Omelia del Parroco tenuta a braccio durante la Messa di domenica 3 maggio 2020, trasmessa in streaming
Omelia del parroco tenuta a braccio durante la Messa di domenica 3 maggio 2020,
trasmessa in streaming
1. Tre verbi
Cari fratelli e sorelle, ci fermiamo per una breve meditazione e lo facciamo seguendo tre verbi che abbiamo ascoltati nel Vangelo: il primo verbo è “chiamare”, il secondo verbo è “condurre fuori”, il terzo “camminare davanti a loro”. Mi chiama, mi conduce fuori, cammina davanti.
2. Una premessa: l’aggancio del cap. 10 di Giovanni col capitolo 9, la conclusione dell’episodio del cieco nato
Ma è necessario fare una premessa.
Il brano di vangelo che abbiamo ascoltato è tratto dal capitolo decimo di Giovanni, sono proprio i primi versetti del capitolo decimo che segue immediatamente l'episodio del cieco nato che abbiamo meditato nella quarta domenica di quaresima.
L’episodio del cieco nato si chiude con queste parole di Gesù: “Io sono venuto nel mondo per un giudizio, perché chi crede di vedere non veda e chi invece non vede veda”. I farisei gli chiedono: “Dunque siamo ciechi anche noi?”. E Gesù risponde: “Se foste ciechi non avreste alcun peccato, ma poiché dite: ‘noi vediamo’. il vostro peccato rimane”. Subito dopo c'è questo brano del buon Pastore ed è in contrapposizione alla chiusura del precedente”. Gesù in questo brano del buon Pastore dice innanzitutto agli scribi e farisei, che sono in certo qual modo i pastori del popolo di Israele: “Voi non siete buoni pastori; voi siete pastori che hanno tradito la loro missione”.
Gesù dice di essere il buon Pastore anche a compimento di tutto quel filone legato a Dio pastore che è presente nell'Antico Testamento. Dio stesso dice più volte nell’Antico Testamento di essere il pastore del suo popolo. Pensate, per esempio, al libro del profeta Ezechiele. Dio stesso ha guidato il suo popolo attraverso coloro che sono stati pastori: pensate ad Abramo, pensate a Giacobbe, pensate a Mosè, pensate ai profeti, pensate anche ai re, al re Davide in modo particolare. In Gesù il filone buono, diciamo così, del buon Pastore che si prende a cura le sue pecore viene portato a compimento. E viene portato a compimento in maniera inattesa perché colui che è buon Pastore alla fine sarà l'Agnello immolato. Il buon Pastore è un Pastore singolare: è un pastore che dà la vita per le sue pecore. Ecco perché il Pastore è l'Agnello: nell'Apocalisse lo leggiamo: “Perché l'Agnello sarà il loro Pastore e li condurrà alla sorgente delle acque della vita”. Allora riusciamo a capire meglio anche il brano di vangelo di oggi da questa premessa. C’è un Pastore da seguire e qui c'è in ballo la nostra libertà; c'è un Pastore da seguire, un Pastore che porta a compimento ciò che da sempre Dio ha pensato come figura di colui che conduce il suo popolo.
Dopo questa premessa, vediamo questi tre verbi che abbiamo circoscritto sopra: chiama, conduce fuori, cammina davanti.
3. Primo verbo: chiama
Abbiamo sentito nel bravo di vangelo che il buon Pastore chiama ciascuna pecora con il suo nome.
Ma com'è possibile? Dobbiamo fare riferimento a quello che succedeva ai tempi di Gesù, quando alla sera tutte le pecore di tanti proprietari venivano raccolte in un unico recinto per la notte in modo che potessero essere custodite. Il mattino successivo, i vari pastori entravano in questo grande recinto dove c'erano tanti greggi, tanti quanti erano i proprietari, e ciascuno di essi chiamava le proprie pecore e le pecore riconoscevano la voce del pastore cosicché si ricostituiva il gregge di quel pastore, il quale le portava fuori, al pascolo. Quindi Gesù sta facendo riferimento a questa usanza, a questo fatto: così facevano i pastori. Le pecore davvero conoscevano la voce del pastore. Qui noi ovviamente leggiamo il fatto in una prospettiva diversa: le pecore in questo caso siamo noi, siamo noi il gregge, e siamo chiamati a riconoscere la voce del Pastore. Gesù chiama ciascuno per nome. C’è una parola che deve essere ascoltata. Ma voi capite che quelle pecore, che riconoscevano la voce del pastore in mezzo a tutte le altre che lo seguivano, lo facevano perché la voce del pastore la conoscevano veramente, e questo dice comunione con lui. L'ascolto costante della Parola ci porta a riconoscere la voce del Pastore. A volte la Parola è la Scrittura innanzi tutto, ma la Parola può essere anche un fatto. A me è rimasto molto impresso quello che si legge nella vita di santa Teresa d'Avila, che era una brava monaca. Ma ad un certo momento si rendeva conto che il Signore le chiedeva di più, era poco soddisfatta di se stessa, di una vita impegnata ma tutto sommato mediocre. E quand'è che nella vita di santa Teresa d'Avila le cose cambiano? Quando un giorno – che era simile a tutti gli altri giorni – passando in un corridoio del suo monastero, vede un Ecce Homo, cioè Gesù completamente piagato dopo la flagellazione. Questo fatto ha sconvolto la sua vita: questa è stata la parola di Gesù che l'ha raggiunta e l'ha fatta a cambiare completamente. E sappiamo poi che la vita di Teresa d'Avila è stata un'epopea meravigliosa. Quindi la Parola è la Scrittura ma la Parola può essere anche un fatto, un episodio … Abbiamo ascoltato nella prima lettura che quando Pietro parla - dice il testo – “si sentirono trafiggere il cuore”. E’ una parola che ci trafigge il cuore: a volte la Scrittura, a volte una persona, a volte un fatto, a volte sono le circostanze. Forse Signore ci ha parlato anche attraverso questi mesi. Forse Signore ci ha parlato anche attraverso questa esperienza così cruda. Siamo pronti a sintonizzarci su questa parola che ci chiama? Avremmo bisogno di tanto tempo per approfondire questo aspetto. Ma, come si dice, tempo è tiranno. Egli “chiama”. Lasciamoci trafiggere il cuore questa parola.
