UN ORGANISMO VIVENTE

  • 22/06/2020
  • Don Gabriele

UN ORGANISMO VIVENTE

Cari fratelli e sorelle, domenica sera, nell’omelia della Messa del Corpus Domini, celebrata in oratorio, ricordavo una verità che vale la pena tenere presente. Dicevo, infatti, che la Chiesa è un “organismo vivente”, perché si nutre del Corpo di Cristo, che è il Vivente. Paolo, scrivendo ai Corinzi, ce lo ricorda con espressioni molto efficaci. Dice l’Apostolo: “Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, in solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane”. Essere Corpo di Cristo, poiché nella comunione Eucaristica mangiamo tutti lo spesso pane che è Cristo, fa della comunità un “organismo vivente”. Dire che la comunità ecclesiale è un “organismo vivente” segna una differenza radicale rispetto a tutti gli altri “agglomerati umani”. L’insieme degli abitanti di un paese, per esempio, rappresenta senz’altro una comunità, ma non è un “organismo vivente”: è comunità nel senso che si è “uniti” per il fatto di abitare in uno stesso luogo, di condividere alcuni aspetti del vivere sociale etc.. Lo stesso vale per tutte le altre aggregazioni che definiamo “corpi”. Esiste, per esempio, il Corpo dei Vigili del Fuoco; esso, tuttavia non è un “organismo vivente”, perché non c’è un principio vitale che trasforma quel “corpo” in un organismo tale. Lo stesso vale per tutti gli altri “corpi”. Quando, però, diciamo che la comunità ecclesiale (universale, diocesana, parrocchiale) è un “organismo vivente” lo diciamo a partire da quel principio vitale, che è l’Eucaristia che mangiamo, la quale ci unisce tutti, trasformandoci appunto nel Corpo di Cristo dentro la storia. È bello ricordarlo. Questo “organismo vivente” è chiamato a rendere presente Cristo in tutti i settori del vivere, nessuno escluso. A me fa bene pensare che qui a Castiglione, dentro il tessuto di vita di questo agglomerato sociale, esiste questo “organismo vivente”, che è la comunità cristiana, che ha come missione quella di rendere presente il Signore dentro la trama del vivere quotidiano. La forza e la forma la si riceve dall’Eucaristia a cui si partecipa ogni domenica. La realtà della Chiesa, e anche della parrocchia quindi, non la si “legge” in base alle sole categorie sociologiche, è necessario tenere presente questo riferimento teologico e mistico. Questa lettura ci dovrebbe aiutare a superare una visione individualistica dell’essere cristiano e del vivere in parrocchia. E ci dovrebbe rendere molto attenti a non impoverire questo “organismo vivente” con uno stile di vita che non tenga conto della dimensione comunitaria. Non si può vivere in parrocchia andando ognuno per la propria strada. Siamo membra gli uni degli altri, poiché apparteniamo ad uno stesso Corpo. La passione dell’unità, a partire dalla celebrazione Eucaristica, ci deve animare tutti. C’è ancora un grosso lavoro da fare a tal proposito: non è ancora passata la consapevolezza che la “partecipazione” alla vita di questo “organismo vivente” non può essere lasciata alle “voglie” o essere posposta a tutti i nostri altri interessi ed impegni. C’è gente, anche impegnata in organismi parrocchiali, che non ha ancora capito questa cosa. E di conseguenza impoverisce questo “organismo vivente”. Si dà molto da fare – cosa lodevole – ma ha una scarsa visione ecclesiale, anzi, qualcuno non ha alcuna consapevolezza della differenza tra un’agenzia umanitaria/filantropica e la comunità cristiana. Se vogliamo essere strumenti buoni nelle mani del Signore dobbiamo agire come suo Corpo, soprattutto in questo frangente storico nel quale, la comunità cristiana può essere veramente il luogo dell’accoglienza e della lenitura delle tante ferite ancor aperte.

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