Omelia tenuta a braccio dal Parroco nella Messa della seconda domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, 19 aprile 2020,
Domenica n Albis
19 aprile 2020
1. Il primo giorno della settimana: una “prova” della risurrezione del Signore
Cari fratelli e sorelle, ci fermiamo brevemente sulla pagina di Vangelo che abbiamo ascoltato, che caratterizza la seconda domenica di Pasqua domenica o della Divina Misericordia.
Avete sentito che il Vangelo narra di due apparizioni di Gesù risorto: una avvenuta la sera del giorno di Pasqua e una avvenuta otto giorni dopo, come oggi. Entrambe le apparizioni sono precedute da un'introduzione in cui si parla del primo giorno: “il primo giorno della settimana” vien detto nel brano di Vangelo e poi, quando Gesù appare a Tommaso “otto giorni dopo”, quindi di nuovo è il “primo giorno della settimana”. Vedete dunque come la pagina di Vangelo ci consegni quello che già da un poi di tempo abbiamo chiamato “il ritmo degli otto giorni”. Già alla fine del primo secolo/inizio del secondo secolo dell'era cristiana il giorno del Signore, il “primo giorno della settimana”, quello che viene dopo il sabato, era attestato come giorno in cui i cristiani si riunivano in assemblea per pregare, per lodare il Signore, per celebrare l'Eucaristia. Quindi fin dall'inizio dell'era cristiana questo fatto, il fatto cioè che i cristiani si trovino “il primo giorno della settimana” è un'ulteriore prova della resurrezione di Gesù. Il contesto infatti in cui gli Apostoli e i discepoli vivevano era fortemente marcato dalla teologia del Sabato. Se noi leggiamo per esempio il libro della Genesi vediamo che Dio stabilisce che il Sabato è il giorno del riposo e della memoria dei magnalia Dei, delle grandi cose fatta da Dio per il suo popolo, e gli ebrei celebravano questo Sabato con grande solennità. Ebbene in quel contesto culturale, distanziandosi dal Sabato e celebrando i cristiani la loro festa il loro culto la Domenica, questo fatto dico sta a significare che qualcosa di estremamente grande doveva essere capitato, per far sì che essi andassero decisamente controcorrente in un ambiente che era così marcatamente segnato dalla teologia dalla prassi del Sabato. La celebrazione della liturgia dell'Eucaristia il primo giorno della settimana, che coincide con il giorno della resurrezione di Cristo, è un'ulteriore prova – se vogliamo chiamarla così – della sua resurrezione, di qualcosa cioè di veramente enorme successo nella vita dei discepoli e nella storia. Non è il frutto di una riflessione teologica, ma la necessità di esprimere la novità inattesa ed unica del fatto della risurrezione e delle apparizioni del Signor risorto “il primo giorno dopo il sabato”. Ecco perché di domenica in domenica noi celebriamo l’Eucaristia, noi ci troviamo come comunità. Speriamo di poterlo fare fra non molto ancora proprio fisicamente anche in chiesa.
2. L’apparizione della domenica di Pasqua: dalla paura alla gioia
Veniamo alle apparizioni del Signore.
Ricordate che nell'omelia della notte di Pasqua e nell'omelia del giorno di Pasqua avevamo insieme meditato su uno degli elementi della fede pasquale, ossia il sepolcro vuoto e vi ricordate che abbiamo detto che il sepolcro vuoto non può essere interpretato secondo le nostre categorie ma deve essere letto unicamente attraverso la parola di Cristo, il quale aveva detto: “Io risorgerò”. La parola di Cristo che aveva predetto la risurrezione ci dà la lettura giusta del perché il sepolcro è vuoto.
Veniamo oggi a un altro degli elementi della fede pasquale, ossia le apparizioni del Signore. Quindi: il sepolcro vuoto, un elemento da interpretare secondo la parola di Gesù e secondo la Scrittura; le apparizioni pasquali: un altro elemento della fede pasquale. Ma le apparizioni pasquali sono strettamente congiunte con la realtà della testimonianza da parte di coloro che le hanno viste, quindi: apparizioni pasquali e i testimoni sono –diciamo così – il nucleo del brano evangelico che abbiamo ascoltato.
