Omelia del parroco nella S. Messa al Carmelo di Lodi nella notte tra il 31.12.2019 e il 1°.01.2020
Carmelo di Lodi - 1° gennaio 2020 - veglia
“Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
1. Nel primo giorno dell’anno risuona l’antica preghiera sacerdotale affidata da Dio a Mosè affinché la trasmettesse ad Aronne e ai suoi figli.
“Ti benedica il Signore e ti custodisca”. E’ la prima parte della preghiera; essa ci fa capire che la “benedizione” non è un rito magico o scaramantico; benedizione significa “essere custoditi da Dio”, entrare cioè nello spazio della sua custodia, della sua ombra, nello spazio del suo cuore. E’ la benedizione di un padre per i suoi figli. Quanto sarebbe bello che nelle nostre famiglie il padre riprendesse questa funzione di essere colui che benedice: benedice Dio, come fece Zaccaria per il dono di Giovanni, e benedice i figli, dando loro sicurezza perché sono custoditi nello spazio del suo cuore. Invito i papà che sono presenti questa sera a riappropriarsi di questa funzione di benedire i loro figli, tracciando, senza rispetto umano, una croce sulla loro fronte, tutti i giorni.
La seconda parte della preghiera dice che il Signore farà splendere il suo volto per te, per me. E la terza parte dice che il Signore rivolgerà il suo volto a te, a me. Che cosa significa rivolgere il volto se non cercare la relazione? Sì, Dio cerca una relazione con noi; non è il Dio lontano, perso nel suo mondo; no, egli rivolge il volto, mi interpella, mi vuole suo interlocutore, suo confidente. All’inizio del nuovo anno riapriamo una linea di credito nei confronti di Dio, riannodiamo la relazione interrotta, riprendiamo – o cominciamo – il dialogo tra Padre e figlio sul modello di Gesù. La preghiera sacerdotale dice anche che il Signore “farà splendere per te il suo volto”. Quando un volto splende? Quando è nella gioia. Ecco il volto di Dio splende per me e per te; tu ed io siamo la sua gioia. E’ tanto bello vedere il volto di un papà che brilla per suo figlio; succede quando si è orgogliosi del proprio figlio, quando vedi che cresce, che diventa uomo, che fa scelte di vita serie, allora il volto di tuo padre “brilla”; anche il volto del Padre nostro che sta nei cieli “brilla-splende” per ciascuno di noi.
Se questo è vero per tutti, lo è eccezionalmente per Maria, la Theotokos, la Madre di Dio, interamente coperta dalla benedizione divina, che in lei è stata così profonda da essere feconda. Nel suo grembo è stata concepita la Vita. Proprio per questo quando diciamo “vita” noi cristiani non usiamo un’astrazione, una nozione. Vita per noi non è un’idea, Vita è una Persona: è Cristo. Che cosa è la Vita? La Vita è la carne e il sangue di Cristo. E se la Vita è una persona, io la posso incontrare ed entrando in contatto con questa persona che è la Vita io ricevo la Vita. Questa è la fede dei cristiani. Ma senza quel grembo, senza la persona di Maria, senza il suo assenso, la Vita non sarebbe stata visibile, toccabile, come dice Giovanni, contemplabile, addirittura assaporabile nel sacramento dell’Eucaristia. Madre di Dio, Madre della Vita, Madre della mia vita, che è Cristo.
2. Tornando alla preghiera sacerdotale di benedizione, abbiamo sentito che la pace proviene dal fatto che il Signore ci guarda: “Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Ma è necessario che volgiamo noi pure il nostro volto verso il Signore. Egli ci guarda col suo volto che comunica la pace ma è necessario che noi pure lo guardiamo. Stare dinanzi a lui e guardarlo a nostra volta genera pace. E qui siamo ad un punto di svolta: chi sta dinanzi al volto di Dio e si lascia guardare da lui e lo guarda non può più covare pensieri di violenza, di odio, di guerra, di sopraffazione. Ecco perché come è già stato detto autorevolmente uccidere in nome di Dio è un’aberrazione e una menzogna. Vuol dire che non si è mai stati dinanzi al suo volto e non ci si è mai lasciati guardare da lui.
