Omelia tenuta a braccio dal Parroco nella Messa della Quinta Domenica di quaresima, detta di Lazzaro

  • 01/04/2020
  • Don Gabriele

Cari fratelli e sorelle abbiamo ascoltato questo lungo brano del vangelo di Giovanni anch'esso, come quello del cieco nato e della samaritana, destinato a preparare in modo particolare i catecumeni a ricevere il battesimo. Esso però riguarda anche tutti noi che stiamo compiendo questo itinerario verso la Pasqua che rappresenta anche un itinerario di riscoperta del nostro battesimo

Questo brano, insieme agli altri due, sollecita la nostra risposta interiore e la nostra adesione di fede a Gesù che è l'acqua viva (brano della samaritana), la luce del mondo (brano del cieco nato), la resurrezione e la vita (il brano di oggi). Ma entriamo un po’ più da vicino nel testo che abbiamo ascoltato.

1. La strategia di Gesù

Innanzitutto sottolineiamo - chiamiamola così - la “strategia” di Gesù. Egli si comporta in una maniera che di primo acchito potremmo giudicare singolare. Avrebbe potuto andare da Lazzaro e guarirlo. Infatti una una delle obiezioni che gli muovono è proprio questa: “Ma costui, che ha aperto gli occhi al cieco nato, non poteva venire qui e guarire questo amico che ama tanto?”, così come amava Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro. “Non poteva?”. Ma Gesù non ci va; aspetta, possiamo dire, che Lazzaro muoia. La “strategia” è questa. Vedremo dopo qual è la conclusione di questa “strategia” di Gesù. Forse “strategia” è un termine improprio, ma serve per capire il suo comportamento di fronte alla malattia e alla morte. Gesù ha un comportamento diverso da quello che ciascuno di noi avrebbe assunto.

2. I rimproveri a Gesù

Un secondo aspetto da notare in questo brano è che esso altra cosa è che esso è pieno di rimproveri nei confronti di Gesù. Dapprima i suoi discepoli lo rimproverano e quando Gesù manifesta l’intenzione di andare di nuovo in Giudea; gli dicono: “Ma volevano ucciderti e ti ci vai di nuovo?”. Poi ci sono i rimproveri molto forti dalle due sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, che gli dicono chiaramente: “Guarda che se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. E di seguito il rimprovero già sopra menzionato, quello cioè dei giudei: “Ma se ha guarito il cieco nato perché non è venuto a salvare il suo amico?” E poi ancora, quando Gesù dice di togliere la pietra del sepolcro, Marta interviene: “Ma cosa fai togliere la pietra dal sepolcro! E’ lì da quattro giorni; ormai manda cattivo odore”. Gesù quindi in questo brano di Vangelo ha subito una serie consistente di rimproveri.

Ecco, care sorelle e cari fratelli, questi due fatti: la “strategia” di Gesù, che è molto diversa dal nostro approccio con la malattia e con la morte, e i rimproveri che Gesù subisce mi pare che abbiano molto da dirci nella situazione che anche noi stiamo vivendo. Quante volte, forse, in queste settimane, anche noi ci siamo sentiti di rimproverare Gesù, di tirarlo dentro questa situazione ma rimproverandolo: “Insomma non ti importa?”, “Non vedi?”, “Guarda cosa succede!”, “Non ascolti’”, “Hai voltato la faccia da un'altra parte?”. Ed ecco che Gesù, nonostante tutti questi rimproveri, non si tira indietro. Egli viene e nei confronti della malattia e della morte dice una parola potente e chiama Lazzaro fuori dal sepolcro. Per noi la morte è la più grande disgrazia che ci possa essere. E quanto abbiamo sofferto in queste settimane! Effettivamente è una disgrazia, ma, cari fratelli e sorelle, non è l'ultima parola. Gesù ci dice che non è l'ultima parola. Lui viene. Anche di fronte alla malattia e la morte, la sua è parola che ci raggiunge, ci guarisce e ci sana oltre la malattia o meglio dentro la malattia e dentro la morte.