Avete sentito la narrazione della doppia apparizione: la sera di Pasqua, otto giorni dopo. Dice il testo: “Venne Gesù, a porte chiuse, nel luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei”. Guardate che è il testo non dice gli Apostoli, quindi presumibilmente nel cenacolo – perché è questo il luogo dove si trovano – nel cenacolo non ci sono solamente gli Apostoli, ma anche altri oltre ad essi. Il fatto che il testo dica “discepoli” e non solamente “Apostoli” sta a indicare che in quei discepoli siamo compresi tutti noi. Questa esperienza il Signore la fa fare, attraverso la pagina evangelica, a ciascuno di noi. E notate dove erano chiusi per paura. “Per paura”. Forse questo fatto intercetta anche molto da vicino la nostra condizione, la condizione di questi mesi ormai, visto che martedì saranno due mesi che noi stiamo vivendo questa condizione la paura. La paura là era per i giudei, qui la paura è per altro, però sempre la situazione dell'uomo, in un modo o nell'altro, deve fare i conti con la paura. Se guardiamo il dipanarsi della storia dell'umanità, quante volte abbiamo dovuto fare i conti con la paura. E la paura porta sempre al ripiegamento su se stessi, porta sempre alla chiusura. Con la risurrezione di Gesù viene a noi offerta un'opportunità: dentro questa paura che stiamo vivendo, “Venne Gesù – dice il testo – stette in mezzo e disse loro “Pace a voi”. La prima cosa che fa Gesù è quella di donare la pace. E guardate che questa parola per i discepoli e per gli Apostoli era di capitale importanza. Vedete: Gesù, che da essi è stato abbandonato, che da essi è stato tradito, non ha una parola di rimprovero. La prima cosa che Gesù fa è dare la pace. Così immediatamente riallaccia la relazione; immediatamente fa superare l'ambiguità, fa superare l'imbarazzo che essi potevano nutrire per come si erano comportati con lui. Ma noi lo sappiamo, questo riguarda anche noi. Anche noi siamo un accolta di traditori, in fondo non siamo migliori di Pietro e di Giuda e degli altri che lo hanno abbandonato. E sempre il Signore, quando viene in mezzo a noi nell'Eucarestia, la prima cosa che fa è darci la pace: subito cioè riallaccia la relazione, subito ci mette nella condizione di poter superare il nostro imbarazzo a causa dei nostri peccati, delle nostre freddezze, perché superare questo imbarazzo è importante; infatti, se non superiamo questo imbarazzo, questo senso di colpa, noi non siamo disposti ad ascoltare con il cuore la sua Parola, perché il senso di colpa ci tormenta, l'imbarazzo ci distoglie … Gesù subito ricrea la relazione. Guardate che ciò rappresenta un'opportunità anche per noi oggi: se ci apriamo alla speranza che viene dalla risurrezione di Gesù, se ci apriamo alla dimensione della fede è possibile anche arginare questa paura, altrimenti come la risolviamo? con le tecniche di natura psicologica –che sono utili per carità; come la risolviamo? La fede in Gesù risorto, che viene e sta dentro la nostra paura, è un'opportunità anche per noi oggi.
E poi avete sentito, Gesù si fa riconoscere mostrando le piaghe e fa così capire ai discepoli che è lo stesso Signore: il Crocifisso è il Risorto e viceversa; non è un altro. L’evangelista Luca scrive nel suo vangelo che Gesù, durante l’apparizione del cenacolo, subito dopo quella ai due discepoli di Emmaus, chiede loro: “Perché avete timore? Perché dubitate? Non sono un fantasma”. Cristo è risorto con il suo vero corpo! Non nel senso che è tornato alla vita di prima; abbiamo già spiegato più volte che egli è passato definitivamente nella vita di Dio dove si sovrabbonda semplicemente di gioia, ma è risorto col suo vero corpo, tanto che porta le piaghe. Lo riconosciamo perché è il Crocifisso non è un fantasma; il Risorto non è un fantasma.
3. La fede e i testimoni
Ma in quella prima apparizione Tommaso non c'è. Otto giorni dopo, Gesù ritorna. Dopo la prima apparizione i discepoli avevano detto a Tommaso di aver visto il Signore ma lui non ci crede: vuole mettere le sue mani nelle ferite. E guardate che Tommaso non è che non creda alla risurrezione di Gesù, perché quando poi gli compirà comparirà dinanzi, immediatamente Tommaso crede: non c'è scritto nel Vangelo che egli tocca le piaghe, immediatamente cade in ginocchio davanti a Gesù e gli dice: “Mio Signore e mio Dio”. Ciò a cui non crede Tommaso e la testimonianza degli altri, non crede alla testimonianza degli discepoli, e questo fatto intercetta proprio la nostra situazione, intercetta nostra situazione esistenziale e di fede. Noi siamo coloro che credono sulla base della testimonianza di coloro che hanno visto il Signore. Ecco l'importanza delle apparizioni pasquali ai testimoni, i quali oggi sono i garanti di aver visto il Signore: i testimoni di allora e coloro che continuano il loro incarico il loro ministero. Allora erano gli Apostoli, Pietro e gli altri Apostoli; oggi sono il Papa e i Vescovi la cui funzione essenziale e primordiale è proprio questa: rassicurarci, confermarci nella fede che Gesù è il Risorto e che di lui ci possiamo fidare. Ecco allora l'importanza delle apparizioni pasquali che vengono riferite a noi da testimoni autorevoli, gli Apostoli allora, il Papa e i Vescovi oggi, perché possiamo essere in comunione con il Signore e quindi vivere in comunione tra noi.
4. La mensa Eucaristica
Un ultima cosa. In quasi tutte le apparizioni che leggiamo nei quattro vangeli, Gesù oltre ad apparire, oltre a parlare, in tutte le apparizioni dicevo, Gesù siede a tavola, sempre, sempre Gesù siede a tavola. Perché è da ora in poi la “tavola” il luogo in cui lo riconosciamo. La tavola dove si spezza il pane dell'Eucaristia è il luogo della fede per eccellenza, è il luogo in cui il Signore si fa riconoscere, si fa conoscere attraverso lo spezzamento del suo corpo del suo sangue e, nutrendoci di lui: con lui entriamo in comunione: è dentro di noi che vive la sua vita risorta. Ecco, cari fratelli e sorelle. Questi pensieri volevo dire a me e volevo dire a voi: la celebrazione del primo giorno della settimana come ulteriore prova nella risurrezione del Signore; l'importanza delle apparizioni accreditate da testimoni autorevoli, gli Apostoli allora, oggi il Papa e i Vescovi; la comunione della Chiesa che si ritrova intorno alla tavola dall'Eucaristia, dove Cristo, anche oggi, nostra speranza si fa riconoscere e ci aiuta a superare le nostre paure.