Omelia del parroco nella Messa dell'Immalata 2019 - Festa dell'adesione della Azione Cattolica
1. Fino a non molti decenni fa, nelle feste della Madonna, specialmente in quella in ci si celebrava qualche cosa di veramente straordinario in Maria, come l’Assunzione o l’Immacolata concezione, si sottolineava soprattutto il privilegio toccato alla Vergine. Privilegio, anticamente, significava una deroga alle leggi vigenti. E applicato alla Madonna nei due dogmi a cui facevo riferimento, si capisce bene. Per l’Assunta: il privilegio mariano consiste nel fatto che Maria, a differenza di tutti gli altri, terminato in corso della vita terrena, è stata assunta in cielo in corpo ed anima. Lo stesso vale per l’Immacolata: Maria, a differenza di tutte le altre creature umane, è stata esentata dal peccato originale quando è stata concepita.
Questo modo di guardare a Maria però, a lungo andare, la tiene lontana da noi e può far sorgere un simile pensiero: “Va beh, sono contento che Maria abbia avuto da Dio onnipotente questi privilegi. Ma che cosa c’entrano con la mia vita e la mia storia di credente?” E’ un pensiero legittimo questo, a cui la riflessione credente della Chiesa ha risposto, quando ha cominciato a pensare a Maria inserendola in quella che chiamiamo la “storia della salvezza”. Così, questi “privilegi” di Maria non riguardano solo lei, ma anche noi, perché sia lei sia noi siamo inseriti nella stessa storia di salvezza.
Questo modo di ragionare era già tutto dentro la Sacra Scrittura. Basti pensare alla prima lettura della Messa di oggi dove ci viene narrata la vicenda tragica del peccato che noi chiamiamo originale e il drammatico colloquio tra Dio e il primo uomo. L’uomo e la donna, creati liberi, non sono stati all’altezza di questa responsabilità. Nel dialogo tra Dio ed Adamo vediamo declinarsi la scala discendente di una libertà usata non per il bene ma per se stessi: paura (ho avuto paura e mi sono nascosto); accusa all’altro/a (la donna che mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero …); scarico della responsabilità (è stata lei; e lei dice: è stato il serpente …). E’ sintomatico: l’abuso della libertà ci porta sempre a cercare dei colpevoli. Si è partiti con il volere affermare se stessi e si finisce per scagionarsi degli effetti negativi delle proprie scelte incolpando gli altri.
In questa tragedia, che ha comportato per l’uomo e la donna la perdita dello stato paradisiaco, Dio annuncia già la redenzione: una donna schiaccerà la testa del serpente, non senza rischio, perché questi le insidierà il calcagno.
In questa donna la lettura credente della Sacra Scrittura ha visto la Vergine Maria, che l’angelo Gabriele, nel vangelo chiama “piena di grazia”: là dove c’è la pienezza di grazia c’è l’assenza totale del peccato.
In questo sorprendente annuncio, dato da Dio proprio nel momento della sconfitta dell’uomo, noi vediamo una costante del modo di operare del Padre nostro che sta nei cieli: Egli non ci fa morire nei sensi di colpa, mai! Egli apre sempre il futuro, sempre!
Maria sta tutta qui. Era necessario un nuovo inizio, dopo la contaminazione del male. Un nuovo inizio da cui prendesse origine una nuova umanità. Questa donna senza peccato sarà l’arca, il tempio dove il Figlio di Dio, colui che è senza peccato, avrebbe iniziato a vivere, a crescere, come ogni altro bambino: Lui, il Figlio dell’Altissimo. Maria inverte la logica di Adamo e di Eva e ci dice che la grazia di Dio è stata sufficientemente potente da suscitare una risposta; testimonia che grazia e libertà, grazia ed essere se stessi, rinuncia e compimento si contraddicono solamente in apparenza, mentre in verità una condiziona e procura l’altra. Maria ci dice che solo “espropriandoci” noi ritroviamo noi stessi
Così in Maria Immacolata viene – per così dire – riannodato il rapporto tra l’uomo e Dio strappato dall’uso della liberta contro di lui.
2. Noi sappiamo che la verità di Maria Immacolata sta dentro quella grande parola detta da S. Paolo nella lettera agli Efesini descrive la Chiesa, la sposa, con le espressioni "santa", " immacolata", "tutta gloriosa", "senza macchia né ruga o alcunché di simile" (Ef 5, 27). Maria, infatti, è figura della Chiesa. Ma Maria è stata, per così dire, “capita” a partire dalla riflessione sulla Chiesa, non viceversa. Per cui è in questo scambio fecondo tra Maria e la Chiesa che la Vergine ancora ci parla. E ci pone alcune domande:
Che uso fai della tua libertà? Per entrare più profondamente nella relazione con Dio o per andartene sempre più inesorabilmente lontano da lui?
Sei capace di “approfittare” delle tue sconfitte, dei tuoi peccati per rientrare in te stesso e capire che in Dio hai un amico, che ancora crede in te?
Quando hai sbagliato sei capace di ammetterlo o sei solito scaricare la responsabilità sugli altri, a cominciare da coloro che ti stanno più vicino?
Credi con tutto il tuo cuore che la grazia è più forte del peccato e che solo con la grazia di Dio si costruisce il futuro? Che ne è della tua preghiera, dei ricorso fiducioso alla confessione e ai sacramenti?
Come è il tuo rapporto con la Chiesa? La ami per quello che è? Servi i tuoi fratelli in essa, oppure pensi di “aver già dato a sufficienza”? E se la Chiesa facesse così con te?
Come membro dell’Azione Cattolica come stai camminando nel personale percorso di abbandono alla grazia e di servizio alla comunità?
Quale sinergia esiste tra il tuo servizio diocesano e il tuo servizio parrocchiale?
La grande storia della salvezza si incarna nella feriale storia della nostra vita e delle nostre comunità.
Celebrando, ora, il Sacrificio Redentore, contempliamo, nel rendimento di grazie, il legame intrinseco tra questa Immacolata Concezione, che avrebbe donato carne e sangue al Redentore affinché questa carne e questo sangue guarissero la nostra carne contagiata dal peccato e dalla morte.