4. Secondo verbo: conduce fuori
“Conduce fuori”. Bellissimo! E’ bellissima questa cosa. Il buon Pastore, dopo aver chiamato le sue pecore, le “conduce fuori”. il nostro Dio è un Dio di libertà: non ci trattiene nei recinti. Non abbiamo tempo di vedere, ma il recinto era anche luogo, un luogo particolare del Tempio, il cortile del Tempio. Il fatto che Cristo porti fuori dal recinto vuol dire anche che ci porta fuori da quella legge “fatta di prescrizioni e divieti”, come dice san Paolo, verso una libertà autentica. Sempre san Paolo dirà: “Cristo vi ha fatto liberi; non lasciatevi imporre nuovamente il gioco della schiavitù”. Si tratta di vedere che cos'è per noi la libertà. Quante volte l'ho già detto, soprattutto ai ragazzi: la libertà è per fare il bene, non è per fare quello che si vuole. E’ per fare il bene! Tutte le volte in cui usiamo la nostra libertà per fare quello che vogliamo, torniamo nei recinti, ci costruiamo i nostri recinti e pensiamo di essere liberi: illusi! La libertà è farci portar fuori da Cristo. Ognuno di noi rientri in se stesso e si chieda: “Quali sono i miei recinti? Dove sono chiuso dentro io e non riesco a venire fuori? Verso quale libertà mi chiama Cristo? Tutti noi desideriamo adesso la libertà, dopo queste settimane, questi mesi di clausura. La desideriamo, dobbiamo essere molto prudenti, ma forse questi mesi ci hanno fatto leggere la nostra libertà in maniera diversa, lasciamoci portar fuori dai nostri recinti. Ognuno di noi si interroghi su quali sono i suoi recinti in cui è chiuso dentro e non ne vuole sapere di uscire. Solo recinti di diverso genere: i punti di vista, sono durezze, sono modi sbagliati di pensare e via dicendo … Quali sono i miei recinti? Sono peccati, sono vizi veri e propri. Il Signore ci vuole tirar fuori, ma per tirarci fuori bisogna ascoltare quella parola, per non sbagliare, perché è facile uscire da un recinto per andare in un altro.
5. Terzo verbo: cammina davanti a loro
Dice il testo: “Cammina davanti a loro”. Anche questo è molto bello: si ascolta la voce, si sperimenta una libertà nuova, ma lui cammina davanti a noi. Non si è un popolo allo sbaraglio. Siamo un popolo che ha una meta siamo un popolo che ha un cammino, siamo un popolo che ha un indirizzo. E Cristo sta davanti a noi con la sua Parola, con i suoi Sacramenti, con la Chiesa. Sta davanti a noi perché seguiamo un itinerario, perché arriviamo al porto, arriviamo a produrre frutto, affinché la nostra vita non si disperda, affinché non la buttiamo via. E’ molto bello questo: Cristo sta davanti a noi, non ci spinge a calci, no sta davanti a noi e dice: “Seguimi”. Allora oggi, giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, riusciamo a capire un po’ meglio … Quante volte il Signore ha detto ad un ragazzo, ad una ragazza, ad un giovane, ad una giovane: “Seguimi”. E quante volte invece si è rimasti nei recinti, invece di seguirlo. Quante volte il Signore ha detto a tutti i nostri conviventi e agli sposati civilmente: “Seguimi; fai un passo fuori da questa situazione. Io cammino davanti a te; non ti assicuro che sia facile, ma ti assicuro che sarò con te”.
Ecco cari fratelli e sorelle, meditiamo insieme su questi tre verbi: “chiama” con la sua voce, che ho già detto cosa può essere, ci “conduce fuori” dai recinti e cammina davanti a noi: singolarmente e come comunità. E come popolo abbiamo una meta, abbiamo uno scopo, c'è un cammino da fare.
Ho detto all'inizio della meditazione che il Pastore è l'Agnello: infatti nell’Eucaristia egli inventa l'Agnello che ci nutre: “Questo è il mio corpo, questo il mio sangue”. L’Agnello immolato che trasfonde in noi la sua stessa vita.