“I RAGIONAMENTI DEI MORTALI SONO TIMIDI”

  • 20/10/2019
  • Don Gabriele

“I RAGIONAMENTI DEI MORTALI SONO TIMIDI”

Cari fedeli, nel libro della Sapienza si legge che “I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri. A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo? Chi ha conosciuto il tuo pensiero, se tu non gli hai concesso la sapienza e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto?” (Sap 9,14-17). La Scrittura ci conduce ad una lettura realistica e quindi umile della nostra condizione di mortali: ragionamenti timidi, riflessioni incerte, approssimazione …Noi siamo così: limitati. E’ importante dircelo qualche volta. A fronte di così tanta arroganza – in ogni settore del vivere sociale e qualche volta anche ecclesiale – è conveniente che pensiamo invece alla nostra limitatezza. Ciò indurrà nel nostro modo di pensare e di relazionarci con gli altri una dinamica virtuosa: ascolto, dialogo, dibattito non urlato, attenzione al punto di vista dell’altro. Quanto ne ha bisogno il nostro vissuto familiare, sociale, politico ed ecclesiale! Tuttavia la Parola di Dio sopra riportata ci dice anche che il Signore viene incontro a questa nostra situazione di “limitatezza”; il testo asserisce, infatti, che è addirittura possibile conoscere “il pensiero di Dio”, attraverso il dono dello Spirito che viene dall’alto. Ciò sta a dire che la nostra costitutiva “ignoranza” e “limitatezza” viene, in certo modo, colmata dall’Alto, attraverso un dono. San Paolo dirà arditamente: “Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere? Ora noi abbiamo il pensiero di Cristo” (1 Cor 2,16). Allora è Cristo il nostro Maestro, colui che ci conduce a conoscere la verità su noi stessi, sul mondo, su Dio. E Cristo, il pensiero di Dio, noi lo conosciamo attraverso la lettura orante della Parola, la preghiera “cuore a cuore”, l’insegnamento della Chiesa, in un parola: attraverso quella che chiamiamo la “formazione permanente”. Ne abbiamo bisogno proprio tutti. E chi pensa di non averne bisogno più degli altri. L’ascolto attento della Parola nella Messa, l’attenzione alla predicazione, la partecipazione alla Lectio Divina, alla Scuola della Preghiera, ai Centri di Ascolto, alla catechesi, la pratica constante della preghiera, la confessione regolare, la Messa della domenica e quando è possibile anche nei giorni feriali, le buone opere …. Ecco tutto ciò è formazione permanente. Non pensi qualcuno, perché ha già partecipato ad incontri formativi “di alto livello”, di essere ormai a posto. Il dono ricevuto va continuamente rinnovato. Non deve essere poi dimenticata la dimensione comunitaria della formazione: con i fratelli e le sorelle della mia comunità io cammino. Può darsi che qualcuno desideri delle proposte di maggiore qualità. Non dimentichi però costui la rilevanza della formazione “fatta insieme”, portando il contributo della propria presenza a questi momenti delle propria comunità. Mi aspetto poi un impegno particolare da parte dei “giovani maturi”, quelli cioè dai venticinque anni in su: sono i più esposti al disimpegno formativo (a causa del lavoro o con la scusa del lavoro?), accumulando così lacune su lacune, che si trasformano poi in dubbi i quali, se non affrontati, conducono gradualmente alla perdita della fede. La vita in questo modo “si ateizza” e lo sguardo diventa opaco. Allora ci si attacca disperatamente alle cose che passano, diventando preda dell’insensata astuzia del diavolo.

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