La ricaduta sociale della misericordia

  • 09/04/2016
  • Don Gabriele

Cari parrocchiani,

come avete potuto leggere sul Chronicon da poco distribuito nelle vostre case e sulle locandine, nel mese di aprile e di maggio si è pensato di dar vita ad un percorso di serate, che dovrebbe aiutarci a prendere coscienza della “ricaduta” sociale della misericordia. Come ho avuto modo di dire già più di una volta, il cristianesimo è una religione “storica”, nel senso che si incarna nella storia e tende a trasformarla. All’inizio del cristianesimo – come ha scritto papa Benedetto, più volte citato da papa Francesco – “non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (enciclica Deus charitas est). E l’incontro con Cristo genera un dinamismo di carità destinato ad investire anche il vivere sociale, trasformandolo: caritas Christi urget nos (l’amore di Cristo ci sprona), dice San Paolo (2 Cor. 5,14). Del resto basta guardare con occhi liberi da pregiudizi ed ideologie per rendersi conto come il Vangelo della misericordia abbia creato una rete fittissima di opere sociali laddove è giunto. Nel recente libro-intervista “Il nome di Dio è Misericordia”, rispondendo alla domanda del giornalista, che gli domandava se la misericordia ha anche una valenza pubblica e quale riverbero può avere nella vita sociale, papa Francesco ha esclamato: “Eh sì. Ce l’ha. Pensiamo al Piemonte della fine dell’Ottocento, alle Case della misericordia, ai santi della misericordia, al Cottolengo, a don Bosco … Il Cottolengo con gli ammalati, don Cafasso che andava alla forca ad accompagnare i condannati. Pensiamo a che cosa significano oggi le opere iniziate dalla beata Madre Teresa di Calcutta, qualcosa che va contro tutti i calcoli umani: dare la vita per aiutare anziani e ammalati, aiutare i più poveri tra i poveri a morire degnamente in un letto pulito. Questo viene da Dio. (…). La misericordia e il perdono sono importanti anche nei rapporti sociali e nelle relazioni fra gli Stati. San Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2002, all’indomani degli attacchi terroristici negli Stati Uniti, aveva affermato che non c’è giustizia senza perdono, e che la capacità di perdono sta alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale”. Vi aspetto perciò a questi incontri di riflessione e di formazione (vera catechesi per adulti e giovani) che inizieranno il 18 aprile, proseguiranno il 27 aprile, il 4 maggio, il 16 maggio e il 25 maggio, secondo il programma evidenziato sul Chronicon e sulle locandine.

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