggi suona così: è contrario alla legge della Chiesa. Martini diceva al proposito che lui spiegava ai giovani che non si tratta tanto di una legge della Chiesa, bensì della legge umana (nel senso nobile del termini, ossia non legge data dagli uomini, ma legge inscritta nel loro cuore …, ndr), antropologica. Non si deve pensare che la Chiesa si sia inventata delle regole in materia sessuale! E’ l’antropologia che richiede il rispetto di sé e degli altri, il buon ordine delle relazioni. Per questo si parla di comportamenti contro la legge morale.
Paolo dunque esprime anzitutto un giudizio morale, entra nel terreno canonico della legge e dice: Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho gia giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione: [4]nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù, [5]questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinchè il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.
L’Apostolo applica una legge medicinale; mette l’incestuoso “fuori” dalla comunità nel desiderio e nella speranza che comprenda il suo errore, lo riconosca e possa tornare.
Tuttavia sa che la sanzione non è sufficiente e aggiunge un giudizio di buon senso, laddove dice: “Tutto mi è lecito! Ma non tutto giova …. Non mi lascerò dominare da nulla. A dire: è meglio per l’uomo essere padrone della propria vita, del proprio corpo piuttosto che farsi asservire dalle passioni. Non si può giocare senza fine con la sessualità altrimenti la si distrugge
Naturalmente neppure questo discorso serve per raggiungere lo scopo che Paolo si prefigge, cioè ricostruire la fede della comunità. Perché l’uomo è debole, fragile, incapace di dominarsi, di migliorare, di mettere ordine nella propria vita, e ha bisogno della salvezza che viene da Cristo. Comincia allora ad offrire un giudizio cristologico: [6]Non è una bella cosa il vostro vanto. Non sapete che un pò di lievito fa fermentare tutta la pasta? [7]Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! [8]Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.
L’immagine del lievito gli permette di aprire una prospettiva teologica. Come per dire che un problema che non ha una soluzione completa ed efficace nella legge e nemmeno in una sana antropologia, trova lo sbocco e rimedio in Cristo salvatore. In lui c’è la vera comprensione del corpo e della sessualità
5. La ricostruzione e i rimedi
Cerchiamo di mettere in rilievo le parole chiave, la struttura e il dinamismo del testo.
- Paolo inizia sottolineando un principio molto generale: “Tutto mi è lecito, ma non tutto giova; tutto mi è lecito, ma non mi lascerò dominare da nulla”. Questo vale per ogni passione umana, per ogni inclinazione dell’uomo. E abbiamo già ricordato come lo slogan sembra antropologico, cioè legato alla struttura dell’uomo. Di fatto S. Paolo lo intende a partire da Cristo e afferma – superando la problematica del lecito e del non-lecito, ossia della legge - : mi giova, mi conviene ciò che si accorda con la mia vita nuova di cristiano, vita nello Spirito (vita cioè conforme a ciò che lo Spirito opera in me); non mi conviene ciò che non si accorda. Questa diciamo che è la teologia morale di Paolo, la sua etica, il suo modo di considerare ogni problema dell’uomo.
- Passa quindi a parlare della sessualità enunciando un principio opposto rispetto a ciò che probabilmente pensava un libertino di Corinto. Dice: “I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi”. Alcuni sostenevano che c’è un’affinità naturale tra il corpo e la vita sessuale, come appunto tra il ventre e i cibi. Si tratta evidentemente di un principio errato, anzi assurdo perché riduce la vita sessuale a un esercizio fisico. La risposta di Paolo è durissima, tagliente: “Ma Dio distruggerà questo e quelli”. Perché si sono delle realtà sottoposte al giudizio di Dio e, pur se legate al tempo presente e transitorio, il loro significato va visto alla luce dell’eternità. Una di esse è il corpo, con la sua sessualità.
- Continuando la riflessione, al v. 13c S. Paolo entra del discorso propriamente teologico, offrendo un principio concreti, dando almeno 6 ragioni per capire il mistero del corpo.
1. La prima, davvero magnifica, è quella della reciprocità. Si tratta di un mistero molto profondo: “Il corpo – dice – non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo”. Così dicendo, Paolo colloca il discorso sul corpo in un quadro totalmente diverso da quello dell’antropologia e della legge cui sopra facevamo riferimento, per fondare così l’antropologia cristiana del corpo. La reciprocità a cui fa riferimento S. Paolo è un mistero capace di allargare tutte le prospettive e di costituire una formidabile liberazione per la sessualità.
