Noi e l’islam – parte seconda
Noi e l’islam – parte seconda
Cari parrocchiani,
come anticipato la settimana scorsa, rispondiamo – sempre aiutati dal discorso tenuto dal Card. Martini nel 1990 – alla prima delle quattro domande che ci siamo posti: Che cosa pensare dell’islam in quanto cristiani? Che cosa significa esso per un cristiano dal punto di vista della storia della salvezza e dell’adempimento del disegno divino nel mondo? Perché Dio ha permesso che l’islam, unica tra le grandi religioni storiche, sorgesse sei secoli dopo l’evento cristiano, tanto che alcuni tra i primi testimoni lo ritennero un’eresia cristiana, un ramo staccato dall’unico e identico albero? Che senso può avere nel piano divino il sorgere di una religione in certo modo così vicina al cristianesimo come mai nessun’altra religione storica e insieme così combattiva, così capace di conquista, tanto che alcuni temono che essa possa, con la forza della sua testimonianza, fare molti proseliti in un’Europa infiacchita e senza valori? A questa domanda così complessa non è facile dare una risposta semplice. Si tratta di una fede che, avendo grandi valori religiosi e morali, ha certamente aiutato centinaia di milioni di uomini a rendere culto a Dio e, insieme, a praticare la giustizia. In un mondo occidentale che perde il senso dei valori assoluti e non riesce più in particolare ad agganciarli a un Dio Signore di tutto, la testimonianza del primato di Dio su ogni cosa e della sua esigenza di giustizia ci fa comprendere i valori storici che l’islam ha portato con sé.
La presenza fra noi dei seguaci di questa religione ci stimola da un parte a ritrovare noi pure il primato di Dio in tutto e dall’altra ci consente di ricordare a loro che il ricorso al fondamentalismo e alla violenza non solo non rendono culto a Dio, ma rappresentano l’aberrante degenerazione di ogni autentico credo religioso.