21 FEBBRAIO – 21 APRILE 2020: DUE MESI DI VITA SOFFERTA
21 febbraio – 21 aprile 2020: due mesi di vita sofferta
Cari fratelli e sorelle, mentre scrivo queste righe si sta compiendo il secondo mese dall’inizio della consapevolezza che qualcosa di grosso e di grave stava succedendo nella nostra comunità. E così è stato. Nel giro di un batter d’occhio, le notizie sul contagio tra noi hanno cominciato a rincorrersi e con esse l’illusione che tutto ciò non ci riguardasse è svanita rapidamente. Poi sono iniziate le corse delle ambulanze e il suono delle sirene che lacerava i giorni e le notti. Di seguito il taccuino su cui segnavo in nome dei defunti e la data della sepoltura ha iniziato ad infittirsi: volti noti e cari, altri meno noti ma altrettanto cari, il dolore delle famiglie straziante e composto. Insieme a tutto ciò la preoccupazione per gli ammalati, le telefonate e i messaggi per sapere come andava … Se al punto in cui siamo ripenso a quelle prime settimane mi viene letteralmente la “pelle d’oca”. E poi il silenzio, surreale, asfittico: non il silenzio del raccoglimento, ma quello della paura, quello che le parole non ti escono più di bocca. Il silenzio di una comunità spaventata. Il silenzio di una comunità parcellizzata, una comunità tenuta insieme virtualmente (meno male, ma non è normale troppo a lungo), dove sai che gli altri ci sono ma non li vedi: non vedi i volti. Riscopriremo la verità della gioia di essere una comunità fatta di volti oltre la retorica? Riscopriremo la ricchezza costituita dai nostri volti? Quando celebro nella chiesa vuota e guardo verso le navate dove stavano i vostri volti cerco di immaginarvi. Quante cose date per scontate che un’assenza fa riaffiorare! Dopo quasi cinque anni sapevo ormai chi veniva a Messa la domenica e chi no. Chi presumibilmente andava altrove per necessità o per altri motivi. Questo vuoto è opprimente, ma è anche un grande monito, per tutti: sacerdoti e fedeli. Si dice che questo dramma è destinato a farci capire molte cose, ma la legge dell’apprendimento è lenta, è come la conversione: c’è bisogno di sedimentazione per le letture veritiere. Si fa presto a circoscrivere ciò che può essere cambiato, ma si deve stare attenti a non trasformarlo in slogans che non toccano l’anima e la carne e la vita. Le cose vanno meglio, certo, grazie a Dio, ma non si tratta di girare semplicemente pagina. Ho detto a Pasqua che il Cristo risorto porta nel suo corpo, per sempre, in Paradiso, le cicatrici delle piaghe della passione: egli è il Crocifisso Risorto. Anche noi stiamo risorgendo da questa situazione, ma non possiamo dimenticare le piaghe. Sono piaghe di ogni genere: affettive, psicologiche, sociali, economiche … Sono piaghe che dobbiamo curare in noi e negli altri. Le cicatrici ci ricorderanno questo passaggio perché ne nasca vita nuova. Come sarà la nostra comunità dopo la prova? Che contribuito ciascuno di noi darà alla “rinascenza”? Ognuno di noi si faccia già pensoso: ce lo potremo raccontare poi gli uni gli altri. La differenza rispetto a prima parte dalla contemplazione delle piaghe del Crocifisso – Risorto, che svela l’uomo all’uomo, e offre la chiave di lettura, affinché le cicatrici delle piaghe tue e mie non siano un mero incidente di percorso ma la testimonianza di una lotta per un nuovo modo di stare al mondo.