Omelia del parroco per la festa di San Luigi Gonzaga
San Luigi
Castiglione 21 giugno 2016
1. Tu sei, Signore, la mia parte di eredità.
Queste parole, tratte dal salmo 15, che abbiamo pregato poc’anzi, ci restituiscono il centro della figura di San Luigi, anzi rappresentano una sorta di contrappunto dentro la trama della vita di questo giovane nobile: l’abbandono della eredità paterna – la potente famiglia Gonzaga – per una eredità che “non si corrompe, non si macchia e non marcisce”, come dice la prima lettera di Pietro, che non consiste in titoli e in beni, ma “nel Signore”, che la Scrittura chiama “l’unico bene”. In questo contrappunto è racchiuso tutto San Luigi.
La sua biografia non è certo lunga. Luigi – primogenito del marchese Ferrante di Mantova – nasce a Castiglione delle Stiviere il 9 marzo 1568. Cresce ragazzo intelligente e vivace, spesso anche focoso. Il padre lo sogna suo erede. Come dettava il protocollo in uso a quel tempo, frequenta le corti: così lo troviamo a Firenze, Mantova e Madrid. La madre, Marta Tana di Santena, esercita su di lui un influenza positiva. A 12 anni rifiuta il mondo futile e corrotto che lo circonda. Sentendosi sempre più inclinato alla vita religiosa, si confida con la madre; il padre Ferrante invece gli si oppone con fermezza. Luigi però non si scoraggia. Rinuncia a favore del fratello Rodolfo ai diritti della primogenitura e, vinte le resistenze paterne, entra nel noviziato dei gesuiti a Roma. Suo direttore è San Roberto Bellarmino, cardinale e grande uomo di Chiesa. Conclude gli studi filosofici già iniziati brillantemente in Spagna e comincia il corso di teologia. Sta per terminare il quarto anno, quando la città di Roma viene colpita da una gravissima epidemia di peste, che in un anno conduce alla morte circa 10.000 persone, fra cui quattro Papi. Anche se di costituzione gracile, Luigi si offre come volontario. Probabilmente non contrae il morbo, ma il suo organismo non regge a tanti sforzi. Nell’ultima lettera che scrive alla sua mamma – undici giorni prima di morire – definisce la sua morte come un evento gioioso, perciò la esorta a non piangerlo come morto, ma pensarlo vivente al cospetto di Dio. Si spegne il 21 giugno 1591 – 425 anni fa – ad appena 23 anni.
2. Che cosa è centrale – ci chiediamo – nella vita di San Luigi? La risposta è la fede: una fede vittoriosa sul mondo. Lo abbiam sentito nella prima lettura: “Chi è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede”. I vocaboli sono quelli della lotta. Vale per tutti, ma San Luigi ha una parola speciale per voi ragazzi e giovani. La fede cristiana – lo dobbiamo dire senza paura – possiede una dimensione “agonistica”. La lotta è contro il mondo, dove il vocabolo “mondo” qui esprime tutto ciò che è in antagonismo a Dio. «La vita in Dio – ha detto papa Francesco in un’omelia del 30 ottobre 2014 – si deve difendere, si deve lottare per portarla avanti». E il primo mondo lo troviamo dentro di noi. I giovani sono spesso tentati di assecondare le loro voglie, rese sempre più invasive dalla rinuncia a cimentarsi con grandi ideali che implicano rinunce, reclamano dei “no” che devono essere detti a proposte allettanti, ma ingannevoli. Allora questa lotta assume la fisionomia del “discernimento”, ossia della riflessione pacata e prolungata, con l’aiuto di educatori sapienti, che possano aiutare a distinguere il bene dal male, ciò che buono da ciò che è nocivo. Nella vita di San Luigi vediamo che educatori sapienti sono stati la madre – per esempio – il card. Bellarmino ed altri.
Il discernimento di San Luigi conosce due momenti tipici: la scelta di abbandonare la vita brillante a cui era indirizzato per donarsi tutto al Signore nella consacrazione religiosa, e la scelta di andare a servire gli appestati. San Giovanni Paolo II, venticinque anni fa a Castiglione delle Stiviere, diceva: “il contenuto essenziale e decisivo della pastorale giovanile è educare i giovani alla fede (…) sicché la fede diventi per i giovani il criterio di giudizio e di valutazione dei fatti, degli uomini, delle cose e nello stesso tempo la risorsa per un’esistenza spesa nella logica del dono e del servizio”.
