Che cosa sta succedendo oggi? Si tende a modificare il genoma della famiglia

  • 23/01/2016
  • Don Gabriele

Cari parrocchiani,

Il sociologo PierPaolo Donati ha introdotto nella riflessione sulla famiglia la metafora del genoma. Egli parla di un genoma della famiglia, che è tipico cioè della famiglia, e la definisce. Ci si può dunque chiedere: il matrimonio può essere a disposizione totale della società umana? Non possiede esso una sua forma propria, un suo genoma? Noi sappiamo che Il "genoma" può essere modificato dall'ambiente, fino ad avere l'OGM (organismo geneticamente modificato). Così si sta progettando culturalmente una FGM (famiglia geneticamente modificata) [cfr. su tutto questo PierPaolo Donati, La famiglia. Il genoma che fa vivere la società. Rubettino, Soveria Mannelli, 2013, pp. 250].

La Chiesa in questo contesto che cosa deve fare? Prendere atto semplicemente di questa tendenza, pensando che la coniugalità cristiana possa radicarsi in ogni FGM (famiglia geneticamente modificata)? Se lo facesse, la Chiesa verrebbe meno al suo grave dovere di annunciare il Vangelo del matrimonio. Da ciò nascono almeno due orientamenti fondamentali, proposti dal card. Caffarra, grande esperto in materia.

Il primo orientamento riguarda un grande impegno culturale a due livelli. Primo livello: approfondire la propria posizione di pensiero, dando ragione della nostra concezione di matrimonio e di famiglia. Ma chiedendo anche all'avversario di fare altrettanto. Alla fine si vedrà dai rispettivi frutti chi è nel vero: chi vive una vita più umana. Secondo livello: approfondire, qualificare il nostro impegno educativo colle giovani generazioni, educandoli a comprendere il "cuore" del loro essere persona. Per fare ciò dobbiamo guardarci da una posizione tradizionalista, ossia progettare di imporre il “genoma” autentico di famiglia anche sul piano legislativo; ma ci dobbiamo guardare anche dalla scelta delle catacombe, ossia sostenere che bastano le virtù individuali, senza pensare ad una ragionevole introduzione della visione cristiana nella società; e dobbiamo diffidare anche dalla posizione progressista, quella cioè che cerca un modus vivendi, un riconoscimento di quelle forme di convivenza che stanno precisamente minando il genoma della famiglia (normalmente questa posizione culturale è denotata con "accoglienza delle persone"). Il secondo orientamento specifica meglio il primo. Non possiamo più prendere alla leggera quella vera e propria rivoluzione culturale che cerca di ridefinire ciò che è il maschile e ciò che è il femminile, perché essa ha come bersaglio la famiglia. Infine un appello: la realtà della coniugalità cristiana deve dirsi anche pubblicamente, e ciò lo può fare solo dentro a una rete di famiglie. Da noi c’è già qualcosa del genere: lo si deve ampliare. Chi ci sta? Come fare?

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