Omelia del parroco durante l'ufficio delle letture nella solennità della Madonna del Carmelo - Carmelo di Lodi
1. L’icona della crocifissione di Cristo, in cui è raffigurata la Madre Maria – che il vangelo di Giovanni ci ha restituito nella vitalità della proclamazione liturgica – resta al centro (come ho avuto modo di dire in altre celebrazioni di questa vigilia) della solennità odierna.
La croce è la redenzione, ossia il fatto inatteso, gratuito e abissale dell’essere stati attratti di nuovo dentro la sfera di Dio, dentro la sua vita, tramite il mistero insondabile di un Dio che “gusta” in se stesso la morte, lui che non può morire. La redenzione – che porta Dio a “gustare” in se stesso la morte – presuppone l’incarnazione, ossia l’essersi fatto uomo di Dio – nato da donna – con tutte le fragilità della natura umana, frutto del peccato cioè della scelta originale e di tutte le altre scelte contro Dio, lui “che non ha commesso alcun peccato”. La croce è la redenzione dal di dentro dell’uomo, che assume tutta la sua vita, la sua storia, i suoi fallimenti. Resta sempre sconvolgente il pensiero di un Dio, che per salvarci ha voluto assumere su di sé tutta la nostra miseria. Non possiamo guardare solo la croce, dobbiamo ripercorre – per quanto ci è possibile – le “ragioni della croce”. La croce – con le sue ragioni – è il fatto che ci accredita in maniera definitiva il nostro Dio come un Dio affidabile. Ha gustato in se stesso la morte: lo sa che cosa si prova.
2. Sotto la croce sta la Madre. Il suo “stare” significa l’epilogo del suo itinerario di fede. Maria sta lì, non sta altrove. E possiamo immaginare che cosa le costava stare lì. Il Vangelo dell’infanzia ci dice in qualche passaggio che “Maria non capiva”; qualche domenica fa abbiamo addirittura sentito nel vangelo che la madre e i parenti di Gesù sono andati a prenderlo perché lo consideravano “fuori di sé”. Senza indulgere neppure per un momento al pensiero – che non appartiene alla fede cattolica – che Maria non sia stata colmata di tutti i doni dello Spirito fin dal suo immacolato concepimento, questi passaggi del vangelo su Maria ci aiutano a considerare come anche lei ha dovuto camminare nella fede. Non credo che si possa pensare che in Maria ci sia stato il dubbio, come a volte capita a noi: il suo affidamento a Dio è stato totale. E’ invece legittimo pensare che anche in lei ci sia stata la prova. Quando pensiamo alle tentazioni di Gesù nel deserto o a quella definitiva nel Getsemani sappiamo che esse erano dirette a far vacillare la volontà umana del Figlio di Dio. Non ci è difficile pensare, perciò, che anche Maria sia stata messa alla prova, sia stata torchiata dalla prova, come è stato torchiato Gesù. Anche Maria ha dovuto far sua ogni giorno la scelta di Dio e per Dio. Anche Maria, in modo subordinato certamente a Dio, è perciò affidabile. Anche lei sa che cosa significa condividere con la creatura decaduta. E per questo la sua maternità non è algida, ma tenera e sensibile: proprio come quella di una che ha sperimentato le conseguenze della caduta, senza essere caduta. In Maria non c’è l’ambigua accondiscendenza di chi ha peccato, ma la compassione di chi patisce ciò di cui non ha alcuna colpa.
3. In Maria che sta sotto la croce noi scorgiamo anche lo stare della Chiesa. Il luogo in cui permanentemente la Chiesa sta è la croce. Non per niente la Chiesa è edificata dell’Eucaristia, che della croce è il sacramento. E anche la Chiesa – santa ma formata da peccatori – conosce come Maria la scienza della croce. Quando i suoi figli e le sue figlie cercano altrove le proprie radici e il pensiero mondano penetra nelle menti, la Chiesa gemendo si trascina nuovamente sul calvario e nei suoi figli migliori – i martiri – confessa la sua fedeltà a Cristo crocifisso.
4. Anche il Carmelo sta presso la croce per cogliere non solo ciò che Cristo dice a Maria: “Ecco tuo Figlio”, ma anche ciò che le parole non hanno espresso eppure è stato detto. In questo silenzio, che è il Carmelo, il colloquio tra il cuore di Cristo e quello della Madre può essere ascoltato. Questa “ascoltazione” – direbbe il beato Paolo VI – dà corpo a ciò che dichiara la Dei Verbum del Concilio Vaticano II, ossia che la rivelazione “progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali …” (n. 8.).
Per questo ai contemplativi viene chiesto – e noi non ci stanchiamo di domandarlo alle nostre sorelle Carmelitane – di non interrompere mai questo colloquio, che rende abituale ciò che diceva Santa Teresa Benedetta della Croce: “Attraverso la potenza della Croce puoi essere presente su tutti i luoghi del dolore, dovunque ti porta la tua compassionevole carità, quella carità che attingi dal Cuore divino e che ti rende capace di spargere ovunque il suo preziosissimo sangue per lenire, salvare, redimere”.
5. In questa fecondità della croce è già nascosta la potenza della risurrezione, perché la croce non è stato un incidente di percorso e Maria non è stata sotto la croce come si sta dinanzi ad una disgrazia. L’amore, infatti, è più forte della morte e la ragioni della croce sono la premessa della risurrezione gloriosa di Cristo, come sono la premessa della gloria di Maria, ora, in cielo, da cui continua la sua maternità per tutti i figli e le figlie della Chiesa.
Mi piace molto ciò che scrive S. Teresa di Gesù, laddove afferma che appena dopo la risurrezione Gesù – apparso a sua Madre – “stette con lei molto tempo, essendo ciò necessario per consolarla” (Relazioni, 15). E’ come se il Signore e Maria avessero ripreso il dialogo del calvario, ma per considerare l’efficacia di quell’amore offerto e accolto.
Così anche noi questa sera, dinanzi a Gesù, consideriamo la grazia della fede, che, come attraverso una porta, ci introduce nel mistero dove, con Maria, contempliamo – grazie allo Spirito Santo – ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entro in cuore di uomo ma che Dio ha preparato a coloro che lo amano.