Omelia tenuta a braccio dal Parroco nella Messa di domenica 17.05.2020, VI di Pasqua, festa della Madonna di s. Bernardino,
Omelia tenuta a braccio dal parroco nella Messa di domenica 17 maggio, VI di Pasqua,
festa della Madonna di San Bernardino
1. Il Vangelo: guarigione che provoca gioia
Cari fratelli e sorelle, tre pensieri che si sintetizzano intorno a tre parole.
La prima parola è gioia, la seconda parola è speranza, la terza parola è consolazione.
La prima parola “gioia”.
Abbiano ascoltato nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli: “In quel giorno Filippo sceso in una città della Samaria predicava loro il Cristo e le folle unanimi prestavano attenzione alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i segni che gli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri emettendo altre grida e molti paralitici e storpi furono guariti e vi fu grande gioia in quella città”. Che cosa succede? Succede che attraverso la predicazione del diacono Filippo il Vangelo diventa forza di guarigione: abbiamo sentito infatti che c'è la predicazione di Cristo a cui segue la liberazione degli ossessi e la guarigione di tanti ammalati. Il Vangelo come forza di guarigione, tant'è vero che avendo il Vangelo sprigionato quella forza di guarigione, dice il testo, “Vi fu grande gioia in quella città”. Ecco, forse noi abbiamo dimenticato un po’ questa dimensione. Il Vangelo non è la comunicazione di concetti, non è solamente la comunicazione di un impostazione mentale; il Vangelo è guarigione, il Vangelo produce una guarigione interiore che diventa poi gioia.
Come abbiamo fatto ormai diverse volte dal 21 febbraio, vediamo che la parola di Dio si adatta perfettamente anche alle nostre situazioni, anche noi abbiamo bisogno di guarigione, la nostra comunità ha bisogno di guarigione, le nostre ferite, le nostre famiglie provate hanno bisogno di guarigione. Il Vangelo rimane un’offerta di guarigione. Abbiamo tante piaghe interiori; non ce ne siamo ancora accorti a sufficienza ma quando il vivere sociale si svilupperà un po’ di più ci renderemo conto di quante piaghe ci sono. Ebbene noi credenti abbiamo la consapevolezza che il Vangelo, la parola del Vangelo, l'annuncio del Vangelo porta in sé una capacità di guarigione. Sono parole che guariscono, sono parole che risanano. Non possiamo cadere nell'errore di pensare che le ferite che ci sono state inferte da quello che è successo in questi mesi possano guarire da sole: abbiamo bisogno di qualcosa che le guarisca e il Vangelo, la parola di Gesù, quello che Gesù ci dice, i segni santi che sono i Sacramenti (fra un po’ potremo riprendere a confessarci e a ricevere l'Eucarestia), tutto ciò realizza questa guarigione, e ne abbiamo davvero bisogno. Abbiamo bisogno di essere guariti e abbiamo la fonte della guarigione: una parola che risana nella misura in cui il Vangelo viene ruminato, nella misura in cui la parola di Gesù viene custodita nel cuore. Questa parola risana: ne abbiamo fatto l'esperienza in queste settimane; non ci sono solo le ferite, ma c'è una parola che può guarire queste ferite. Io mi chiedo e chiedo a me come vostro parroco chiedo agli altri sacerdoti e chiedo a voi: come possiamo far sì che il Vangelo sprigioni per le nostre famiglie per la nostra comunità la sua forza di guarigione? Come possiamo fare? Lo chiedo a voi; anzi chiedo proprio il vostro aiuto; ho già chiesto al Consiglio Pastorale delle riflessioni: alcune sono arrivate alcune le aspetto ancora, ma chiedo a tutti quelli che mi stanno ascoltando in questo momento: “Come possiamo fare affinché il Vangelo, che ha dentro questa forza di guarigione, raggiunga le ferite dalla nostra comunità e le risani? Come possiamo fare? Aspetto qualche indirizzo in questo senso, aspetto qualche luce da voi. Infatti lo Spirito Santo ce l'abbiamo tutti.
2. Una speranza di cui rendere ragione con dolcezza e rispetto
Seconda parola “speranza”.
