BENEDETTE PARROCCHIE, MA C’E’ BISOGNO DEL “SENSO DI APPARTENENZA
BENEDETTE PARROCCHIE, MA C’E’ BISOGNO DEL “SENSO DI APPARTENENZA”
Cari fedeli, guardandomi intorno, dentro e fuori la Chiesa, mi rendo conto che stiamo vivendo una stagione davvero molto difficile. Il che non significa che si tratti di una stagione negativa. Noi partiamo sempre dalla convinzione, radicata umilmente nella fede, che le sorti della Chiesa e del mondo sono nelle mani di Dio, il quale è capace di piegare il male che facciamo noi affinché serva al bene che ha in mente Lui. Nondimeno la situazione si presenta complessa e contraddittoria: non tanto per gli scandali che emergono qua e là, questione sulla quale il Signore Gesù ci aveva già preparati, quando disse: “E’ inevitabile che avvengano scandali” (Luca 17,1), ma per la confusione che da questa situazione deriva. La Chiesa si sta davvero impegnando in quella riforma che le è connaturata in quanto fa parte del suo stesso divenire (Ecclesia semper reformanda). Si ha l’impressione, però, che stia diventando il “capro espiatorio”, cosicché tutti possono infierire, senza sentirsi spinti ad intraprendere essi pure un serio cammino di riforma sia personale che istituzionale. Il “capro espiatorio” nell’Antico Testamento era l’animale su cui si scaricavano tutte le colpe, sentendosi poi affrancati dalle stesse in quanto erano state “scaricate” appunto sul “capro”. Alla Chiesa fa senz’altro bene questa purificazione, ma sarebbe auspicabile che il suo esempio fosse raccolto anche da altri. In tutto questo marasma, capisco che il punto di forza, per dirla così, della Chiesa sono ancora le parrocchie. Se guardo alla nostra parrocchia mi rendo conto che – nonostante anche da noi la secolarizzazione stia portando avanti la sua opera di erosione - esprime ancora vitalità: la partecipazione è buona; ci sono molti laici che fanno sul serio (con qualche spunto di “snobismo” da parte di qualcuno …); la passione educativa espressa dai catechisti e dagli animatori ACR è rimasta viva; il segno forte del servizio della carità vede persone appassionatamente impegnate (restando sempre vigilanti per non cedere all’attivismo a scapito della preghiera e della formazione); la liturgia è curata e la partecipazione è buona, così come i momenti di preghiera personale; gli organismi di partecipazione sono attivi e lavorano serenamente; l’oratorio resta un punto di riferimento per non pochi nonostante la crisi educativa ecc.. Detto in altre parole, il “santo popolo di Dio” – come si esprime il Papa – va avanti nel suo pellegrinaggio, senza lasciarsi troppo impressionare da quanti strillano sui giornali e nei talk show televisivi. Benedette parrocchie, dunque! Non ci si deve però cullare nell’illusione che tutto possa procedere senza rinnovare le motivazioni. Tra queste, io credo che recuperare fortemente il “senso di appartenenza” sia fondamentale: fare corpo, costituire sempre più “comunità”, esprimere un chiaro indirizzo di fede personale e familiare appoggiandosi alla comunità parrocchiale come casa, grembo, risorsa, stimolo, luogo per vivere amicizie forti, difesa (anche), progetto …. Io guardo alla nostra parrocchia e mi dico fortunato, ma mi rendo conto che il senso di appartenenza va rinforzato. Esso, se è autentico, non significa chiusura, arroccamento, quanto piuttosto il contrario: l’andare verso gli altri – la Chiesa in uscita, come si dice oggi – comporta avere un messaggio da portare, fatto a volte più di stile che di parole, ma esso matura in una comunità. Non si è paladini di battaglie personali, come dice il Papa, ma fratelli e sorelle che vivono una significativa esperienza di fede per la propria vita e perciò la vogliono proporre anche agli altri. L’avvicinarsi della Pasqua, che è il momento centrale della vita della Chiesa e della presenza locale della Chiesa, cioè la parrocchia, rinforzi il nostro senso di appartenenza per un’azione di annuncio più coraggiosa.