Omelia del Parroco (appunti) nella Messa di domenica 28 giugno 2020

  • 29/06/2020
  • Don Gabriele

Omelia domenica 28 giugno 2020

Appunti …

1. Siamo ancora nel discorso missionario …

Dopo le istruzioni date domenica scorsa … ricordate: “Non abbiate paura …” per tre volte …

Ricordate che abbiamo detto che Gesù ci insegna a far fronte alla paura NON con il coraggio, a con la FEDE, che è affidamento: supero la paura non perché sono coraggioso, ma perché mi fido di te ..

Questo riguarda specificamente l’annuncio del Vangelo …. Ma riguarda anche ogni situazione che genera paura, anche quella a causa della malattia … Quanta gente anche tra noi ha paura; dobbiamo aiutare i nostri fratelli a superarla; il che non significa indurli all’imprudenza …. Ma la paura che blocca è un guaio non meno invasivo del virus che dobbiamo sconfiggere….

2. Il brano di vangelo odierno piò essere diviso in due parti: a) una riguarda ancora i discepoli inviati in missione; b) l’altra è destinata a quanti sono chiamati ad accoglierli.

Ai discepoli inviati in missione, per tre volte, Gesù dice “non è degno di me”, in riferimento: - alla famiglia di origine; - alla famiglia che uno si è costituito; - a chi rifiuta la croce ….

Evidentemente Gesù non mette in crisi l’istituto familiare, basta leggere le parole stupende che egli dice a proposito dell’unione dell’uomo e della donna che fa risalire al principio della creazione, ciò che Gesù dice qui, oggi, è in relazione alle esigenze dell’annuncio del Vangelo.

Tutto in questa prospettiva viene relativizzato. Teniamo presente che veramente i suoi apostoli avevano relativizzato ogni cosa per seguirlo …

- Così quando dice che “chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me”, non ci insegna a disprezzare i nostri genitori: tutt’altro. Ci invita però ad impedire che il rapporto con i nostri genitori sia così invasivo al punto di “bloccarci” nel seguirlo. E non è un discorso retorico: è molto più realistico di quanto si pensi. Ci sono giovani e meno giovani anche nella nostra parrocchia che hanno un rapporto malsano con i propri genitori: vivono cioè un “invischiamento affettivo” che impedisce loro di prendere il largo, di vivere scelte davvero evangeliche …

Ma anche sotto il profilo semplicemente umano ci sono questi “invischiamenti affettivi” che sono malati perché creano una dipendenza che origina poi infelicità, rimpianto, rammarico e poi diventa addirittura risentimento …

- Quando Gesù dice “chi ama il figlio e la figlia più di me non è degno di me” non ci sta dicendo di trascurare le nostre responsabilità di genitori, ma di esercitarle facendole passare attraverso le parole del Vangelo, le sue parole. Evidentemente questo capitolo è complesso e si toccano argomenti “sensibili”. Penso a tutti i papà e le mamme che hanno fatto di tutto per fare passare le parole del Vangelo nella vita di loro figli; penso a quanti hanno dovuto costatare qualche parziale o totale fallimento in questa opera educativa. Mi sento molto vicino a questi genitori perché in certo qual modo, vivendo anch’io la paternità, e constatando il fallimento della nostra opera educativa presso le nuove generazioni (non in tutti fortunatamente), siamo accomunati dallo stesso dispiacere.

Ma penso anche agli altri genitori, i quali, pur avendo chiesto il battesimo per i loro figli e pur essendosi impegnati, nel rito del battesimo, “ad educarli secondo la legge di Cristo e della Chiesa”, non solo hanno dimenticato questa promessa, ma hanno proposto ai loro figli un modello educativo anticristiano. Cosa molto pericolosa questa perché ciò che è anticristiano è nello stesso tempo antiumano. E’ sotto gli occhi di tutti come la questione educativa sia una emergenza educativa. Ma ciò che fa impressione in tutto questo è che un numero ridotto di genitori avverta la responsabilità educativa. Ho l’impressione che alla maggior parte di essi non interessi più questa questione e si limiti pertanto ad assicurare i beni necessari … Trasmettere il senso della vita non è più visto come qualcosa di necessario, intanto i nostri ragazzi vanno sviluppando una tra le malattie più devastanti: l’indifferenza ai valori, un appiattimento desolante, un disinteresse su tutta la linea. Ma poi, perché non si può vivere così, sono necessarie le emozioni e dove vanno a cercarle? Nelle sostanze stupefacenti, nel sesso precoce, rovinando così la propria affettività, nella pigrizia, nell’indolenza. Lo si vede anche in queste settimane rispetto al discorso più prettamente religioso; il lockdown li ha impigriti anche sotto questo aspetto: niente Messa, niente confessione, ma in giro sì spesso senza protezioni.

- Gesù dice anche “chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me”. La parola “croce” compare qui per la prima volta nel vangelo di Matteo. Qui vuole esprimere le esigenze del Vangelo che, come ho detto domenica, scatenano dentro di noi e fuori di noi delle formidabili resistenze. Anche qui si tratta dunque di relativizzare: prima la nostra vita o prima le esigenze della sequela di Gesù? Si tratta di compiere una scelta. IN questo caso però Gesù ci aiuta e aggiunge: “Chi avrà trovato la sua vita, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia la troverà”. Non è facile convincerci di questo. Ribaltare il nostro modo di pensare e di vivere che è molto autocentrato è doloroso, eppure c’è questa promessa del Signore: la vita la si trova nella misura in cui la si dona. Le resistenze in noi sono formidabili, per questo è necessaria una continua messa punto in questo senso: la preghiera sincera e il sacramento della confessione ci possono molto aiutare in questo senso.

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