Omelia del parroco, tenuta al Carmelo di lodi il 24.06.2020, facendo memoria del 34° ann. di ordinazione sacerdotale
S. Giovanni Battista 2020 – Carmelo di Lodi
Celebrazione del 34 ° anniversario di ordinazione
Tra le figure evangeliche che più si prestano ad opportune riflessioni sul ministero sacerdotale troviamo senz’altro, insieme a S. Giuseppe e gli apostoli, S. Giovanni Battista.
Propongo perciò ai miei confratelli che con me ricordano il 34° anniversario di ordinazione sacerdotale, alle monache e a voi, cari fratelli e sorelle, qualche breve pensiero, che potremmo intitolare: “La disillusione di Giovanni Battista”.
1. Tutti conosciamo i tratti infuocati della predicazione di Giovanni e qual era la sua attesa di Messia. Sappiamo anche che dopo il suo imprigionamento Giovanni manda a dire a Gesù: “Sei tu quello che deve venire o dobbiamo attendere un altro?”. Senza voler fare l’esegesi precisa di questa domanda da parte di Giovanni possiamo senz’altro dire che, nella condizione in cui si trovava a causa della sua predicazione, Giovanni comincia a “dubitare”; ha bisogno cioè di capire se ciò che aveva pensato e detto di Cristo fino a quel punto era vero o no. E questo discernimento, dopo aver appreso la risposta che Gesù gli fa comunicare dai suoi discepoli, lo fa nel buio di una prigione. Come è diverso questo Giovanni da quel giovane uomo che sulle rive del Giordano vede venirgli incontro l’Agnello di Dio, che lui battezza! Giovanni passa dalla moltitudine di gente che accorre a lui per farsi battezzare – passa cioè dal successo – al fallimento, all’umiliazione del carcere, preambolo della morte avvenuta nel modo che tutti conosciamo. Vediamo dunque realizzarsi un passaggio dall’entusiasmo e dal successo della prima ora, al dubbio, al timore di avere sbagliato, alla paura probabilmente, alla necessità di cambiare prospettiva.
A me pare che, dopo 34 anni di sacerdozio, anche per noi sia iniziato questo periodo di “transizione”, e non da oggi o da ieri, ma da alcuni anni.
L’entusiasmo sincero dei primi anni, i sogni, i desideri di personale realizzazione si sono assopiti o si stanno assopendo e il rapporto con il Signore è passato gradualmente e sta passando attraverso un cammino di purificazione, che prelude ad una conoscenza diversa di lui. Il che non significa che sia meno appassionata, ma si tratta senza dubbio di un rapporto più asciutto, più essenziale, per certi aspetti più intimamente martiriale. Forse noi non abbiamo ripetuto nella preghiera la stessa domanda di Giovanni, ma qualcosa della sua esperienza l’abbiamo fatta anche noi. Sulle rive del nostro personale Giordano, anche noi siamo stati giovani, anche noi abbiamo gettato lo sguardo all’orizzonte, anche noi abbiamo visto l’Agnello di Dio venire verso di noi non per farsi battezzare ma per mettersi nelle nostre mani nei sacramenti e farsi annunciare dalla nostra voce. Anche noi siamo passati attraverso fallimenti e prove grazie alle quali siamo stati immersi in qualche genere di passione, cioè di sofferenza. Al punto in cui siamo dovremmo rendere grazie a Dio perché ci ha un po’ spogliati, ci ha fatti passare “per il fuoco e l’acqua” e si è rivelato a noi con più pienezza. Mi ha sempre affascinato l’espressione di Paolo che in Efesini 4 parla della “piena maturità di Cristo”, che contrappone alla situazione dei fanciulli sballottati dalle onde e da ogni vento di dottrina. Siamo più fedeli ora a Gesù o lo eravamo di più il 21 giugno 1986? Non lo so. So però che non cambierei il mio rapporto di oggi con il Signore con quello del giorno dell’ordinazione. Là eravamo una pagnotta con del lievito da infornare: oggi siamo del pane e – per grazia di Dio – in questi 34 anni siamo stati distribuiti ai fratelli e alle sorelle che Egli ci ha dati.
C’è ancora del cammino da fare: preghiamo affinché la verità del nostro rapporto col Signore si faccia sempre più strada in noi. Non sappiamo quando la vita, per restare alla fine di San Giovanni Battista, ci taglierà la testa. L’importante è che, sempre per citare il Battista, Cristo sia cresciuto in noi, attraverso le strade che a lui solo sono note.
2. La festa di oggi possiede evidentemente anche una dimensione ecclesiale oltre che personale. Giovanni è il precursore, colui che cammina davanti a Cristo. Spesso questa azione di Giovanni è stata resa con l’immagine di chi precede il Signore: questo è senz’altro vero. Egli ha preceduto il Signore nella nascita come nella morte e, precedendo, ha preparato la strada. Ma c’è anche un’immagine complementare a questa: il Vangelo di Luca dice che Giovanni cammina dinanzi al Signore con lo spirito e la forza di Elia per … preparare al Signore un popolo ben disposto. Questa immagine ci dice che Giovanni, cammina innanzi al Signore, nel senso che gli va incontro, va verso di lui, non che gli sta davanti voltandogli le spalle. Anche questo fatto legge la nostra vita di presbiteri: noi spesso stiamo davanti al Signore, tutte le volte cioè in cui celebriamo l’Eucaristia: “adstare coram te et tibi ministrare”, diciamo nella seconda preghiera Eucaristica. Stare davanti a te per servirti, per esercitare il servizio sacerdotale. Possiamo dire allora che il nostro stare alla presenza del Signore ci fa diventare i veri precursori. Celebrando l’Eucaristia noi siamo i precursori del nostro popolo perché, unendolo a noi nell’offerta del sacrificio, lo mettiamo dinanzi al volto del Padre. Io credo che dopo 34 anni la celebrazione dell’Eucaristia, spesso ripetuta fino a tre volte al giorno per il nostro popolo, sia sempre più compresa come il momento essenziale della vita della Chiesa e anche il momento essenziale della nostra vita personale. Tutte le volte in cui la celebriamo noi entriamo nel Santo dei Santi e con noi il nostro popolo. Siamo i precursori di un popolo che sta camminando verso il cuore della Trinità e l’Eucaristia è questa apertura verso il divino, tanto prossimo da diventare nostro cibo. E così, essendo precursori, siamo anche veramente padri, perché è proprio dei padri nutrire i propri figli.
Nello spazio fugace di una vita, che è la nostra, stiamo vivendo qualcosa di straordinariamente grande: le nostre giornate non sono travolte da emozioni spettacolari, ma il nostro quotidiano povero sì permette a Cristo di continuare a rivelarsi a noi come ha fatto con Giovanni e ci mette a capo di quel pellegrinaggio del popolo di Dio verso il Regno, la cui gioia nella fede già pregustiamo.