DENATALITA' - GENERARE VITA

  • 27/01/2019
  • Don Gabriele

Cari fedeli, nell’omelia del 1° gennaio, insieme ad altre emergenze, e poi nell’omelia della festa della Santa Famiglia, avevo accennato alla preoccupante questione della “denatalità”, che riguarda tutta la nostra Italia e buona parte dell’Europa e che nel nostro paese di Castiglione si fa sentire in modo deciso. Per citare solo il 2018, abbiamo avuto 27 nascite e 60 decessi. Il tema è molto complesso perché compendia in sé molteplici prospettive. Basti pensare alle cosiddette “politiche familiari” che stentano a prendere piede perché non si considera il “soggetto famiglia”, ma sempre e solo l’individuo. Dimenticare la famiglia – anche quella plurigenerazionale (dove ci sono anche i nonni, per intenderci) – produce interventi di breve respiro, perché i nuclei familiari rappresentano nella loro capillarità il tessuto connettivo dell’intera Nazione. C’è poi la questione occupazionale, che in parte, però, rientra essa pure nella questione delle “politiche familiari”. Ci sono però, prima ancora delle politiche familiari carenti, correnti di pensiero che hanno un influsso negativo sulla prospettiva dell’apertura alla vita: tra queste certamente l’individualismo, che esaspera i diritti personali, ma anche il pessimismo, figlio dell’individualismo, che vede solo problemi e difficoltà per il futuro. Senza dimenticare il consumismo, figlio anch’esso dell’individualismo, che genera continuamente bisogni, per soddisfare i quali la disponibilità a generare nuove vite si restringe sempre di più. Ci si dovrebbe domandare perché chi non ha ancora assorbito questa mentalità mette al mondo molti figli (pensiamo alle famiglie degli immigrati), mentre gli occidentali preferiscono l’ultima marca di smartphone, solo per fare un esempio, o comunque forme molto accentuate di benessere, asserendo poi che i “figli costano”. Come è successo dopo l’omelia alla Messa della santa Famiglia, uscendo dalla quale, dopo il mio accenno alla questione della denatalità, qualcuno, con la solita grossolanità, ha esclamato in dialetto: “I figli li faccia lui, perché costano!”. Va beh! Pazienza. Queste correnti di pensiero determinano dunque dei modelli in cui la disponibilità a generare vita nuova scarseggia. “Vita nuova” non significa solo generare figli, ma anche assumere in tutto ciò che si pensa e si fa uno “stile generativo”. “Vita nuova” significa anche – per esempio – aprirsi all’adozione, pensare alla famiglia come ad una “comunità aperta”; perché – anche qui solo per esempio – la disponibilità ad accogliere i bambini di Chernobyl è diminuita? “Vita nuova” significa anche sostenere, incoraggiare, stare accanto, “esserci”. A volte si cercano e si trovano esperienze lontane, dimenticando i bisogni vicini … Come è possibile far (ri)nascere questo “stile generativo” allo scopo di arginare questa mentalità? Quale contributo può offrire la comunità cristiana e, nella fattispecie, la nostra parrocchia, affinché si cerchi di cambiare modello di riferimento? Quali suggerimenti e quale collaborazione possiamo offrire a chi amministra la cosa pubblica localmente, affinché, come hanno fatto altre realtà sociologicamente simili alla nostra, si rendano disponibili servizi tali che, mettendo al centro la famiglia e le concrete famiglie, aiutino a cambiare rotta? Su queste domande – così come sulle altre emergenze sociali segnalate nella già citata omelia del 1° gennaio – intendo impegnare il nuovo Consiglio Pastorale Parrocchiale e tutta la comunità, perché ritengo fermamente che esse pure facciano parte dell’opera evangelizzatrice della Chiesa, che nel culto di Dio, cioè nella divina Liturgia, e nell’amore del prossimo ha il suo vertice.

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