CON GLI OCCHI DEL CUORE
CON GLI OCCHI DEL CUORE
Cari fedeli, l’anno pastorale è terminato e in questi giorni mi sono fermato nel tentativo di guardare “con gli occhi del cuore” il cammino percorso da settembre 2018 ad oggi. La prima cosa che ho visto sono stati i vostri volti: i volti della mia gente: quella che incontro in chiesa, nel confessionale, nel mio studio, nelle case, nei passaggi in oratorio, in strada; il volto dei piccoli che ho battezzato e dei loro genitori; i volti dei bambini a cui per la prima volta ho impartito l’assoluzione sacramentale e coloro ai quali per la prima volta ho donato il Signore nell’Eucaristia; il volto dei ragazzi che sono stati cresimati, quello dei preadolescenti e degli adolescenti che hanno fatto la professione di fede; il volto dei giovani del gruppo di catechesi; il volto dei fratelli composti sul letto di morte e quello addolorato dei loro cari; il volto degli ammalati e degli anziani; il volto di quanti li accudiscono; il volto dei fidanzati che si preparano al matrimonio e il volto degli sposi … Quanti volti! E poi ho visto le fatiche. Le fatiche che attraversano tutti gli stati di vita: dal neonato che ha le coliche e non riesce a spiegarsi, ai bambini e ai ragazzi che cominciano a capire che la vita non è un’allegra scampagnata perché richiede impegno; agli adolescenti che vivono le loro crisi; ai giovani che devono impostare il loro futuro compiendo scelte a volte non facili; ai giovani genitori presi da mille cose, che stentano a farsi una gerarchia di valori, salvando sempre quelli che stanno alla sommità della scala; agli adulti che avvertono la responsabilità della testimonianza o comunque dell’impegno all’esemplarità; agli anziani che soffrono il declino delle forze e la solitudine; agli ammalati che si chiedono il perché di questa prova; a quanti sono stati raggiunti da un grave lutto che faticano ad elaborare. Quanta fatica! Ma ho visto anche le gioie: quella dei genitori che tengono in braccio il frutto del loro amore; quella dei bambini che corrono a perdifiato in oratorio, quella degli adolescenti e dei giovani gratificati da qualche successo, quella dei genitori che sono stati corroborati da qualche buona riuscita dei figli, quella degli sposi che – celebrando il matrimonio –si sono consegnati senza riserve l’uno all’altro facendo nascere così qualcosa di unico al mondo. Volti, fatiche, gioie. Che cosa ho fatto io per loro? Ho cercato, con i sacerdoti miei collaboratori, di intersecare le loro vite col Vangelo e coi Sacramenti. Col Vangelo: perché tutto ciò che è autenticamente umano il Vangelo lo rileva e lo sostanzia. Coi Sacramenti, specie l’Eucaristia: perché essi trasformano l’umano mettendolo a contatto con Cristo, che è il Vivente, riscattandolo così da quel retro-pensiero, sempre in agguato, che consiste nel pensare che tutto “sia inutile”. I Sacramenti “tirano” la nostra povera vita dentro la sfera del divino e le danno lo spessore dell’eternità. Così con gli occhi del cuore ho visto tutti questi volti “divinizzati”, tutte queste fatiche “trasfigurate”, tutta questa gioia “preludio” di quella senza tramonto. Con gli occhi del cuore ho visto ciò che gli occhi di carne non sempre vedono e mi sono accorto che anche l’anno pastorale trascorso è stato una meraviglia.