3. L’atteggiamento di Gesù dinanzi alla morte

Guardate l'atteggiamento di Gesù di fronte alla tomba di Lazzaro: scoppia a piangere. Come mai scoppia a piangere se sa già – in base a quello che il Vangelo ci dice – che lui lo può fare risorgere? Perché scoppia a piangere? Possiamo pensare due cose al proposito. Gesù scoppia a piangere perché nella morte di questo suo amico vede in anticipo, in certo qual modo, la propria morte. Gesù - ho detto prima - ha un approccio diverso alla malattia e alla morte, ma non è l'approccio di un prestigiatore; è l'approccio di colui che la vive in se stesso la morte e la risposta la dà dal di dentro. Quindi Gesù piange di fronte alla morte di Lazzaro perché intravede il dramma che lo riguarderà in prima persona da lì a pochi giorni. Gesù piange perché capisce quanto gli costerà salvare dalla morte i suoi fratelli. Infatti Gesù piange – ed è il secondo aspetto – anche per tutte le nostre morti, tutte. Gesù piange anche per i nostri morti. Piange anche per i morti che abbiamo portato questa settimana al cimitero. Gesù piange per ogni morte, perché la morte nel disegno di Dio – così come la conosciamo – non ci doveva essere, e per estirpare questa morte Dio stesso l'ha voluta subire in se stesso. Il pianto di Gesù è un abisso senza fondo perché egli sta piangendo per tutte le morti, per tutte che non ci dovevano essere. E per guarire da questa morte che non ci doveva essere lui stesso ha vissuto in se stesso il morire. Ecco allora quella che abbiamo chiamato la “strategia” di Gesù. Attraverso l’episodio di Lazzaro, attraverso questo fatto, attraverso queste lacrime, attraverso questa commozione di Gesù noi vediamo qual è l'approccio di Dio alla morte, alle nostre morti.

4. La risposta di Gesù al dramma della morte: non un “idea”, ma …

Ma, ovviamente, il pianto, l'approccio di Dio, l'approccio di Gesù alla morte non si conclude nel pianto nella sofferenza. Esso si trasforma in una risposta, in una reazione. Avete sentito quel che dice Gesù a Marta; stampiamocelo nel cuore! Gesù dice: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”. Certo Gesù piange di fronte alla morte perché anche per lui è stata tremenda come per tutti, ma non si è fermato lì. Gesù ci dice “io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore – fisicamente – vivrà”. Qui, cari fratelli e sorelle, qui c'è un passo da fare, ed un passo che solamente nella fede si capisce. La resurrezione la vita nella morte non è un'idea, non è una teoria: è una Persona, è Lui la vita e la resurrezione nella concretezza di una persona. Non posso aggrapparmi a un'idea, sì lo posso fare, ma rischio di sbagliarmi. Ma se mi aggrappo alla concretezza di una persona! Tutti noi ricordiamo quello che ci può essere successo da piccolini, almeno io lo ricordo. Ci sarà giusto successo di cadere in cortile o in casa e di metterci a piangere. In quel momento arriva la mamma o arriva il papa e ci prende in braccio. E noi che cosa facciamo quando il papà o la mamma ci prendono in braccio? Con le braccine ci aggrappavamo al loro collo e con le gambine ci avvinghiavamo ai loro fianchi. Cari fratelli e sorelle, quando Gesù dice: “Io sono la risurrezione alla vita”, si crea questa situazione: è come se noi fossimo quel bambino che si può avvinghiare a Gesù, che non è un'idea ma la risurrezione e la vita la persona. Ma come posso fare per stringermi a lui come un bambino lo fa con la mamma o con il papa quando è caduto in terra e viene da loro rialzato? Lo posso fare con la fede, con la fede e con i sacramenti: il battesimo l'Eucaristia

Ecco. “Io sono la risurrezione e la vita”. Gesù piange di fronte alla morte perché è un dramma, un dramma anche per lui, e piange per tutte le morti, perché la morte che non ci doveva essere. Ma poi diventa risposta: “Io sono la risurrezione e la vita”. Muore ma nella risurrezione dà una risposta dentro la morte. Non è un'idea non è una teoria: è una risposta dentro la morte, lui il Risorto.

Cari fratelli e sorelle questo è il mistero che celebriamo oggi. Ed è un grande mistero di consolazione. Sentite ancora queste parole: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me – la fede – anche se muore – cioè nella morte fisica – vivrà!”. Quante volte ho detto in questi giorni, portando tanti fratelli e tante sorelle alla sepoltura, più di 60, quante volte mi è capitato di dire in quel momento: “Cari fratelli e sorelle, il momento della morte è il momento in cui il corpo non ce la fa più, ma la persona continua”. “Chi crede in me, anche se muore vivrà, e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”. Gesù è la risposta, Gesù è la risposta. Ecco miei fratelli, riusciamo a capire così quella che abbiamo chiamato per la “strategia” strana di Gesù, il quale subisce i nostri rimproveri e di fronte alla nostra morte addirittura piange, ma diventa risposta dentro la morte: “Io sono la risurrezione”; la resurrezione non è un'idea: è Lui, Lui è la persona a cui possiamo avvinghiarci attraverso la fede e i sacramenti.

Continuiamo, i miei fratelli, a tenere alta la speranza e a vivere questi giorni in preparazione alla Pasqua meditando profondamente queste parole della Scrittura, ruminando attraverso la preghiera personale ciò che la Sacra Scrittura ci dice.

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