2. La seconda ragiona teologica per capire il mistero del corpo è quella della risurrezione. Essendo del Signore, il corpo è per la risurrezione: “Dio che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza” (v. 14). Dunque anche le attività sessuali si definiscono per la loro destinazione alla risurrezione.
3. Segue la terza ragione per capire il mistero del corpo, ed è di natura cristologica ed ecclesiologica: “Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?” (v. 15). La spiegazione concreta che poi Paolo dà risulta particolarmente cruda: “Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con essa un solo corpo? I due saranno, è detto, un corpo solo (v. 15b-16). Egli applica a ogni cristiano l’intuizione fondamentale che la Chiesa è corpo di Cristo, e poi si serve dell’immagine della prostituta per affermare che chi si unisce al Signore è con lui una cosa sola: “Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito” (v. 17). Ci si aspetterebbe: “forma con lui un solo corpo”, invece Paolo dice: “forma con lui un solo spirito”. Forse Paolo usa il vocabolo “spirito” per evitare di mettere esattamente sullo stesso piano la prostituzione e l’adesione a Cristo. Questo “unirsi a Cristo” avviene in modo eminente tutte le volte in cui assumiamo l’Eucaristia: Cristo entra in me ed io entro in lui, formando con lui un solo corpo. Lo dice il Signore del Vangelo di Giovanni: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui”. Possiamo addirittura dire che questa “unione” è più profonda di quella che si realizza quando uno sposo si unisce alla sua sposa. Forse anche per questo Paolo usa la parola “spirito” in questo caso, per indicare l’eccellenza di questa unione, la sua profondità, che senza disprezzare la carne, tuttavia la trascende, anzi diventa il principio della spiritualizzazione della stessa carne, ossia il principio della nostra risurrezione e della trasformazione che alla parusia, alla resurrezione dei morti …
4. La quarta ragione per capire il mistero del corpo, la troviamo al v. 18 del brano che è stato letto. Dice Paolo. “Fuggite la fornicazione”. Si tratta qui di una ragione di tipo antropologico. Dice, infatti: “Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo”. E’ senz’altro vero che ci sono altri peccati contro il proprio corpo: pensiamo, per esempio, al vizio della droga, o al vizio del bere etc., ma il libertino pecca contro il proprio corpo più di quanto non faccia chi commette un altro peccato: l’impurità, infatti, è una contraddizione col destino del corpo del cristiano, membro di Cristo.
5. La quinta ragione per capire il mistero del corpo è di natura pneumatica, ossia spirituale. Paolo riprende l’affermazione del cap. 3, 16, che abbiamo meditato la prima sera: “Voi siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi” in riferimento alla Chiesa, e la traspone al singolo cristiano, dicendo: “ O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo c?”e è in voi e che avete da Dio”. Con ciò Paolo ci dice che il cristiano è sacro, è consacrato, è come il tempio di Gerusalemme nel quale ci deve essere ordine, trasparenza, gioia, lode. A questo siamo destinati.
6. E c’è infine una ragione trinitaria. Paolo dice: “Non appartenete a voi stessi, siete stati comprati a caro prezzo” (v. 19b-20a). Apparteniamo a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, siamo stati redenti da sangue di Cristo dono del Padre e nella potenza dello Spirito.
Allora comprendiamo l’esortazione conclusiva: “Glorificate dunque Dio nel vostro corpo” (v. 20b). Nella lettera ai Romani, Paolo insegna che cosa vuol dire glorificare Dio nel corpo, laddove scrive: “Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: è questo il vostro culto spirituale” (12,1).
Il corpo non è un’entità solo fisica; è la persona nella sua pienezza armoniosa, la persona riscattata da Cristo, la persona tempio dello Spirito, destinata alla risurrezione. Il corpo fisico è il luogo dove tutto ciò si avvera. E’ questa la visione che Paolo vuole mostrare ai Corinzi per elevare il tono dei loro ragionamenti e allargare gli orizzonti del problema della sessualità.
