Omelia del Parroco nella Messa della Seconda domenica di quaresima, trasmessa in streaming

  • 08/03/2020
  • Don Gabriele

Omelia nella Messa della Seconda domenica di quaresima, trasmessa in streaming

8 marzo 2020

1. La seconda domenica di quaresima è caratterizzata dalla proclamazione del Vangelo della Trasfigurazione, che quest’anno abbiamo letto secondo Matteo, come la prima era segnata dal brano delle tentazioni. Infatti questi due momenti della vita di Gesù sono strettamente collegati. La trasfigurazione è la conferma della via intrapresa da Gesù nel battesimo e messa subito alla prova nelle tentazioni. La trasfigurazione è l’esperienza fondamentale della vita di Gesù: la scelta fatta nel battesimo, che ora si concreta nella prospettiva della croce, è confermata come la vita alla libertà (ricordate la meditazione di domenica scorsa) e alla gloria di Dio. Che cosa succede propriamente nella trasfigurazione? Possiamo dire che essa è una illuminazione interiore tanto forte che “trasforma” lo stesso corpo di Gesù in sole e in luce. E’ importante anche per i discepoli averlo visto così: quando sarà risorto – e lo rivedranno così – potranno capire che il Risorto è lo stesso Gesù che fu crocifisso. Inoltre, la trasfigurazione di Gesù, il Figlio, rappresenta anche l’anticipo di ciò che saremo (cf Silvano Fausti, Una comunità legge il vangelo di Matteo).

2. Quella che noi indichiamo come trasfigurazione è chiamata nel greco del Nuovo Testamento metamorfosi (“trasformazione”), e questo fa emergere un fatto importante: la trasfigurazione non è qualcosa di molto lontano, ma è piuttosto qualcosa che realmente ci accade. Nel Cristo trasfigurato si rivela ciò che è la fede: trasformazione, che nell'uomo avviene nel corso di tutta la vita. Dal punto di vista biologico la vita è una metamorfosi, una trasformazione perenne che si conclude con la morte. Vivere significa morire, significa metamorfosi verso la morte. Il racconto della trasfigurazione del Signore vi aggiunge qualcosa di nuovo: morire significa risorgere. La fede è una metamorfosi, nella quale l'uomo matura per essere definitivo. Nell'ultima liberazione da se stessi, la metamorfosi della vita giunge al suo traguardo. La trasfigurazione promessa dalla fede come metamorfosi dell'uomo è anzitutto cammino di purificazione, cammino di sofferenza (dall’omelia del card. Ratzinger, in occasione della morte di Paolo VI) e la nostra comunità ne è ben consapevole in queste settimane.

3. S. Bernardo in una sua omelia sul Cantico dei Cantici, afferma: transformamur cum conformamur. Cioè saremo trasformati quando saremo conformati, cioè quando assumeremo la forma di Cristo. La purificazione, il crogiolo della croce non sono fine a se stessi. A noi cristiani – occorre ogni tanto ricordarlo – il dolore “stoico” non interessa. Il ragionamento di chi afferma che bisogna mettersi il cuore in pace perché la vita è sofferenza, è lontano mille miglia dal nostro modo di pensare e di credere. Non si tratta di “rassegnarsi” alla sofferenza, ma di vedere in essa – paradossalmente – una opportunità, oppure, più cristianamente, una grazia. E’ il conformamur, cioè l’essere conformati che ci conduce non alla semplice metamorfosi biologica, ma alla metamorfosi secondo la forma di Cristo. Lo esprime S. Paolo, quando dice, scrivendo ai Filippesi: “E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti”. Quante morti sono necessarie nella nostra vita per conformarci alla sua morte! Lo sa il Signore. Ma affinché questo conformamur possa produrre il suo effetto, sradicandoci dal senso di fastidio e anche di oppressione che l’allusione alla morte e alla varie morti che dobbiamo attraversare portano con sé, dobbiamo capirne il motore interiore, quello che ha spinto Cristo alla sua morte. E il motore, la ragione interiore non è altro che la caritas, l’amore. Quando Gesù nella preghiera sacerdotale dice al Padre: “Per loro io consacro me stesso”, ci svela il motivo dell’incarnazione, della passione e della morte in croce. Quel verbo “consacrare” è sacrificale. Ma il sacrificio volontario di chi ama: “Per loro io consacro me stesso”. Le nostre morti che ci conformano al Signore, cioè ci trasformano in lui, se non sono un abbandonarci alle ragioni dell’amore, si trasformano in fastidi, che possono renderci infelici e rendere difficile la vita intorno a noi.

4. Ma il verbo conformamur è un passivo. Ciò significa che in definitiva la nostra conformazione a Cristo non sarà mai opera nostra, ma sua. Questo ci libera da una certa “ansia di prestazione” e ci fa compiere un atto di fede, in colui che in tutto –come dice ancora S. Paolo – può compiere in noi più di quanto possiamo pensare e immaginare. Lasciarci conformare. Il cammino lo conosce lui. Se le morti sono necessarie, devono essere le morti che vuole lui, che a volte attraverso il suo Santo Spirito egli stesso opera dentro di noi.

5. L’Eucaristia è il sacramento di questa metamorfosi. Noi abbiamo bisogno dell’Eucaristia perché ogni giorno questo lavoro prosegua. L’Eucaristia è la garanzia che, per quel che concerne la parte che tocca a Dio, la trasformazione si compia. Ciò che noi riceviamo è Cristo stesso morto e risorto. Che cosa più di così? Ma l’Eucaristia è più che mai conformazione. Chi riceve il Signore - dice S. Paolo alludendo al linguaggio sponsale – forma con lui un solo Spirito. L’Eucaristia compie davvero la trasformazione nella conformazione: possiamo infatti dire, ogni volta che ci nutriamo del corpo del Signore: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. S. Agostino direbbe, che si verifica il contrario di ciò che avviene nella digestione del cibo: là noi trasformiamo il cibo in carne e sangue; qui, Cristo trasforma noi in lui. In questo tempo, in cui non vi è possibile partecipare alla Messa, fate crescere in voi con il desiderio la fame dell’Eucaristia per riscoprirne la bellezza e l’efficacia.

6. Cari fratelli e sorelle, vediamo anche questi giorni, queste settimane, la croce di chi ha passato le porte della morte, il dolore dei familiari, la fatica degli ammalati, le inevitabili privazioni, i contrattempi, i ritardi … vediamoli nella prospettiva di questa metamorfosi, di questa trasformazione che ci restituisce un orizzonte di senso di cui abbiamo assolutamente bisogno in questa contingenza e che è molto di più che una semplice allusione alla pienezza che ci attende.

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