Omelia del Parroco nella Messa del Mercoledì delle Ceneri

  • 17/02/2021
  • Don Gabriele

Rendimento di grazie

Lo scorso anno, come oggi, non abbiamo potuto trovarci per celebrare l’Eucaristia con cui davamo inizio alla Quaresima. Ricordo la sera del mercoledì delle ceneri, per la prima volta, trasmettemmo in streaming, la celebrazione della S. Messa. Quest’anno, invece, siamo qui: ringraziamo il Signore e prendiamo coscienza di questa grazia, di questo dono. Vorremmo idealmente raccogliere il frutto anche della quaresima dello scorso anno, vissuta soprattutto in chiave domestica: chissà se sarà rimasto qualcosa nel nostri nuclei familiari, oppure se – passata l’emergenza – tutto è tornato come prima. Spesso siamo dimentichevoli e il ritmo incalzante, spesso verso il vuoto, di nostri umani giorni, favorisce il dissolversi della memoria. Almeno noi che siamo qui, cerchiamo di non dimenticare quei giorni di paura e di supplica, nei quali, alzare lo sguardo verso il cielo per farvi penetrare il nostro grido era cosa naturale. Portare le cicatrici, significa ricordare: nessun belletto le copra, perché aggiungeremmo sventura a sventura e il tempo vissuto sarebbe risucchiato nell’oblio, senza averci insegnato nulla.

Le ceneri: la penitenza

Il primo giorno di quaresima è caratterizzato dal rito delle ceneri.

Se guardiamo nella Bibbia leggiamo che cospargersi di ceneri il capo stava a significare soprattutto pentimento: cioè dispiacere per la vita di prima, per qualcosa che nella vita di prima la coscienza o la Parola di Dio ci metteva dinanzi agli occhi come sbagliato, come peccato. Le ceneri sono dunque una sorta di umiliazione volontaria, che ci induce all’umiltà del cuore, alla consapevolezza dei nostri errori e alla necessità di farli emergere per cercare con la grazia di Dio di emendarci. Riceve le ceneri come pentimento, se fatto con animo sincero, ci fa sperimentare ciò che afferma il salmo: “Tu gradisci, o Signore, l’umiltà del cuore”

Le ceneri: la purificazione

Le cenere, se torniamo indietro con la memoria, veniva usata per fare il bucato. L’acqua e la cenere bollivano insieme e i capi si sbiancavano. Sembra una cosa impossibile: un composto scuro, grigio o nero, come la cenere, sbiancava le lenzuola. Se rapportiamo questo fatto al rito di oggi, possiamo sottolineare come il nostro pentimento, espresso dal rito delle ceneri, se è continuo e sincero, può innescare in noi un processo di purificazione, uno “sbiancamento”, se così possiamo esprimerci, della nostra vita. Tuttavia, per restare nella metafora, è necessario portare ad ebollizione l’acqua mischiata alla cenere. E’ dunque necessario il fuoco, che riscaldi l’acqua mischiata alla cenere, affinché possa produrre la pulizia. E il fuoco è la preghiera: non è sufficiente il pentimento, è necessaria anche la preghiera, la relazione cioè con il Signore, affinché non ci si arresti alla pura introspezione: restando, infatti, dinanzi alla Presenza, il pentimento si trasforma nella consapevolezza di essere amati e dall’umiliazione per il male commesso si passa alla confidenza in Colui che rimette il peccato e perdona la colpa e ci fa gustare la dolcezza del perdono.

Le ceneri: la fecondità

La cenere, per finire, è un ottimo fertilizzante. Lo si usa sui filari di vite, negli orti e nelle piantagioni. E’ davvero singolare come questo composto, derivato dalla combustione del legno, derivato cioè dalla distruzione nel fuoco del legno possa contribuire a sprigionare vita nuova. Mi pare che ciò si più che un esplicito riferimento alla fecondità di una vita donata: solo dove ci si dona, consumandosi, come la legna che diventa cenere, si può fecondare. La cenere ci richiama dunque al mistero pasquale: “Se il chicco caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore produce molto frutto”. Solo un’esistenza che accetta di spendersi diventa feconda e genera vita nuova.

Ecco dunque, le ceneri come pentimento, come purificazione nella preghiera, come fecondità di una vita spesa nell’amore per Dio e per i fratelli.

Guardare e baciare le piaghe del Crocifisso

Nella Messa celebrata questa mattina in S. Pietro, il Papa ha detto: “Oggi abbassiamo il capo per ricevere le ceneri. Finita la Quaresima ci abbasseremo ancora di più per lavare i piedi dei fratelli. La Quaresima è una discesa umile dentro di noi e verso gli altri. È capire che la salvezza non è una scalata per la gloria, ma un abbassamento per amore. È farci piccoli. In questo cammino, per non perdere la rotta, mettiamoci davanti alla croce di Gesù: è la cattedra silenziosa di Dio. Guardiamo ogni giorno le sue piaghe, le piaghe che Lui ha portato in Cielo e fa vedere al Padre, tutti i giorni, nella sua preghiera di intercessione. Guardiamo ogni giorno le sue piaghe. In quei fori riconosciamo il nostro vuoto, le nostre mancanze, le ferite del peccato, i colpi che ci hanno fatto male. Eppure proprio lì vediamo che Dio non ci punta il dito contro, ma ci spalanca le mani. Le sue piaghe sono aperte per noi e da quelle piaghe siamo stati guariti (cfr 1 Pt 2,25; Is 53,5). Baciamole e capiremo che proprio lì, nei buchi più dolorosi della vita, Dio ci aspetta con la sua misericordia infinita. Perché lì, dove siamo più vulnerabili, dove ci vergogniamo di più, Lui ci è venuto incontro. E ora che ci è venuto incontro, ci invita a ritornare a Lui, per ritrovare la gioia di essere amati.

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