6. Tra gli innumerevoli messaggi che possiamo trarre dal testo che abbiamo visto insieme, ne possiamo enucleare qualcuno.
a. Innanzi tutto il principio di reciprocità, in particolare il secondo elemento: il Signore è per il corpo. Chi mai avrebbe osato non solo dirlo, ma anche solo pensarlo? Il Signore, il Kyrios è per il corpo. Questa è la sintesi del mistero della redenzione che ci accingiamo a celebrare e ad adorare nel suo iniziare proprio a Natale: il Signore ha preso un corpo per noi; ha sofferto nel suo corpo per noi; ha dato il suo corpo per il nostro; si è donato a noi come uno sposo.
b. Allora il mio corpo è per il Signore e la gioia più vera è di consacrare il nostro corpo a lui. Ciò non riguarda evidentemente solo chi si è consacrato al Signore nella verginità o nel celibato. Riguarda tutti. L’ordine della castità è per tutti. Anche gli sposi che si uniscono intimamente, sessualmente sono chiamati alla castità. Per i consacrati la castità sarà la continenza per il Regno, cioè la rinuncia all’esercizio della genitalità. Per gli sposi consisterà in quella unione casta e feconda di cui parla la liturgia nuziale, dove l’unione sessuale è casta quando è vissuta in modo umano, senza ricorso alla contraccezione, attraverso il ricorso alla regolazione naturale della fertilità. L’ordine della castità non è affatto un peso, bensì un grande valore, che rivela l’appartenenza del mio corpo a Cristo, così come a Cristo appartiene il corpo della mia sposa o del mio sposo. Paolo sembra dire ai Corinti: sperimentate questa gioia, gustate la bellezza di offrire il vostro corpo al Signore. Detto in altri termini: la vita sessuale non è esclusa ovviamente, e Paolo ne parlerà al capitolo 16 trattando del matrimonio; tuttavia va vissuta come conviene, per il Signore, in modo da affermare nell’alterità dei corpi la nostra appartenenza all’Altro, a Dio.
c. Terzo messaggio. Il corpo è un simbolo, è un linguaggio, rimanda ad altro, dice la principale relazione della creatura umana: quella con il Creatore. Perciò è il luogo atto a significare una sana alterità, una buona e fedele relazione che sia riflesso del fondamentale rapporto dell’uomo con Dio. Bisogna trattare il proprio corpo in modo che esprima sempre la verità del suo rapporto col Signore e cogli altri. Da qui deriva la dottrina sul matrimonio e la sessualità, che è un argomento attualissimo, come abbiamo visto nel doppio sinodo sulla famiglia e come vediamo nell’esortazione apostolica sul matrimonio e la famiglia di papa Francesco Amoris laetitia.
MEDITATIO (e spunti di riflessione per la preghiera personale
• Siamo inviati a pregare a lungo su questi temi così presenti nella nostra società e a contemplare nel mistero di Dio la nostra esistenza.
• Una prima esclamazione orante riguarda il principio di reciprocità: Signore, tu mi appartieni! Tu sei mio e io ti possiedo! E’ un sentiero lungo si cui snodare la nostra preghiera contemplativa davanti all’Eucaristia. Un sentiero che ci aiuta a donarci in letizia a Colui per il quale siamo fatti, a vivere la consacrazione del nostro corpo al Signore con una gioia ogni giorno nuova e più profonda.
• Un secondo sentiero può essere quello di pregare così: Signore, metti l’ordine nella sessualità della mia vita affettiva; nella mia corporeità che è pure intessuta di relazioni, di salute, di uso del tempo. Dammi la grazia di proclamare nella vita del mio corpo che tu mi appartieni e che io ti appartengo! Che io possa davvero mostrare questa reciprocità e stupenda appartenenza nel modo di rapportarmi con il mangiare e il bere, col sonno e colle comodità di cui mi servo, con le letture e le parole, con le malattie e con la buona salute, con le ore che dedico alla televisione e ai social network
• Così entriamo nella contemplazione della risurrezione: Signore Gesù, il tuo corpo glorioso che guardo nella fede è il mio destino. Tu mi sveli ciò che io sono chiamato ad essere mi aiuti a pensare alla mia morte come all’incontro definitivo con te. Il corpo, infatti, ha attinenza con la morte che è uno dei problemi primordiali dell’uomo e può essere risolto solo nella visione del Cristo crocifisso e risorto. Invochiamo Maria affinché venga in nostro soccorso “adesso e nell’ora della nostra morte. Amen”