Ma c’è un “ma”. Questa lotta, questo discernimento sono frutto solamente di una riflessione che sceglie un “bene superiore” oppure c’è anche altro? La domanda è un po’ retorica. E la risposta è: c’è dell’altro. E questo “altro” è l’amore: la scelta dunque non è quella fra un bene di ordine superiore di carattere filosofico e uno inferiore. C’è di mezzo l’Amore. In uno degli appunti di San Luigi si legge: “Il Dio che mi chiama è Amore - si legge in uno dei suoi appunti -, come posso arginare questo amore, quando per farlo sarebbe troppo piccolo il mondo intero?”. Alla fine la lotta, il discernimento consiste nell’abbandonarsi a questo grande Amore, che è Cristo. Lo sentiamo vibrare questo grande Amore, per esempio, nelle parole del grande convertito S. Agostino: Ammonito da quegli scritti a tornare in me stesso, entrai nell'intimo del mio cuore sotto la tua guida; e lo potei, perché divenisti il mio soccorritore. Vi entrai e scorsi con l'occhio della mia anima, per quanto torbido fosse, sopra l'occhio medesimo della mia anima, sopra la mia intelligenza, una luce immutabile. Non questa luce comune, visibile a ogni carne, né della stessa specie ma di potenza superiore, quale sarebbe la luce comune se splendesse molto, molto più splendida e penetrasse con la sua grandezza l'universo. Non così era quella, ma cosa diversa, molto diversa da tutte le luci di questa terra. Neppure sovrastava la mia intelligenza al modo che l'olio sovrasta l'acqua, e il cielo la terra, bensì era più in alto di me, poiché fu lei a crearmi, e io più in basso, poiché fui da lei creato. Chi conosce la verità, la conosce, e chi la conosce, conosce l'eternità. La carità la conosce. O eterna verità e vera carità e cara eternità, tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Quando ti conobbi la prima volta, mi sollevasti verso di te per farmi vedere come vi fosse qualcosa da vedere, mentre io non potevo ancora vedere: respingesti il mio sguardo malfermo col tuo raggio folgorante e io tutto tremai d'amore e terrore. Mi scoprii lontano da te in una regione dissimile, ove mi pareva di udire la tua voce dall'alto: "Io sono il nutrimento dei forti. Cresci, e mi mangerai, senza per questo trasformarmi in te, come il nutrimento della tua carne; ma tu ti trasformerai in me". (…). Queste parole udii con l'udito del cuore. Ora non avevo più motivo di dubitare. Mi sarebbe stato più facile dubitare della mia esistenza, che dell'esistenza della verità, la quale si scorge comprendendola attraverso il creato (7, 10, 16).
3. Questo Amore incontrato si esprime nella vita poi in tanti modi. Questa sera però vorrei indicarvene due, cari ragazzi e giovani.
Il primo è la purezza, la castità. S. Luigi è sempre stato associato alla virtù della purezza. Essa implica un’autentica educazione all’amore. Papa Francesco, parlando ai giovani a Torino si è espresso così: “L’amore è nelle opere, nel comunicare, ma l’amore è molto rispettoso delle persone, non usa le persone e cioè l’amore è casto. E a voi giovani in questo mondo, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto ha pubblicità il piacere, passarsela bene, fare la bella vita, io vi dico: siate casti, siate casti.» «Tutti noi nella vita siamo passati per momenti in cui questa virtù è molto difficile, ma è proprio la via di un amore genuino, di un amore che sa dare la vita, che non cerca di usare l’altro per il proprio piacere. E’ un amore che considera sacra la vita dell’altra persona: io ti rispetto, io non voglio usarti, io non voglio usarti. Non è facile. Tutti sappiamo le difficoltà per superare questa concezione “facilista” ed edonista dell’amore. Perdonatemi se dico una cosa che voi non vi aspettavate, ma vi chiedo: fate lo sforzo di vivere l’amore castamente.»
Il secondo modo di esprimere l’Amore incontrato è il servizio. San Giovanni Paolo II, celebrando San Luigi venticinque anni fa, diceva ai giovani lombardi: “Solo una grande carica di spiritualità può generare e alimentare un’altrettanta carica di dedizione generosa e disinteressata dei giovani verso le molteplici e gravi necessità o povertà materiali e spirituali del nostro mondo”. Nell’omelia mattutina del 10 maggio di quest’anno papa Francesco ha esclamato: “Io vorrei dire ai ragazzi e alle ragazze di oggi che non si sentono a proprio agio – ‘ma, non sono tanto felice con questa cultura del consumismo, del narcisismo…’: ‘Ma guardate l’orizzonte! Guardate là, guardate a questi nostri missionari!’. Pregare lo Spirito Santo che vi costringa a andare lontano, a ‘bruciare’ la vita. E’ una parola un po’ dura, ma la vita vale la pena viverla. Ma per viverla bene, ‘bruciarla’ nel servizio, nell’annunzio, e andare avanti. E questa è la gioia dell’annuncio del Vangelo”.
Ai ragazzi e ai giovani della mia parrocchia io domando questa lotta, questo discernimento, questa fatica. A loro propongo in questa festa di San Luigi 2016 la castità e il servizio. Ai genitori, ai catechisti, agli educatori domando di aiutarli a lottare, a discernere e a rompere alla fine gli ormeggi per avventurarsi in un’esistenza cristiana sapida, bella e luminosa. Io penso così la vita dei miei ragazzi: bella e luminosa!
Ora celebriamo l’Eucaristia: il dono di Gesù, della sua vita, che si apre ad accogliere il nostro povero dono affinché unito al suo continui nel mondo la sua presenza e la sua carità. A san Luigi chiediamo di pregare per noi e per le nostre intenzioni.