Omelia del parroco nella solenne azione liturgica della passione e morte del Signore 19 aprile 2019
1. Questa è la vostra ora: è l’ora dell’impero delle tenebre, dice Gesù a capi dei sacerdoti nella passione di Luca.
Le tenebre del Venerdì santo non sono solo simboliche e commemorative. Dobbiamo stare attenti a non “commemorare” ciò che duemila anni fa uomini malvagi hanno fatto a Cristo perché il Venerdì santo non riguarda solo il passato. Esso, infatti, è il giorno del peccato, del male; il giorno in cui la Chiesa ci sprona a cogliere la terribile realtà del peccato e della sua potenza “in questo mondo”. Perché il peccato e il male non sono scomparsi, ma, al contrario, restano la legge fondamentale del mondo e della nostra vita. Noi che ci diciamo cristiani non facciamo forse spesso nostra questa logica del male che ha portato il Sinedrio e Pilato, i soldati romani e tutta la folla ad odiare, torturare e a uccidere Cristo? Da quale parte, con chi ci saremmo schierati se fossimo vissuti a Gerusalemme ai tempi di Pilato? E’ la domanda che ci è posta da ogni parola di questa Liturgia. Il Venerdì santo è davvero il giorno del giudizio reale non rituale della nostra vita. Ed è anche la rivelazione della vera natura del mondo che ha preferito allora e continua a preferire le tenebre alla luce, il peccato al bene, la morte alla vita.
Condannando Cristo a morte, “questo mondo” ha condannato se stesso alla morte e, nella misura in cui noi accettiamo il suo spirito, il suo peccato e il suo tradimento di Dio, anche noi siamo condannati.
Tale è il primo significato terribile e realista del Venerdì santo: una condanna a morte.
2. Ma questo giorno di male, la cui manifestazione e il suo trionfo giungono al loro parossismo, è anche il giorno della redenzione. La morte di Cristo si è rivelata come una morte salvifica per noi e per la nostra salvezza.
E’ salvifica perché è il supremo e perfetto sacrificio. Cristo dona la sua morte a suo Padre e la dona anche a noi. Dio poteva liberarci dal peccato e dalla morte con un atto di potenza, ma ha scelto un’altra strada: quella di sperimentare la morte in se stesso. Noi sappiamo che la morte è il frutto naturale della scelta dell’uomo di non essere più in comunione con Dio – lo abbiamo meditato ieri sera. Ma non avendo la vita in se stesso l’uomo, che non è più in comunione con Dio, si corrompe e muore. Cristo, tuttavia, sempre come abbiamo visto ieri sera, non ha interrotto mai questa comunione col Padre, in lui non c’è peccato, dunque non c’è morte. E’ solo per amore nostro che accetta di morire: egli vuole assumere e condividere la nostra condizione umana fino alla fine. Accetta il castigo della nostra natura, allo stesso modo in cui ha assunto il peso della natura umana. Egli muore perché si è veramente identificato con noi, ha preso su di sé la tragedia della vita dell'uomo. La sua morte è la rivelazione piena della sua compassione e del suo amore. E poiché la sua morte è amore, compassione e co-sofferenza, in essa la natura stessa della morte è stata cambiata. Da castigo diventa uno splendido atto di amore. Possiamo averne un barlume pensando a quelle mamme che per non fare morire il bambino che portavano in grembo, hanno rifiutato le cure che lo avrebbero potuto far morire, accettando di morire loro per far vivere lui. Questo stupendo atto di amore ci può descrivere un po’ che cosa sia la morte di Cristo. In essa la condanna è trasformata in perdono.
3. Infine la morte di Cristo è una morte salvifica perché distrugge la fonte stessa della morte: il male. Accettandola per amore, consegnandosi ai suoi carnefici, permettendo loro una vittoria apparente, Cristo manifesta che in realtà questa vittoria è la sconfitta decisiva e totale del male. In effetti, per essere vittorioso, il male deve annientare il bene, deve dimostrare – il male – di essere tutta la verità della vita, deve screditare il bene e, in una parola, mostrare la sua superiorità; ma, per tutta la Passione, è Cristo e lui solo che trionfa. Il male non può niente contro di lui, perché non lo può portare ad accettare il male come verità. L’ipocrisia si rivela ipocrisia, l’assassinio assassinio e la paura paura. E, mentre Cristo avanza silenziosamente verso la croce e la fine, quando la tragedia umana è al suo culmine, appaiono progressivamente in piena luca il suo trionfo, la sua vittoria sul male e la sua glorificazione. Ad ogni passo, questa vittoria è riconosciuta, confessata, proclamata: dalla moglie di Pilato, da Giuseppe d’Arimatea, dal buon ladrone, dal centurione romano. Quando egli muore sulla croce, dopo aver accettato il supremo orrore della morte, la solitudine assoluta, non resta che confessare: Veramente quest’uomo era figlio di Dio. Così questa morte, questo amore, questa obbedienza, questa pienezza di vita distruggono ciò che fa della morte il destino universale. Dopo la morte di Cristo, infatti, l’evangelista Matteo annota: E si aprirono i sepolcri (Mt 27,52). Già appaiono i primi barlumi della risurrezione Cf Alexander Schmemann – Olivier Clément Il mistero pasquale, Lipa, pp. 29-32).
4. Infine, la morte di Cristo in croce rivela definitivamente il male come menzogna e come realtà destinata ad essere sconfitta. In ogni istante della passione il male cerca di attestare se stesso come la vera forza che vince nel mondo. Il male, accanendosi su Cristo, vuole accreditarsi come la verità del mondo. Essere furbi, farla franca, orchestrare sistemi di falsità, pur di guadagnare, dire il contrario del vero pur di accapararsi qualche voto in più in campagna elettorale, creare paradisi artificiali redditizi, incrementare il mercato della pornografia che sempre genera violenza, irridere chi vive la solidarietà e divide il suo pane con l’affamato, fare i bulli, sfilarsi dagli impegni e dalle responsabilità spesso con fare omertoso … sono tutti modi per dire che è il male che vince. Cristo, invece, ad ogni passo della sua passione, fino alla morte, smaschera il male e lo fa apparire per quello che è: menzogna ed inganno. E la risurrezione di Cristo è la definitiva sconfitta del male, ma anche di quelli che lo hanno scelto come motore della loro vita. Davvero nella croce risplende il potere regale di Cristo crocifisso e la croce è il grande esorcismo del mondo: lasciamo esorcizzare da Cristo crocifisso affinché emerga tutto il male per poterne essere liberati. Amen