Omelia tenuta a braccio dal Parroco nella Messa dell’Annunciazione del Signore

  • 27/03/2020
  • Don Gabriele

Omelia tenuta a braccio dal Parroco nella Messa dell’Annunciazione

Cari fratelli e sorelle, celebriamo l’Eucaristica in una delle chiese della nostra parrocchia dedicata all’Annunciata. La solennità di oggi è una festa del Signore, perché ci ricorda il momento del suo concepimento nel seno di Maria, nove mesi prima del suo Natale.

Vorrei lasciarvi tre brevi pensieri.

1. L’itinerario dell’arcangelo Gabriele

L’arcangelo Gabriele è passato dal Tempio di Gerusalemme, dove aveva annunciato a Zaccaria la nascita di Giovanni Battista, alla casa di Nazareth, dove si trovava Maria. E’ passato, cioè, dalla bellezza del Tempio e delle sue liturgie, ad una abitazione comune. L’inizio della Chiesa è avvenuta in una casa, dove c’era un cuore pronto ad accogliere Dio. Non è difficile il passaggio alla nostra vita di questa settimane. Anche per noi si realizza quella che chiamiamo la “chiesa domestica”, anche le nostre case sono diventate in questi giorni e in queste settimane come la casa di Nazareth nella misura in cui ci sono cuori attenti al mistero di Dio, cuori attenti ad accoglierlo. Vi esorto, pertanto, cari fratelli e sorelle, a vivere questi giorni riscoprendo la dimensione “domestica” della Chiesa. Pregare insieme e pregate da soli. I papà e le mamme guidino la preghiera comune senza rispetto umano.

2. Un corpo mi hai preparato

Nella seconda lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei, l’autore mette sulla bocca di Gesù un salmo dell’Antico Testamento, in cui, con un lieve cambiamento di parole, Cristo dice: “non hai voluto e non hai gradito sacrifici ed olocausti per il peccato, un corpo invece mi hai preparato”. Con questa espressione Cristo ringrazia per il corpo che ha avuto, corpo che indica la sua storicità, il suo essere entrato nella storia, l’avere assunto il modo di vivere degli uomini suoi fratelli. In questo modo Gesù condivide il nostro vivere in tutti i suoi aspetti, drammi e tragedie comprese. In questi giorni noi, giustamente, invochiamo l’onnipotenza di Dio affinché fermi questo contagio. Facciamo bene a farlo. Non dimentichiamoci, però, che il Signore vive con noi questi giorni. Non è solamente il Dio onnipotente, fuori di noi, che invochiamo, ma, in Gesù, il Dio vicinissimo – intimior intimo meo, direbbe S. Agostino, cioè “più intimo a me di me stesso” – che con noi trascorre questi giorni e dal di dentro ci conduce. E conduce tutti, anche i malati, anche i morti. E’ in questa prospettiva di una fede più profonda che si rivolge sì all’onnipotenza divina, ma che sa anche che Egli non è il muto spettatore dei nostri drammi, ma in Gesù Egli li vive con noi, li attraversa con noi. San Bernardo con un’espressione molto densa dice: Deus est impassibilis sed non incompassibilis, cioè Dio non può patire ma può com-patire. Egli cioè ha un cuore e siccome ha un cuore soffre con noi e per noi. Ed è proprio questa sofferenza condivisa che ci dà la forza dal di dentro e nel momento della morte ci spalanca la vita beata a cui tutti noi aneliamo. Vi invito, pertanto, cari fratelli e sorelle a questa lettura più profonda e a questa speranza tenace e quotidiana.

3. La compenetrazione dell’umano e del divino

La solennità dell’Annunciazione, del momento cioè in cui Gesù, il Figlio di Dio, assume un corpo, ci offre anche una “metodo” per leggere la nostra vita, la storia e anche questi giorni. E’ il metodo che vede “compenetrarsi” il divino e l’umano. Non dobbiamo sbilanciarci solo sul divino, come se nulla avesse a che fare con l’umano; e non dobbiamo sbilanciarci solo sull’umano, come se il divino fosse mille miglia da noi. Incarnandosi il Figlio di Dio porta alla compenetrazione il divino e l’umano: non sono due mondi separati, ma in Gesù sono “comunicanti”. Nell’umano è presente il divino e nel divino è presente l’umano. Questo è molto importante anche per i giorni che stiamo vivendo: la sofferenza, la malattia, la morte, che appartengono a questo mondo, sono compenetrati dal divino e ne sono perciò trasfigurati; così come il divino assume in sé questi giorni perché abbiano un senso, una prospettiva, un frutto.

Ora celebriamo l’Eucaristia. Sul nostro altare si rendono presenti il corpo e il sangue del Signore, corpo e sangue che sono stati per nove mesi nel grembo di Maria, la Vergine Annunciata. A lei chiediamo di intercedere per noi perché possiamo essere trasfigurati in Colui del quale ci nutriamo e che oggi si è degnato di incarnarsi e abitare tra noi.

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