IL RUOLO INDISPENSABILE DEL PADRE. 1 (continua)

  • 10/10/2020
  • Don Gabriele

IL RUOLO INDISPENSABILE DEL PADRE. 1 (continua)

Cari fratelli e sorelle, offro qualche spunto di riflessione sulla figura del padre, desunto da un conferenza tenuta da padre Giovanni Gucci, gesuita, lodigiano, che è stato già ospite in parrocchia qualche anno fa.

La psicologia dello sviluppo riconosce che il ruolo del padre diventa sempre più importante a partire dai sette anni di vita del bambino, considerato come il tempo del suo ingresso nel mondo. Fino a quell’età la madre rimane il punto di riferimento predominante, anche se in realtà entrambi i genitori restano fondamentali per la differente specificità del loro intervento, per l’aiuto vicendevole che sono chiamati a darsi nelle diverse fasi della vita dei figli. Se si insiste in modo particolare sul padre non è certo per sminuire il ruolo e l’importanza della madre, ma perché il compito della figura educativa paterna è stato gravemente messo in discussione nel corso del secolo XX, fino a teorizzarne la scomparsa. Ciò che non è invece accaduto per la madre, la cui rilevanza non è mai stata contestata.

Il compito del padre 1) Esprimere la norma

Il confronto con la norma diventa per il bambino soprattutto confronto con una figura salda, capace di autorità e quindi di rassicurazione circa le sue paure più profonde, soprattutto quelle di essere abbandonato a se stesso. Egli scopre così anche il suo potere, anzitutto sul proprio comportamento, che può essere modificato e migliorato. La norma, accompagnata dall’affetto, consente così al bambino/a di esprimere il meglio di sé, imparando a padroneggiare la sua aggressività, a indirizzarla verso gli ostacoli e le difficoltà della vita, generando un senso di soddisfazione e di fiducia; questa fiducia, a sua volta, consentirà in seguito di vivere relazioni stabili all’insegna della stima e della donazione di sé. Quando non si fa esperienza della norma, il rischio può essere l’autismo o il narcisismo, l’incapacità strutturale di riconoscere il valore e l’importanza dei limiti, dei confini che stabiliscono l’identità, consentono di far emergere quelle capacità a partire dalle quali è possibile realizzare qualcosa. Senza limiti riconosciuti ed accettati, c’è il rischio di rifugiarsi in una fantasia onnipotente, dove tutto è ugualmente accessibile perché immaginato, «finto», e di sfuggire così alle situazioni reali. Purtroppo per molti adulti il tema del limite, del «no», è rimasto un problema irrisolto, non integrato, su cui nutrono parecchi dubbi che riaffiorano nel momento in cui sono chiamati a svolgere un compito educativo. Da qui il rischio di dimissionare tale compito, trattando il bambino come un mini-adulto; oppure di esercitare un autoritarismo estremo, in cui la violenza arbitraria copre i dubbi e le profonde insicurezze. Acquisire il senso della dipendenza — in altre parole, la sconfitta del narcisismo — aiuta a prendere contatto con la propria verità creaturale e a viverla in pienezza, imparando in questo modo anche ad essere comprensivi verso le fragilità e debolezze altrui, come nel fenomeno sempre più diffuso del bullismo: «Negare qualsiasi dipendenza porta a diventare autoritari, se non addirittura prepotenti. I prepotenti, solitamente, hanno paura di trovare qualcuno più forte di loro e di poter ricevere quello che loro stessi sono abituati a dispensare» A. PHILIPS, I no che aiutano a crescere, Milano, Feltrinelli, 1999, 65).

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