La ricaduta sociale di tutto ciò è evidente.
Non per nulla proprio oggi celebriamo con tutta la Chiesa e tutti gli uomini di buona volontà la 53° Giornata Mondiale della Pace. Il Papa, nel suo messaggio, ci ha ricordato che la nostra comunità umana porta, nella memoria e nella carne, i segni delle guerre e dei conflitti che si sono succeduti, con crescente capacità distruttiva, e che non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli. E ci ha detto che la guerra … comincia spesso con l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo e dalla superbia, dall’odio che induce a distruggere, a rinchiudere l’altro in un’immagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo. La guerra si nutre di perversione delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo.
Il santo Padre offre quindi un itinerario per costruire la pace basato sulla memoria, che serve a non commettere più gli errori del passato; sulla solidarietà e la fraternità che mirano a superare le disuguaglianze che generano ingiustizia e quindi conflitti; sulla riconciliazione, ricordando la positiva ricaduta sociale del perdono; sulla cura del creato il cui sfruttamento sconsiderato danneggia soprattutto i più poveri (perché chi sta bene se la cava sempre), sulla speranza che guarisce la paura, spesso causa di conflitto.
3. La pace resta in ogni caso – nella sua scaturigine – un dono di Dio. Essa, infatti, è una caratteristica dell'agire divino, che si manifesta sia nella creazione di un universo ordinato e armonioso come anche nella redenzione dell'umanità bisognosa di essere recuperata dal disordine del peccato. Creazione e redenzione offrono dunque la chiave di lettura che introduce alla comprensione del senso della nostra esistenza sulla terra. Sbaglierebbe, tuttavia, chi pensasse che la pace è dono di Dio nel senso che Egli arbitrariamente la dona o la nega; Dio non agisce così. Dire che la pace è dono di Dio significa che senza il suo intervento non c’è la pace: non è cosa che possiamo produrre da soli. Resta però anche vero che la pace è un compito che impegna ciascuno ad una risposta personale coerente col piano divino. Il criterio cui deve ispirarsi tale risposta, diceva il papa Benedetto (omelia giornata della Pace 1° gennaio 2007) non può che essere il rispetto della “grammatica” scritta nel cuore dell'uomo dal divino suo Creatore. Ed è qui – diremmo con linguaggio poco adatto ad un’omelia, ma molto plastico – che “casca l’asino”, cioè noi. Il problema è il cuore. Se il cuore non si lascia raggiungere dalla grazia che lo conduce pian piano alla conversione non ci sarà mai la pace. Essa, infatti, nasce dal basso, dalle comunità umane più piccole (una famiglia, un monastero, una parrocchia …) e a cerchi concentrici si allarga. E’ un’illusione che la pace nasca dagli accordi diplomatici, essi certamente possono servire, ma sono il coronamento di una volontà di pace che nasce dal basso. Ecco perché papa Giovanni Paolo II, di santa memoria, diceva che non c’è pace senza perdono; detto in latri termini, non c’è pace senza educazione alla pace.
La Vergine Maria, che oggi veneriamo con il titolo di Madre di Dio, ci convinca della necessità di stare dinanzi al volto di Dio, che dal momento dal giorno di Natale è il volto di Gesù, Principe della Pace. Ci sostenga e ci accompagni in questo nuovo anno; benedica il nostro desiderio di bene, ottenga per noi e per il mondo intero il dono della pace. Ci introduca ora Lei nel sacrificio dell’Eucaristia, che anticamente era chiamato anche semplicemente “pace”, perché unendosi la nostra anima all’anima di Gesù, al momento della Comunione, ne scaturisca la pace che il mondo non può dare e si diffonda in esso anche tramite la nostra piccola vita. Amen!