Apprendiamo dalla seconda lettura, un bellissimo brano tratto dalla prima lettera di san Pietro, queste parole: “Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Che cos'è questa speranza? Ce lo dice sempre san Pietro all'inizio proprio di questa lettera, nel brano che abbiamo detto qualche domenica. Pietro dice che siamo stati “rigenerati mediante la risurrezione di Cristo per una speranza viva”. Ecco che cos'è questa speranza. La speranza non è un sentimento, la speranza è una “rigenerazione” e questa rigenerazione è possibile perché Cristo è risorto. Qui è fondata la speranza; essa non è una chimera; la speranza è fondata in questo fatto certo: Cristo è risorto, allora è possibile sperare. Se Cristo è risorto, ha vinto la morte, è possibile sperare. La speranza presuppone la fede. E allora io chiedo: qual è stata la speranza che ci ha mandato avanti in queste settimane, qual è la speranza che ci manderà avanti nelle prossime settimane? Abbiamo già fatto tante volte la distinzione tra le “piccole speranze” e la “grande speranza”. Le piccole speranze sono quelle che ci capitano tutti i giorni e, grazie a Dio, le abbiamo avute anche in questo tempo: un nostro caro che tornava dall'ospedale, l'esito negativo del tampone, mio marito o mia moglie o i miei figli, i miei congiunti che sono stati capaci di dirmi una parola in un momento di difficoltà che ha riacceso in me qualcosa: sono le “piccole speranze” che dobbiamo cogliere tutti i giorni; abbiamo qualche piccola speranza che ci dà l'occasione di andare avanti, guai a non cogliere le piccole speranze; il fatto stesso di essere qui a celebrare l'Eucaristia è più che una piccola speranza, festeggiare don Gino che celebra il suo cinquantesimo anche questa è una speranza. Ma poi c'è la grande speranza senza la quale queste piccole speranze rischiano di sbiadire nel giro di poco tempo: sono importanti ma sono piccole. C'è una grande speranza, che fonda tutto il resto, e questa grande speranza è che Cristo è risorto; è una speranza rigenerativa, qualcosa che ci rigenera dall'interno. E’ molto bello e ho pensato molto su questa cosa: la speranza è proprio questa, la quintessenza della speranza è una rigenerazione interiore, cioè un riprendere vita interiormente; non è una chimera, è qualcosa che ci viene dato oggettivamente dalla fede. Inoltre, dice San Pietro, dobbiamo “rendere ragione della speranza che è in noi”. Non solo avere la speranza, ma anche rendere ragione, cioè aiutare gli altri a capire perché a noi speriamo, aiutare gli altri a capire che siamo stati rigenerati dalla fede in Cristo; diventare “seminatori di speranza” nel nostro piccolo. Quanta speranza abbiamo bisogno! I nostri giorni hanno bisogno di speranza e noi cristiani come possiamo fare a seminare questa speranza? Nella lettera di Pietro è detto che tutto sia fatto però con “dolcezza e con rispetto”. Le modalità con cui si annuncia la speranza sono la dolcezza e il rispetto; non possiamo entrare con i carrarmati nella vita della gente, soprattutto di chi ha sofferto molto, ma un sorriso, una parola, una telefonata … una volta si poteva … una carezza, oggi non si può, fra un po’ si potrà ancora …. con dolcezza e con rispetto.
3. La consolazione
L’ultima parola: “consolazione”.
Abbiamo sentito che Gesù parla del Paraclito, sapete che Paraclito significa “consolatore”. Gesù dice: “Non vi lascerò orfani, vi lascio il Paraclito. E’ lo Spirito che ci è stato dato, lo Spirito che dentro di noi continua a lavorare. Il cardinale Martini aveva un'espressione meravigliosa, diceva: “Lo Spirito Santo lavora prima di noi, più di noi, e meglio di noi”. Questo Spirito ci è stato dato; questo Spirito dentro di noi provoca la consolazione, sì perché abbiamo bisogno anche di essere consolati. Questo Spirito dentro di noi, anche se non ce ne accorgiamo, continua a lavorare. Abbiamo fatto l’esperienza in questi mesi, tanti di noi hanno fatto l'esperienza: quando erano lì per cedere, di fronte a un dolore, alla prova, ad un lutto, c'era una parola interiore non detta ma sentita dentro che diceva: “Non cedere, vai avanti”. Quando si era tentati di disperare, c'era qualcosa dentro di noi che diceva: “No, non è così, tornerà il sole”. Lo Spirito ci è stato dato dal giorno del battesimo, è dentro di noi, ci consola perché abbiamo bisogno di essere consolati. Nello stesso tempo questo Spirito che ci consola chiede a noi di diventare a nostra volta dei consolatori. Non è facile consolare, però è necessario farlo, è necessario fare questa “pastorale della consolazione”. Forse anche su questo la nostra parrocchia ha bisogno di lavorare un po’ e di riflettere: come può la nostra comunità parrocchiale diventare una comunità che è capace di consolare? La consolazione non è il pietismo, e anche qui ci vuole molto tatto per essere capaci di consolare; come possiamo consolare i nostri fratelli? Anche qui abbiamo bisogno di riflettere sappiamo che è possibile.
Ecco, cari fratelli e sorelle, questi tre pensieri che apprendiamo dalla Sacra Scrittura: la gioia che nasce dalla guarigione interiore (e il vangelo ci può provocare questa guarigione interiore), la speranza, che è rigenerazione, e la consolazione: lo Spirito ci consola perché a nostra volta possiamo consolare gli altri.
4. La Madonna della consolazione
Invochiamo l'intercessione di Maria. Anche lei ha fatto l'esperienza della gioia e poi del dolore e di nuovo della gioia nella risurrezione; anche lei ha dovuto masticare la speranza e la mattina di pasqua lei pure stata rigenerata in questa speranza che non aveva mai perso; lei poi e la Madonna della consolazione. Chi più di lei ci ha consolati in queste settimane? Quante volte siamo andati ai suoi piedi e ne siamo tornati consolati? Perché lei è la madre del bell'Amore e della santa speranza, che non abbandona i suoi figli.
Ci aiuti il Signore, anche in forza dell'Eucarestia che ora celebriamo, nella quale il Figlio di Maria diventa alimento, sostegno, indirizzo, forza e luce ai nostri giorni.