Una seria vita sacramentale

  • 21/09/2019
  • Don Gabriele

Una seria vita sacramentale

Cari fedeli, la partecipazione alla vita sacramentale della Chiesa, insieme alla Professione della Fede e al comunione con i Pastori posti dal Signore a capo della sua Comunità, è uno dei “vincoli” con cui si riconoscere l’appartenenza di un fedele alla compagine storica e visibile della Santa Chiesa. Questa definizione, che risale a San Roberto Bellarmino, rimane attuale. In questa breve riflessione, vorrei insistere un po’ sulla partecipazione alla vita sacramentale. Mi riferisco, in particolare, alla partecipazione all’Eucaristia. Essa è innanzi tutto un dono di grazia, perché ci offre la possibilità di partecipare alla vita stessa di Dio: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui”. Così ci dice Gesù nel vangelo di Giovanni. Diventiamo cioè “concorporei e consanguinei” di Cristo. E siccome Cristo è il vivente, unendoci a lui nell’Eucaristia, noi riceviamo la vita eterna. L’Eucaristia è la garanzia, per usare questa espressione, della nostra risurrezione, perché colui che riceviamo in noi è più forte della morte. Ma c’è un ma! L’Eucaristia che riceviamo e che conserva in sé questa potenza di vita può diventare inefficace. Quando? Quando vi partecipiamo senza avere in noi i sentimenti di Cristo. E quali sono questi sentimenti? Provo solo ad accennarne qualcuno: fiducia totale ed abbandono al Padre, desiderio dell’intimità della preghiera, desiderio di compiere la volontà del Padre, zelo per il Padre e per il suo regno, amore per la Chiesa, umiltà/mitezza/purezza/piccolezza/nascondimento, servizio generoso ai fratelli, ospitalità del cuore e della vita … E’ chiaro che non sempre abbiamo in noi questi sentimenti, per cui è necessario incontrare il Signore nel sacramento del perdono, prima di sederci a tavola con lui. L’icona di quanto sto dicendo la troviamo nell’Ultima Cena, quando Gesù lava i piedi a Pietro. Ad un certo momento, Gesù, spiegando ciò che ha fatto esclama: “Voi siete già mondi”. Questo riguarda anche noi: quando siamo stati “mondati”? Nel battesimo. Tuttavia, vivendo, ci “sporchiamo”. Sant’Agostino ha un’immagine molti bella al proposito quando nel Trattato sul Vangelo di Giovanni scrive: Ma perché questa frase? A che cosa vi fa pensare miei fratelli? A che cosa se non a questo, che l’uomo nel santo battesimo è lavato tutto intero compresi i piedi, tutto completamente; ma siccome poi deve vivere nella condizione umana, non può fare a meno di calcare con i piedi la terra [ricordiamo che si usavano i sandali, per cui i piedi, camminando, inevitabilmente si sporcavano, ndr]? Gli stessi affetti umani, di cui non si può fare a meno in questa vita mortale, sono come i piedi che ci fanno aderire alle cose umane, tanto che se ci dicessimo immuni dal peccato, inganneremmo noi stessi e la verità non sarebbe in noi […] e ogni giorno noi abbiamo bisogno di lavarci i piedi, abbiamo bisogno cioè di raddrizzare i nostri passi sulla via dello spirito, come confessiamo quando nell’orazione del Signore diciamo:”Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Sebbene la Chiesa sia monda anche in coloro che, pur vivendo quaggiù, sono giusti, questi hanno tuttavia bisogno di lavarsi i piedi, poiché certamente non sono senza peccato. A me sembra molto bello e significativo questo nesso tra il sacramento dell’Eucaristia e quello della confessione dei peccati. La confessione è quel lavaggio dei piedi che è necessario prima di metterci a tavola con il Signore. In esso si depongono i sentimenti del mondo e si assumono i sentimenti di Gesù. Questa icona ci può aiutare nel superare la difficoltà, anche psicologica, di accostarci al sacramento della confessione. In esso, Gesù si china dinanzi ai nostri piedi sporchi per farci quel lavaggio necessario prima di sederci a mensa con lui nell’Eucaristia. Lo dico ai fedeli più formati e sensibili, e lo dico a tutti. Mi addolora molto vedere come si viene all’Eucaristia senza aver capito la necessità di questo “lavaggio”. Lo vedo a volte ai funerali e ai matrimoni: gente che non vive più la fede da anni, che è in condizione oggettiva di peccato grave (= essere lontanissimi dai sentimenti di Gesù), e che si accosta alla Santa Comunione come se fosse un momento di socializzazione (spesso lo fanno i parenti del defunto o gli amici, o i testimoni e i parenti degli sposi). Lo vedo quando non si viene a Messa per mesi interi (come succede ai ragazzi e alle loro famiglie d’estate e generalmente quando non c’è la scuola) e poi si riceve il Corpo del Signore, come se nulla fosse. All’inizio del nuovo anno pastorale sia nostra premura ritornare anche ad una vita sacramentale più seria e più vera. Ciò fa parte di quella “formazione integrale” a cui facevo riferimento del precedente Notiziario.

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